Lo sgravio contributivo alternativo all’integrazione salariale dopo l’autorizzazione di Bruxelles [E.Massi]

La Commissione Europea ha dato il “via libera” allo sgravio contributivo previsto dall’art. 3 del D.L. n. 104/202, alternativo al ricorso agli ammortizzatori sociali COVID-19

Lo sgravio contributivo alternativo all’integrazione salariale dopo l’autorizzazione di Bruxelles [E.Massi]

Con il messaggio n. 4254 del 13 novembre 2020, l’INPS ha dato notizia che 3 giorni prima, esattamente il 10 novembre, la Commissione Europea ha dato il “via libera” allo sgravio contributivo previsto dall’art. 3 del D.L. n. 104/2020, alternativo al ricorso agli ammortizzatori sociali COVID-19 e, di conseguenza, ha dettato i chiarimento operativi per poter procedere alla richiesta da parte di datori di lavoro interessati. Sul tema, l’Istituto aveva già provveduto a far conoscere i propri orientamenti amministrativi con la circolare n. 105/2020.

Prima di esaminare il contenuto del messaggio credo che sia opportuno ricapitolare, brevemente quanto afferma l’art. 3 del D.L. n. 104 che è stato, peraltro, parzialmente replicato (con correzioni) dall’art. 12, comma 14, del D.L. n. 137/2020.

Ma, andiamo con ordine.

Con tale norma, viene introdotto, in via non più eccezionale (in quanto ripetuto, parzialmente, nel D.L. n. 137 e già presente nel disegno di legge di Bilancio per il 2021), un beneficio contributivo, soggetto all’autorizzazione della Commissione Europea, ex art. 108, paragrafo 3, del Trattato, per un massimo di quattro mesi, da fruire entro il prossimo 31 dicembre, in favore dei datori di lavoro che non richiedano ulteriori trattamenti integrativi per il COVID-19, pur avendo usufruito nei mesi di maggio e giugno appena trascorsi, di ammortizzatori sociali COVID-19. La disposizione non si applica al settore agricolo.

Come ben si arguisce, l’integrazione salariale COVID19 e lo sgravio contributivo sono alternativi (con una eccezione introdotta dal D.L. n. 137/2020), nel senso che l’una esclude l’altro: tale alternatività viene meno se, ad esempio, il datore richiede, ad esempio, uno degli ammortizzatori disciplinati dal D.L.vo n. 148/2015. L’eccezione alla quale ho appena fatto riferimento è contenuta nel comma 15 dell’art. 12 del D.L. n. 137/2020 e mitiga l’alternatività richiamata nell’art. 3: il datore di lavoro può rinunciare ad una parte dell’esonero richiesto e non goduto e presentare istanza per il trattamento di integrazione salariale da coronavirus. Tale eccezione, però, non risulta trattata dal messaggio INPS n. 4254/2020 che fornisce le proprie indicazioni unicamente sull’art. 3 del D.L. n. 104.

Seguendo il percorso delineato dalla circolare n. 105 vanno spese due parole sui datori di lavoro destinatari.

Essi sono tutti i datori di lavoro privati, imprenditori e non imprenditori, anche a capitale pubblico, con esclusione di quelli del settore agricolo, che hanno fruito tra maggio e giugno di integrazioni salariali COVID-19, attraverso, la CIGO, il FIS, la Cassa in deroga, i Fondi bilaterali alternativi e quelli dei Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano. Quelli del settore agricolo, sia che abbiano utilizzato la CISOA che la Cassa in deroga, sono esclusi, probabilmente, per la peculiarità della contribuzione agricola. L’esonero può essere riconosciuto anche ai datori di lavoro che hanno richiesto, ai sensi del D.L. n. 18 e del D.L. n. 34, periodi integrativi anche parzialmente, successivi al 12 luglio, data che rappresenta lo “spartiacque” tra la vecchia e la nuova disciplina degli ammortizzatori COVID-19 introdotta con l’art. 1 del D.L. n. 104/2020. La circolare n. 105, andando ancor di più nello specifico, ricorda che l’esonero può essere legittimamente fruito per le medesime posizioni aziendali (matricole INPS) ove nei mesi di maggio e giugno sono state fruite le integrazioni salariali COVID-19. L’importo dell’esonero  è fruibile nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta nelle medesime “matricole” ove si è “goduto” il trattamento.

Per quel che concerne il valore e la misura dell’incentivo la circolare n. 105 ricorda che, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l’esonero quadrimestrale dal pagamento dei contributi previdenziali, è pari, in relazione alla quota a carico di ciascun datore, al doppio delle contribuzione sulle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno da ciascun dipendente, con esclusione dei premi e contributi INAIL. Il datore di lavoro può fruire dell’esonero anche per periodi inferiori al quadrimestre.

Sulla scorta di quanto già previsto in analoghe circostanze ove il Legislatore ha ripetuto le stesse parole oltre ai premi e contributi dovuti all’INAIL sono esclusi dall’esonero:

  • Il contributo, ove dovuto, al Fondo per l’erogazione dei dipendenti del settore privato del TFR, secondo la previsione dell’art. 2120 c.c.. Tale esclusione discende dall’art. 1, comma 756, ultimo periodo, della legge n. 296/2006;
  • Il contributo, ove dovuto, ai Fondi ex artt. 26, 27, 28, 26 e 40 del D.L.vo n. 148/2015 che riguardano i Fondi bilaterali, il FIS, i Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano ed il Fondo per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale;
  • Il contributo ex art. 25, comma 4, della legge n. 845/1978, pari allo 0,30% destinato al finanziamento dei Fondi interprofessionali previsti dalla legge n. 388/2000;
  • Le contribuzioni non previdenziali che sono state pensate per apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento (circolare n. 40/2018).

Ma, quali sono i presupposti per fruire dell’esonero contributivo?

La circolare n. 105 richiama, espressamente, l’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006, cosa che significa:

  • Rispetto della regolarità contributiva;
  • Assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro (sono, essenzialmente, le disposizioni richiamate nell’allegato al D.M. sul DURC) e rispetto degli altri obblighi di legge;
  • Rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonchè di quelli territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Ma, la fruizione dell’esonero è, inoltre, strettamente correlata al divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Il comma 2 ricorda che il datore di lavoro che abbia beneficiato della riduzione contributiva è sottoposto ai divieto di licenziamento per giustificato previsto dall’art. 14. Ciò significa che la sospensione dei recessi si protrae fino al 31 dicembre 2020 (ma, come sappiamo, il D.L. n. 137/2020 ha allungato “lo stop” fino al 31 gennaio 2021), con la eccezione delle dimissioni o delle risoluzioni consensuali a seguito di accordi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con il riconoscimento di incentivi, limitatamente ai dipendenti che intendono aderire all’accordo ai quali viene, comunque, garantita la NASPI. Si tratta di una procedura che ha molte somiglianze con quella prevista dall’art. 24-bis del D.L.vo n. 148/2015 sulla ricollocazione dei lavoratori eccedentari ma manca l’agevolazione IRPEF sulle somme destinate ad incentivare l’esodo. La sospensione dei licenziamenti si riferisce, al di fuori della ipotesi sopracitata (ma anche della cessazione dell’attività, della messa in liquidazione della società, senza che si configuri un passaggio di azienda, del fallimento senza prosecuzione dell’attività, del cambio di appalto con la riassunzione dei lavoratori da parte del datore subentrante) a qualsiasi datore e comporta anche la sospensione delle procedure collettive di riduzione di personale (con alcune eccezioni) e di quella che si riferisce all’art. 7 della legge n. 604/1966.

Ma cosa succede se il datore di lavoro viola, al di fuori della casistica che lo bypassa”, il divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo?

Il comma 3 stabilisce, in maniera chiara ed univoca, che la violazione comporta la revoca dell’esonero contributivo e l’impossibilità  di presentare istanza di integrazione salariale per COVID-19. La violazione del divieto, con le conseguenze previste dalla norma, fa sì che essa si concretizzi con il mero atto unilaterale del datore di lavoro, non fungendo da esimente il fatto che il lavoratore abbia, esplicitamente o implicitamente, accettato il recesso e non abbia presentato ricorso in Tribunale o abbia, anche in “sede protetta” accettato il licenziamento. In tale quadro operativo appare opportuno (anche perché, “in ballo” ci sono agevolazioni pubbliche) che gli organi di vigilanza, “in  primis”, ma non solo, quelli dell’Ispettorato territoriale del Lavoro, nella loro ordinaria attività, verifichino tale circostanza e, se del caso, segnalino all’Istituto l’inottemperanza del datore di lavoro. Va, inoltre, ricordato che, avvalendosi del potere di disposizione ex art. 14 del D.L.vo n. 124/2004, come riformulato dall’art. 12-bis della legge n. 120/2020, gli ispettori del lavoro possono emettere una disposizione (potere discrezionale) con la quale impongono al datore di lavoro, di revocare il provvedimento di recesso per giustificato motivo oggettivo, dando un tempo per adempiere. Ovviamente, si deve trattare di un licenziamento nel quale risulti, in maniera incontrovertibile, tale motivazione e non altra causale (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) in quanto la sospensione “legale” riguarda unicamente il g.m.o. e l’intervento dispositivo dell’ispettore trova il proprio fondamento nella norma che lo consente allorquando è violata una disposizione in materia di lavoro e legislazione sociale non accompagnata da sanzioni amministrative o penale.

Ma, l’esonero contributivo è cumulabile con altre agevolazioni?

La risposta del comma 4 è positiva laddove afferma che è cumulabile nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta. La circolare n. 105 ricorda, però, che la citata cumulabilità può trovare applicazione soltanto ove sussista un residuo di contribuzione astrattamente sgravabile e nei limiti della contribuzione dovuta.

Su tale quadro d’insieme è intervenuto il messaggio INPS n. 4254 del 13 novembre 2020 il quale offre le proprie indicazioni per fruire dello sgravio contributivo dopo l’autorizzazione della Commissione Europea.

L’istanza dei singoli datori di lavoro va presentata, attraverso la funzionalità “Contatti” del Cassetto previdenziale alla voce “Assunzioni agevolate e sgravi – sgravio art. 3 del D.L. 14 agosto 2020 n. 104” ed è finalizzata ad ottenere il codice “2Q”. La richiesta va inoltrata prima della trasmissione della denuncia contributiva relativa al primo periodo retributivo nel quale si intende esporre l’esonero. Il messaggio richiede l’autocertificazione per:

  • Le ore di integrazione fruite dai lavoratori nei mesi di maggio e giugno 2020 riguardanti la stessa matricola;
  • La retribuzione piena globale che sarebbe spettata ai lavoratori per le ore non prestate;
  • La contribuzione piena a carico del datore calcolata sulla retribuzione, comprensiva dei ratei delle mensilità aggiuntive;
  • L’importo dell’esonero per la cui quantificazione va tenuto conto dell’aliquota contributiva astrattamente dovuta e non di eventuali agevolazioni contributive spettanti in quei mesi di riferimento.

L’ammontare dell’esonero non potrà superare l’importo della contribuzione dovuta riferita alle singole mensilità, per un periodo massimo che è quadrimestrale, fermo restando che, qualora ne sussista la capienza, l’intero esonero potrà essere fruito anche in relazione alla denuncia di una sola mensilità.

I datori di lavoro che hanno cessato o sospeso l’attività, per recuperare lo sgravio, dovranno avvalersi della procedura Uniemens/vig riguardante le regolarizzazioni contributive. Tale procedura deve essere seguita anche dai datori di lavoro che intendono recuperare l’esonero spettante ad agosto, settembre od ottobre 2020 nei casi in cui ciò non sia possibile con la denuncia corrente.

Fin qui il messaggio n. 4254/2020: va ricordato, come già detto, che, attraverso l’art. 12, comma 15, del D.L. n. 137/2020 il Governo, ha proceduto ad una sorta di proroga dello sgravio, ma la disposizione  non è immediatamente operativa in quanto, anche in questo caso, si dovrà attendere il “nulla osta” della Commissione Europea ai sensi dell’art. 108 del Trattato, paragrafo 3: qui, vengono riconosciute quattro settimane di esonero contributivo per coloro che non si avvarranno dei trattamenti integrativi (ma, sussiste il diritto di “ripensamento parziale”) . Tale sgravio si correla, con le stesse modalità, a quello dell’art. 3 del D.L. n. 104, con alcune significative novità:

  • Il riferimento è soltanto alla contribuzione del mese di giugno, nei limiti delle ore integrative già fruite (quello del D.L. n. 104 prevedeva anche il mese di maggio) riferito alle unità produttive (identificate con la matricola INPS) per le quali si è fatto ricorso all’ammortizzatore sociale COVID-19;
  • Non sussiste alcun raddoppio della contribuzione sulle ore già fruite da ogni dipendente, cosa che era prevista per l’altro sgravio disciplinato dal D.L. n. 104;
  • La fruizione è da “godere” entro il 31 gennaio 2021;
  • E’ previsto una sorta di “diritto di ripensamento”. Infatti chi ha chiesto l’esonero in base all’art. 3 del D.L. n. 104 e non ne ha fruito interamente, può rinunciare alla parte residua e chiedere le integrazioni salariali previste dal D.L. n. 137, cosa che era, assolutamente, vietata dalla precedente normativa.

Da ultimo, occorre sottolineare che gli oneri derivanti, per l’Erario, dall’impegno economico derivante dalla messa a regime dell’art. 3 del D.L. n. 104 sono quantificati dal comma 6 in 363 milioni di euro per il 2020 ed in 121,1 milioni per l’anno prossimo.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 345 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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