Le assunzioni agevolate del decreto coesione

Sotto la lente: dettagli e implicazioni delle agevolazioni previste dal Decreto.

Le assunzioni agevolate del decreto coesione

 LE ASSUNZIONI AGEVOLATE DEL DECRETO COESIONE

Con un provvedimento portato all’approvazione in Consiglio dei Ministri il 29 aprile 2024 ma non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, il Governo ha inteso introdurre nel nostro ordinamento alcuni benefici finalizzati a favorire l’occupazione stabile.

Ci sarà tempo e modo per approfondire la materia trattata: al momento, ritengo opportuno fornire alcune indicazioni operative desumibili sia dal dettato normativo che da chiarimenti amministrativi intervenuti, in passato, per istituti agevolativi analoghi.

Ma, andiamo con ordine.

Tutte le misure ipotizzate presentano alcune caratteristiche comuni:

  1. Non sono, assolutamente nuove nel nostro ordinamento in quanto sembrano (almeno quelle che riguardano i giovani e le donne svantaggiate) essere quasi la “fotocopia” di quelle scadute il 31 dicembre 2023, mentre quelle relative alla occupazione degli “over 35” nelle Regioni del Meridione richiamano l’analogo provvedimento, a tempo, già inserito nella legge n. 205/2017;
  2. Non sono strutturali, ma a tempo, in quanto riguardano i rapporti a tempo indeterminato instaurati tra il 1° settembre 2024 ed il 31 dicembre 2025;
  3. La piena operatività delle disposizioni è subordinata al parere positivo della Commissione Europea ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato dell’Unione.

Assunzione dei giovani “under 35”

L’art. 22 della bozza di Decreto Legge approvata, riconosce per tutte le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori (con esclusione di quelli con qualifica dirigenziale) che sono al primo rapporto a tempo indeterminato (anche a tempo parziale) e che non hanno compiuto i 35 anni (ossia, fino a 34 anni e 364 giorni), realizzate nel periodo compreso tra il prossimo 1° settembre ed il 31 dicembre 2025, uno sgravio contributivo per un massimo di 24 mesi e consiste in un abbattimento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro nella misura del 100% con un tetto massimo mensile di 500 euro, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Il beneficio non si applica ai contratti di lavoro domestico (per la particolarità del rapporto) ed all’apprendistato che è un contratto a tempo indeterminato che gode di una propria specifica regolamentazione sotto l’aspetto contributivo.

Nella c.d. Zona economica speciale” che comprende le Regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, lo sgravio contributivo a favore dei datori di lavoro sulla quota a loro carico (art. 22, comma 3), presenta un tetto massimo di 650 euro mensili.

L’esonero contributivo spetta, per la parte residua da utilizzare (art. 22, comma 4), anche a quei datori di lavoro che assumeranno entro il 31 dicembre 2025 lavoratori già assunti a tempo indeterminato presso altri datori di lavoro che hanno beneficiato parzialmente dell’esonero: in ogni caso, essendo tale agevolazione a termine e non strutturale, non ci potrà essere alcuna fruizione oltre il 31 dicembre 2028.

In attesa delle indicazioni dell’INPS che non dovrebbero discostarsi, di molto, da quelle degli anni passati, si ritiene opportuno focalizzare l’attenzione su alcuni elementi che si rivelano essenziali.

Il primo riguarda i datori di lavoro destinatari della norma agevolatrice: sono quelli privati, imprenditori e non imprenditori (quindi, ad esempio, anche gli studi professionali o le associazioni). Tra questi rientrano, senz’altro, anche le società cooperative di produzione e lavoro che assumono i propri soci con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato secondo la previsione contenuta nell’art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001.

Il secondo concerne la tipologia contrattuale: l’assunzione deve avvenire con contratto a tempo indeterminato, anche a tempo parziale, e deve riguardare un lavoratore o una lavoratrice che non abbiano compiuto i 35 anni (ossia, il contratto deve iniziare entro i 34 anni e 364 giorni) e che, nella loro vita, non sono mai stati titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Ci sono delle eccezioni che vanno tenute presenti e che riguardano “in primis” il contratto di apprendistato che, come è noto, è un contratto a tempo indeterminato: i periodi di apprendistato, ricorda il comma 2 dell’art. 22, non giunti al termine del periodo formativo, non sono ostativi al riconoscimento della agevolazione. Al contempo, non appare ostativa, come precisato dall’INPS in precedenti note riguardanti incentivi analoghi, aver stipulato, in antecedenza, un contratto di lavoro intermittente, sia pure a tempo indeterminato, in quanto lo stesso non è dotato di stabilità.

Il terzo incentra l’attenzione su alcuni rapporti particolari come il contratto di somministrazione: beneficio spetta senza alcuna ombra di dubbio.

C’è, poi, il caso, del tutto particolare, di un disoccupato che non ha mai avuto un contratto a tempo indeterminato che viene assunto a tempo parziale: ovviamente, al datore spetta un beneficio proporzionalmente ridotto. Ma se, successivamente, quel lavoratore dovesse essere assunto anche da altro datore con un contratto part-time a tempo indeterminato, potrebbe quest’ultimo fruire della restante agevolazione? La risposta è negativa, in quanto quel lavoratore non è più senza alcun rapporto a tempo indeterminato “alle spalle” in quanto ne ha uno in corso. L’unica possibilità per i due datori di lavoro per ottenere l’agevolazione contributiva è rappresentata dal fatto che l‘instaurazione del rapporto avvenga in contemporanea e non a date differite.

Un altro caso che potrebbe presentarsi è quello della cessione del contratto a tempo indeterminato ex art. 1406 c.c. : il datore subentrante può fruire il beneficio per il periodo restante, essendo intervenuta la sola modificazione soggettiva del rapporto in atto: ovviamente, deve essere in regola con il DURC e con le altre condizioni previste dal Legislatore.

Lo sgravio contributivo previsto è cumulabile con altri incentivi?

Il comma 8 dell’art. 22, parla di non cumulabilità con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente: l’unica eccezione riguarda, senza alcuna deduzione, la compatibilità con la maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni dall’art. 4 del D.L.vo 30 dicembre 2023, n. 216, attraverso il quale si dispone, per il 2025, un abbattimento dell’IRPEF e dell’IRES, pari al 120% (o al 130% per le categorie svantaggiate indicate in un D.M. “concertato” tra Lavoro ed Economia) ove viene preso in considerazione il costo del lavoro in aumento rispetto all’anno precedente in virtù delle nuove assunzioni. .

Ma cosa succederà se la Commissione Europea non dovesse pronunciarsi entro il 1° settembre 2024? Come si dovrà comportare il datore di lavoro con lo sgravio contributivo previsto?

Qui, la risposta dovrebbe giungere dall’INPS che, ad esempio, potrebbe dire ai datori (che assumono giovani sotto i 30 anni che, quindi, rientrano anche nell’incentivo ivi previsto) di utilizzare la agevolazione (ridotta) prevista dai commi 100 e seguenti dell’art. 1 della legge n. 205/2017, conguagliando successivamente mentre per gli altri si dovrà versare la contribuzione ordinaria, salvo, poi, dopo il parere positivo degli organi comunitari, conguagliare le somme versate con l’Istituto. Nelle altre ipotesi “giovani sopra i 30 anni di età e inferiore ai 35”, si dovrà versare l’usuale contribuzione, salvo conguaglio da utilizzare in caso di parere positivo di Bruxelles.

 Oltre ai premi ed ai contributi INAIL (art. 22, comma 1), il datore di lavoro sarà tenuto a versare, ove dovuta, secondo le indicazioni fornite, più volte, in passato dall’Istituto, la c.d. “contribuzione minore”, che può riassumersi nel modo seguente:

  1. Il contributo, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori del settore privato dei trattamenti di fine rapporto ex art. 2120 c.c. (art. 1, comma 755 della legge n. 296/2006);
  2. Il contributo, ai fondi bilaterali, al FIS ed ai Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano, previsti dal D.L.vo n. 148/2015;
  3. Il contributo dello 0,30% in favore dei Fondi interprofessionali per la Formazione continua ex art. 118 della legge n. 388/2000;
  4. Il contributo, ove dovuto, per il Fondo del settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali;
  5. Le contribuzioni non previdenziali concepite per apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento;
  6. Il contributo di solidarietà sui versamenti destinati alla previdenza complementare e/o ai fondi di assistenza sanitaria ex D.L. n. 103/1991;
  7. Il contributo di solidarietà per i lavoratori dello spettacolo ex art. 1, commi 8 e 14, del D.L.vo n. 182/1997;
  8. Il contributo di solidarietà per gli sportivi professionisti ex art. 1, commi 3 e 4, del D.L.vo n. 166/1997.

Il beneficio spetta se:

  1. Il datore di lavoro è in regola con il DURC che, a partire dal 1° gennaio 2022, per effetto dell’art. 40-bis del D.L.vo n. 148/2015, comprende anche, per le imprese che vi rientrano, il versamento dovuto per gli ammortizzatori sociali ai Fondi bilaterali previsti dagli articoli 26, 27 e 40;
  2. Il datore di lavoro non ha violazioni di norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro (che sono quelle richiamate già nell’allegato al primo D.M. che ha disciplinato il DURC) e rispetta gli altri obblighi di legge, anche alla luce del D.M. del Ministro del Lavoro richiamato dall’art. 29, comma 1, lettera a) del D.L. n. 19/2014 convertito, con modificazioni, nella legge 29 aprile 2024, n. 56;
  3. Il datore di lavoro applica gli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché quelli territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Gli eventuali accordi aziendali debbono essere stipulati dalle “loro” R.S.A o dalla R.S.U., come ricorda l’art. 51 del D.L.vo n. 81/2015.

Ma altri oneri incombono sul datore di lavoro, in quanto anche l’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015 deve essere rispettato. Infatti, il beneficio non spetta:

  1. Se l’assunzione viola un diritto di precedenza previsto dalla legge o dal contratto collettivo (si pensi, ad esempio, al diritto di precedenza ex art. 24 del D.L.vo n. 81/2015 di un lavoratore con precedente contratto a tempo determinato pari o superiore a 6 mesi, o a un lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo nei sei mesi precedenti secondo la previsione dell’art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949, o ad un lavoratore non transitato a seguito di cessione di azienda o ramo di essa presso il nuovo datore, il quale per dodici mesi è titolare di tale diritto, come ricorda l’art. 47, comma 6, della legge n. 428/1990;
  2. Se l’assunzione discende dal rispetto di un obbligo previsto dalla legge o dal contratto collettivo;
  3. Se presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contatto di somministrazione siano in atto sospensioni per crisi o riorganizzazione aziendale a meno che l’assunzione programmata non sia per un livello completamente diverso da quello dei lavoratori in integrazione salariale straordinaria o sia destinato a prestare attività in una unità produttiva diversa da quella interessata alla sospensione.

Per poter procedere alla fruizione del beneficio il datore di lavoro deve rispettare anche altre disposizioni fondamentali, previste dai commi 5 e 6 dell’art. 22:

  1. Non deve aver proceduto nei 6 mesi antecedenti l’assunzione a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o collettivi a seguito di procedura di riduzione di personale ex lege n. 223/1991 di lavoratori operanti nella stessa unità produttiva;
  2. Non deve procedere nei 6 mesi successivi l’assunzione incentivata al licenziamento per giustificato motivo oggettivo dello stesso lavoratore o di altro lavoratore impiegato nella stessa unità produttiva: qualora ciò dovesse accadere l’INPS è autorizzato a revocare il beneficio ed a recuperare l’incentivo già fruito.

Assunzione di donne svantaggiate

Con l’art. 23 il Governo prevede uno sgravio contributivo per le assunzioni di donne svantaggiate che presenta una certa assonanza sia con quello non prorogato dopo il 31 dicembre 2023 che con quello, strutturale, previsto dall’art. 4, commi da 8 a 11, della legge n. 92/2012.

Esso presenta alcune caratteristiche che lo differenziano da quello previsto dalla legge del 2012:

  1. Non è strutturale, ma a tempo;
  2. Il beneficio, non è cumulabile con altri incentivi, ad eccezione di quello previsto dall’art. 4 del D.L.vo n. 213/2023;
  3. L’importo è superiore rispetto a quello della legge n. 92/2012, e dura qualche mese in più;
  4. L’assunzione deve essere a tempo indeterminato (si parla di occupazione stabile), mentre la legge n. 92/2912 prevede incentivi anche in caso di assunzione a tempo determinato fino a 12 mesi;
  5. La piena operatività della norma è subordinata al parere positivo della Commissione Europea ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato dell’Unione.

Lo sgravio contributivo previsto, per le assunzioni effettuate nel periodo compreso tra il 1°settembre 2024 ed il 31 dicembre 2025, sulla quota a carico dei datori di lavoro è pari al 100% con un tetto mensile massimo fissato a 650 euro su base mensile, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. Il periodo massimo di riconoscimento dell’agevolazione è di 24 mesi. Lo sgravio comprende anche i premi ed i contributi assicurativi INAIL.

Ovviamente, l’esonero contributivo non comprende la c.d. “contribuzione minore” già elencata pocanzi allorquando si è parlato delle assunzioni degli “under 35”.

La disposizione, applicabile su tutto il territorio nazionale, trova fondamento nelle regole fissate dal Regolamento UE n. 651/2024 e riguarda:

  1. Donne svantaggiate di qualsiasi età, prive di un lavoro regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, residenti nella Regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, Abruzzo e Molise, ammissibili ai finanziamenti dei fondi strutturali;
  2. Donne di qualsiasi età destinate a svolgere professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi. Ogni anno i settori e le professioni sono definiti da un Decreto Ministro del Lavoro di concerto con quello dell’Economia: l’ultimo emanato è il n. 365 del 20 novembre 2023.
  3. Donne di qualsiasi età, ovunque residenti, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi. In questo caso va verificato se nei 2 anni antecedenti l’assunzione la lavoratrice non abbia svolto un’attività di lavoro subordinato legata ad un contratto di almeno 6 mesi o un’attività di collaborazione coordinata e continuativa la cui remunerazione annua sia superiore a 8.000 euro o un’attività di lavoro autonomo tale da produrre un reddito annuo superiore a 4.800 euro.

Ma, cosa si intende per lavoro regolarmente retribuito?

Tale nozione è stata, da ultimo, definita dal D.M. 17 ottobre 2017 del Ministro del Lavoro. Le donne svantaggiate al quale ci si riferisce sono quelle che negli ultimi 6 mesi o non hanno lavorato come subordinate, o hanno prestato attività come subordinate o con prestazioni riconducibili ad attività lavorativa autonoma o parasubordinata, dalla quale sia derivato un reddito inferiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione.

La platea dei datori di lavoro interessati, potenzialmente, dalla fruizione dello sgravio è ampia, in quanto la disposizione si riferisce ai datori di lavoro privati. Essa comprende:

  1. I datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori (ad esempio, gli studi professionali, le associazioni o le fondazioni), ivi compresi quelli del settore agricolo;
  2. Gli Enti pubblici economici, gli IACP trasformati in Enti pubblici economici da leggi regionali, gli Enti privatizzati trasformati in società di capitali, pur se interamente pubbliche, le ex IPAB, le aziende speciali costituite anche in consorzio ex articoli 31 e 114 del D.L.vo n. 267/2000, i consorzi di bonifica, i consorzi industriali, gli Enti morali e quelli ecclesiastici, alla luce dei chiarimenti di prassi forniti dall’INPS in precedenti situazioni analoghe.

Ma, quale è il contratto che consente la fruizione delle agevolazioni?

Il rapporto che consente la fruizione dell’agevolazione è, soltanto, il contratto di lavoro a tempo indeterminato, sia pure a tempo parziale, cosa che comporterà la riduzione del beneficio “pro-quota” in relazione alle ore di lavoro prestate rispetto al full-time previsto dalla contrattazione collettiva. Appaiono ammissibili sia il contratto a tempo indeterminato con qualifica dirigenziale (perchè la norma non ripete l’esclusione prevista nell’art. 22 per i giovani “under 35”), che quelli sottoscritti dalle socie di cooperative di produzione e lavoro le quali, dopo l’ammissione, stipulano un ulteriore contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001.

Dal novero dei contratti incentivabili sono alla luce di chiarimenti amministrativi consolidati esclusi:

  1. Il contratto di lavoro intermittente caratterizzato da saltuarietà e assenza di stabilità;
  2. Il contratto di lavoro domestico, per la particolarità del rapporto che si svolge, esclusivamente, in ambito familiare;
  3. Il contratto di apprendistato che è, senz’altro, un contratto a tempo indeterminato finalizzato alla formazione dei giovani (art. 41 del D.L.vo n. 81/2015) ma che ha regole contributive, economiche e normative del tutto proprie.

L’effettiva fruizione dei benefici è subordinata, come nelle disposizioni incentivanti riferite agli “under 35” al rispetto di alcune disposizioni che, ormai, costituiscono un “passaggio obbligato” per tutti i datori di lavoro che intendano goderle: ci si riferisce all’art. 1, comma 1175 della legge n. 296/2006 e all’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015.

Per quel che concerne la prima norma richiamata:

  1. Il datore di lavoro deve essere in regola con il DURC il quale, a partire dal 1° gennaio 2022, per effetto dell’art. 40-bis del D.Lvo n. 148/2015, comprende anche, per le imprese che vi rientrano (ad esempio, quelle artigiane), il versamento dovuto per gli ammortizzatori sociali ai Fondi bilaterali previsti dagli articoli 26, 27 e 40;
  2. Il datore di lavoro non deve aver violato norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro (che sono quelle richiamate già nell’allegato al primo D.M. che ha disciplinato il DURC) e deve rispettare gli altri obblighi di legge e quelle che saranno, specificatamente, individuate in un D.M. richiesto dall’art. 29 del D.L. n. 19/2024;
  3. Il datore di lavoro è tenuto ad applicare gli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché quelli territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Per gli accordi aziendali, ovviamente, il riferimento, anche ai sensi dell’art. 51 del D.L.vo n. 148/2015, riguarda le “loro” Rappresentanze Sindacali Aziendali (RSA) o la Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU).

Per quel che riguarda, invece, i principi richiamati dall’art. 31 del D. L.vo n. 150/2015 l’agevolazione non spetta:

  1. Se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva: tale disposizione vale anche nel caso in cui la lavoratrice avente diritto all’assunzione venga utilizzata attraverso un contratto di somministrazione;
  2. Se l’assunzione viola un diritto di precedenza previsto dalla legge o dal contratto collettivo (si pensi, ad esempio, al diritto di precedenza esternato per iscritto ex art. 24 del D.L.vo n. 81/2015 da una lavoratrice o un lavoratore con precedente contratto a tempo determinato, o a un lavoratore (o lavoratrice) licenziato per giustificato motivo oggettivo nei sei mesi precedenti secondo la previsione dell’art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949, o ad un dipendente non transitato a seguito di cessione di azienda o ramo di essa presso il nuovo datore, il quale per 12 mesi è titolare di tale diritto, come ricorda l’art. 47, comma 6, della legge n. 428/1990;
  3. Se presso il datore di lavoro o l’utilizzatore con contatto di somministrazione siano in atto sospensioni per crisi o riorganizzazione aziendale (si parla, quindi, di un intervento integrativo salariale straordinario), a meno che l’assunzione programmata non sia per un livello completamente diverso da quello dei lavoratori in integrazione salariale straordinaria o sia destinato a prestare attività in una unità produttiva diversa da quella interessata alla sospensione;
  4. Se la lavoratrice neo assunta risulti essere stata licenziata nei 6 mesi antecedenti da un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presentava assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro assumente, o risultava con quest’ultimo in rapporto di collegamento o controllo.

Ma, l’incentivo in favore delle donne svantaggiate, ricorda il comma 3 dell’art. 23, deve comportare un incremento occupazionale netto rispetto alla media dei 12 mesi precedenti: tale principio è stato previsto dall’art. 2, punto 32, del Regolamento UE n. 651/20 ed inoltre, la Corte di Giustizia Europea, con la sentenza n. C-415/07 del 2009 ha affermato che la valutazione dell’incremento discende confrontando “il numero medio di Unità di Lavoro Annuo (U.L.A.) dell’anno precedente all’assunzione con il numero medio di U.L.A. dell’anno successivo all’assunzione”.

Per i dipendenti con contratto part-time, il calcolo va “pesato” in rapporto tra le ore pattuite e le ore che costituiscono il normale orario dei dipendenti a tempo pieno. L’art. 2 del Regolamento n. 1407/2013, afferma, inoltre, che i posti di lavoro soppressi in tale periodo debbono essere dedotti e che il numero dei lavoratori occupati a tempo pieno, a tempo parziale o stagionalmente va calcolato considerando le frazioni di unità lavoro-anno”. Nel caso in cui ci si trovi di fronte ad aziende correlate o collegate tra loro in modo tale da rientrare nel concetto di “impresa unica”, il calcolo va effettuato su tutte le aziende secondo criteri presenti, oggi, anche nel Regolamento sul “de minimis” n. 2831/2023. Tale concetto viene fatto proprio dal comma 3 dalla norma che si commenta e che richiama sia l’impresa che, per interposta persona, fa capo allo stesso soggetto che la previsione dell’art. 2359 c.c. che la contempla:

  1. Quando un’impresa detiene la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’altra impresa;
  2. Quando un’impresa ha diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, direzione o sorveglianza di un’altra impresa;
  3. Quando un’impresa ha il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’altra impresa in virtù di un contratto concluso con quest’ultima o in virtù di una clausola dello statuto di quest’ultima;
  4. Quando un’impresa azionista o socia di un’altra impresa controlla da sola, in virtù di un accordo stipulato con azionisti o soci dell’altra impresa, la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o soci di quest’ultima.

L’agevolazione, comunque, viene riconosciuta pur se l’incremento non si è realizzato perché nel periodo sotto osservazione si sono resi vacanti posti di lavoro per:

  1. Dimissioni volontarie;
  2. Invalidità;
  3. Pensionamento per raggiunti limiti di età;
  4. Riduzione volontaria dell’orario di lavoro realizzabile attraverso accordi di trasformazione dei rapporti da tempo pieno a tempo parziale, come previsto dall’art. 8 del D.L.vo n. 81/2015;
  5. Licenziamento per giusta causa.

Lo sgravio contributivo in favore dei datori di lavoro che assumono donne svantaggiate è compatibile, unicamente, con la maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni previste dall’art. 4 del D.L.vo n. 213/2023.

Assunzioni agevolate in otto Regioni di “over 35”

L’art. 24 si pone l’obiettivo di sostenere l’occupazione in Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, incentivando l’assunzione di chi già computo i 35 anni di età ed è disoccupato da almeno 24 mesi.

L’agevolazione contributiva, per un massimo di 24 mesi, è pari ad un massimo di 650 euro mensili sulla quota contributiva a carico dei datori di lavoro privati che, al momento dell’assunzione occupano fino a 10 dipendenti (imprenditori e non imprenditori): tale sgravio contributivo varrà per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate, nel periodo compreso tra il 1° settembre 2024 e il 31 dicembre 2025, dovrà avvenire presso una sede od unità produttiva ubicata in una delle 8 Regioni sopraindicate. Tale agevolazione, comunque sottoposta all’autorizzazione della Commissione Europea ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3 del Trattato dell’Unione, viene riconosciuta entro i limiti di spesa stabiliti dal comma 7 per i quali è stato assegnato all’INPS un potere di monitoraggio e di blocco nel caso in cui, anche in via prospettica, dovessero essere superati i “budget” annuali previsti.

L’esonero non è cumulabile, anche in questo caso, con altre riduzioni di aliquota od esoneri previsti dalle disposizioni vigenti: è compatibile, unicamente, con le deduzioni previste dall’art. 4 del D.L.vo n. 216/2023.

Nel calcolo dei 10 dipendenti in forza al momento dell’assunzione vanno compresi tutti i lavoratori subordinati di qualunque qualifica, ivi compresi i dirigenti ed i lavoranti a domicilio: il lavoratore assente va escluso dal computo soltanto se, in sua sostituzione, è stato assunto, anche a termine, un altro lavoratore che, ovviamente, in tal caso, va calcolato. I dipendenti a tempo parziale vanno computati (sommando i singoli orari individuali) in proporzione all’orario svolto, mentre quelli intermittenti vanno valutati secondo le indicazioni fornite dall’art. 18 del D.L.vo n. 81/2015. I lavoratori con contratto a tempo determinato vanno calcolati in base alla percentuale di attività svolta. Non rientrano nel computo, invece, gli apprendisti (art. 47, comma 3 del D.L.vo n. 81/22015) ed i lavoratori somministrati.

Lo sgravio contributivo, una volta concesso, rimane pur se, per effetto di successive assunzioni, il datore di lavoro dovesse superare la soglia massima prevista. Parimenti ritengo che lo stesso possa essere fruito fintanto che il dipendente presti attività in una delle 8 Regioni rientranti nella “ZES”: qualora fosse trasferito altrove si ha motivo di ritenere che l’agevolazione venga meno. L’esonero, ricorda il comma 4, spetta anche a chi, in possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge, assume un lavoratore che, in precedenza era stato assunto a tempo indeterminato da altro datore di lavoro che aveva parzialmente utilizzato l’agevolazione (perché il rapporto si era concluso con licenziamento o dimissioni). In tal caso l’incentivo è fruibile per il periodo residuo e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2028.

Lo sgravio contributivo spetta se il datore:

  1. Risulti in regola con le previsioni dell’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 (regolarità contributiva, rispetto della normativa sulla sicurezza sul lavoro e degli altri obblighi di legge, rispetto dei contratti ed accordi collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale e, se esistenti, anche di quelli d secondo livello);
  2. Ottempera alle previsioni contenute nell’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015 che elenca una serie di casi che escludono l’operatività del beneficio;
  3. Non ha proceduto nei 6 mesi antecedenti a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi ex lege n. 223/1991, nella medesima unità produttiva;
  4. Non licenzia, per giustificato motivo oggettivo, nei 6 mesi successivi alla instaurazione del rapporto, il lavoratore assunto con lo sgravio contributivo o altro dipendente con la stessa qualifica nella medesima attività produttiva. Se ciò dovesse avvenire scatterebbe la revoca dell’esonero ed il recupero dei benefici già “goduti”.

L’esonero contributivo non riguarda il pagamento dei premi ed i contributi assicurativi INAIL e la c.d. “contribuzione minore” già elencata in precedenza, allorquando si è parlato dello sgravio previsto per l’assunzione degli “under 35”.

Ma, cosa succederà se alla data del 1° settembre 2024 non sarà giunta alcuna comunicazione da Bruxelles?

Salvo indicazione diversa da parte dell’INPS, chi sarà interessato al beneficio dovrà pagare i normali contributi previdenziali che potranno essere conguagliati dal momento in cui l’Istituto, a seguito del parere positivo della Commissione, fornirà le proprie indicazioni.

Da ultimo, una disposizione già presente negli altri sgravi contributivi: quando i datori di lavoro che hanno fruito l’esonero, dovranno determinare gli acconti dovuti per il periodo in corso al 31 dicembre 2027, dovranno assumere, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando il beneficio.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 329 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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