Si deve lavorare nei giorni di festività ? [E.Massi]

Si deve lavorare nei giorni di festività ? [E.Massi]

festivita_massiQuesta settimana intendo soffermarmi su una sentenza della Cassazione intervenuta nello scorso mese di agosto (Cass. n. 16592 del 7 agosto 2015) che potrebbe comportare, qualora seguita da altri pronunciamenti di merito e di legittimità, notevoli effetti sull’organizzazione del lavoro.

Ma cosa ha detto la Suprema Corte?

Essa ha affermato che nelle c.d.  ” festività” civili e religiose individuate dalla legge n. 260/1949 ogni dipendente può legittimamente, astenersi dal lavoro, fatte salve le ipotesi correlate, sostanzialmente, ai servizi essenziali come, ad esempio, nei trasporti o nella sanità pubblica o privata, pur se la contrattazione collettiva, anche aziendale, lo prevede. Le ricorrenze individuate dalla disposizione appena richiamata sono: l’1 ed il 6 gennaio, il 25 aprile, il lunedì dopo Pasqua, il 1 maggio, il 2 giugno, il 15 agosto, il 1 novembre, l’8, il 25 ed il 26 dicembre.

L’intervento della Cassazione non riguarda le domeniche, in quanto con le modifiche introdotte nel “corpus” del D.L.vo n. 66/2003, il riposo settimanale può essere “goduto” nell’arco temporale di 14 giorni.

A tale decisione si è giunti a seguito del ricorso di una lavoratrice alla quale era stato comminato un provvedimento disciplinare motivato dall’assenza dal servizio in un giorno programmato di lavoro per l’Epifania: la stessa, peraltro, aveva avuto ragione sia in primo grado che in sede di appello.

Il ragionamento seguito dalla Cassazione e’ che neanche la contrattazione collettiva, in deroga, possa intervenire sul diritto del lavoratore ad astenersi dall’attività nelle giornate espressamente previste dal Legislatore in quanto il diritto all’astensione dalle prestazioni e’, nella sostanza, un diritto soggettivo, sottratto al potere normativo delle parti sociali. Non e’ possibile alcuna assimilazione tra la flessibilizzazione che, per legge, c’è in relazione al riposo settimanale (di regola coincidente con la domenica, come recita l’art. 9 del D.L.vo n. 66/2003) con il giorno festivo che cade all’interno della settimana.

Tale decisione, a mio avviso, rischia di creare problemi in tutte quelle attività nella quali, anche sulla base di accordi collettivi (il problema e’ particolarmente sentito negli esercizi commerciali e nella grande distribuzione) si è proceduto alla liberalizzazione degli orari di apertura. Seguendo l’indirizzo propugnato dalla Suprema Corte, soltanto con un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore, quest’ultimo sarà obbligato a fornire la propria prestazione.

Alla luce di quanto appena detto si pone il problema delle modalità nelle quali si possa realizzare l’accordo tra datore di lavoro e lavoratore: qui valgono, a mio avviso, i principi generali per i quali lo stesso deve avvenire, preferibilmente, in forma scritta attraverso più ipotesi nelle quali il consenso dell’interessato può avvenire nella stessa lettera di assunzione (in caso di costituzione di un rapporto di lavoro), o per tutte le future festività (se il contratto e’ in corso) o, anche volta per volta, magari sotto forma di una scheda “di adesione” alla giornata festiva infrasettimanale.

Come dicevo, la forma scritta sarebbe preferibile: ciò non toglie validità alla ipotesi che il consenso venga realizzato per “facta concludentia”, magari con una prestazione di fatto realizzatasi attraverso la prestazione lavorativa nel giorno festivo da parte del soggetto interessato.

Con la decisione adottata, i giudici di legittimità hanno, altresì, riconosciuto che il riposo per le festività, come il riposo domenicale  (che, come dicevo, può essere oggetto di flessibilizzazione) non ha soltanto la funzione di ristoro delle energie psico fisiche perdute per effetto delle prestazioni svolte, ma anche quello della fruizione di un tempo libero qualificato cosa che ha fatto sostenere al difensore in giudizio della lavoratrice che i tempi di conciliazione tra casa, lavoro e famiglia “hanno un valore assoluto che deve essere necessariamente sottratto da quella logica di consumo che permea la nostra attuale società”.

Due considerazioni finali, con specifiche domande, si rendono necessarie.

La prima riguarda la contrattazione collettiva. Perché il Giudice di legittimità e’ andato contro un indirizzo affermatosi nella sostanza dei rapporti sociali secondo il quale essa, in quanto portatrice di interessi concernenti una collettività di lavoratori e di imprese, poteva disciplinarli?

La seconda concerne il diritto soggettivo del lavoratore interessato. Perché se inderogabile (e questa appare essere l’interpretazione se non si consente alla contrattazione collettiva di intervenire) viene concesso al soggetto interessato di rinunciarvi? E, in questo caso, i tempi di conciliazione di casa, lavoro e famiglia ed il ristoro delle energie psico fisiche non sono un valle assoluto?

Cassazione sezione lavoro sentenza 7 agosto 2015, n. 16592 - Leggi (+)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13507-2009 proposto da:

(OMISSIS) S.P.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 550/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 30/05/2009 R.G.N. 852/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/06/2015 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega orale (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Vercelli, accogliendo la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti della datrice di lavoro, soc. (OMISSIS), dichiarava l’illegittimita’ della sanzione disciplinare della multa comminata alla ricorrente che, in qualita’ di addetta alle vendite presso il punto vendita di (OMISSIS), non si era presentata al lavoro il 6 gennaio 2004, disattendendo la disposizione aziendale con la quale le era stato comunicato che il punto vendita sarebbe rimasto aperto in tale giornata (come pure l’8 dicembre 2003, il 25 aprile 2004 e il 1 maggio 2004) e che in relazione alle ore lavorate nei giorni festivi sarebbe stata corrisposta la retribuzione normale con la maggiorazione per il lavoro straordinario.

Il Tribunale riteneva legittimo il rifiuto opposto dalla lavoratrice, in quanto la Legge n. 260 del 1949 non consente al datore di lavoro di trasformare unilateralmente le festività in giornata lavorativa, non potendosi applicare in via analogica la normativa sul lavoro festivo domenicale, ne’ la disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 66 del 2003 in quanto riferita al riposo domenicale e non alla festività infrasettimanale.

L’appello proposto dalla soc. (OMISSIS) veniva respinto dalla Corte di appello di Torino, secondo cui la Legge n. 260 del 1949, articolo 2 conferisce ai lavoratore il diritto di astenersi dai lavoro nei giorni indicati dalla stessa legge, senza che possa applicarsi in via analogica la disciplina sul lavoro domenicale. Il datore di lavoro aveva richiesto la prestazione lavorativa in una giornata in cui non poteva esigerla, con conseguente legittimita’ dei comportamento della prestatrice, non qualificabile come arbitraria tutela delle proprie ragioni, ma come legittimo esercizio dell’eccezione di inadempimento ex articolo 1460 cod. civ., tanto piu’ congruo ove si consideri la sistematicita’ della violazione del diritto al riposo (la prestazione lavorativa era stata gia’ pretesa per l’8 dicembre e richiesta per le festività del 25 aprile e del 5 maggio).

Per la cassazione di tale sentenza la soc. (OMISSIS) propone ricorso affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso la (OMISSIS). Entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 cod. proc. civ..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, si da atto che il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo si denuncia violazione di legge in relazione alla Legge n. 260 del 1949, articolo 2. La societa’ ricorrente, premesso che la questione controversa attiene al diritto del lavoratore ad astenersi dalla prestazione lavorativa in occasione delle festività di cui all’articolo 2 cit. ed al contrapposto interesse del datore a chiedere la prestazione lavorativa per comprovate esigenze aziendali (apertura al pubblico in coincidenza delle festività), chiede se la Corte territoriale abbia correttamente interpretato l’articolo 2 cit. nel l’affermare che il diritto ivi previsto e’ assoluto e derogabile solo su espresso accordo delle parti o se invece tale previsione debba essere interpretata come regola generale suscettibile di eccezioni derivanti da comprovate esigenze aziendali ovvero in forza di previsioni di fonte contrattuale collettiva, pure connesse alla esigenze aziendali tipiche del settore, per cui in tali casi, in cui la prestazione dei lavoratori e’ articolata in turni di lavoro, il datore di lavoro possa esigere la prestazione lavorativa del dipendente il cui turno coincida con la festività.

Con il secondo motivo si lamenta insufficiente motivazione in merito alla circostanza che l’attivita’ presso lo spaccio aziendale (di fatto un ampio negozio aperto al pubblico) era organizzata in turni di lavoro per consentire l’apertura al pubblico tutti i giorni della settimana e cio’ “in conformita’ alla legislazione e al CCNL di settore” Inoltre, la sentenza non aveva motivato sul fatto decisivo che nel settore commercio e’ da tempo prevista la possibilita’ dello svolgimento dell’attivita’ lavorativa in tutti i giorni della settimana, fermo un giorno di riposo.

Con il terzo motivo la societa’ ricorrente denuncia violazione della disciplina contrattuale, con specifico riferimento agli articoli 131, 132, 135, 136 e 137 CCNL del settore terziario, dai quali sarebbe desumibile una deroga alla regola del divieto sancito dalla Legge n. 260 del 1949. Specificamente, l’articolo 137 prevede che le ore di lavoro, a qualsiasi titolo richieste, prestate nei giorni festivi indicati nel precedente articolo 136, devono essere compensate come lavoro straordinario festivo; la disciplina dettata dalle parti sociali per il lavoro prestato nelle festività lascia intendere che queste abbiano contemplato un vero e proprio diritto del datore di lavoro di richiedere prestazioni straordinarie in coincidenza con le festività infrasettimanali, che sono comunque considerate straordinarie. Si sostiene che dalle predette disposizioni contrattuali emergerebbe una deroga alle previsioni legali in materia di festività (Legge n. 260 del 1949, articolo 2) e specificamente emergerebbe il diritto del datore di lavoro di richiedere prestazioni straordinarie festive.

Il quarto motivo verte sulla violazione degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ., nonche’ dell’articolo 2697 cod. civ., per avere la sentenza omesso di considerare le pacifiche e non contestate deduzioni aziendali in ordine all’organizzazione del punto vendita di (OMISSIS) e segnatamente alla esistenza di una turnazione di lavoro (tale da assicurare l’apertura al pubblico per sette giorni alla settimana), alla informazione (data il 1.12.2003) a tutti gli addetti al punto vendita e alla (OMISSIS) stessa quale v.s. che lo spaccio sarebbe rimasto aperto al pubblico l’8 dicembre 2003 e il 6 gennaio 2004.

Il quinto motivo denuncia violazione di legge in relazione agli articoli 1460, 1175, 1375, 2094 e 2104 cod. civ.. Si chiede se, in ipotesi di eccezione “inadimptenti non est adimplendum”, l’articolo 1460 c.c., comma 2, imponga una valutazione del comportamento delle parti anche alla luce dei principi di buona fede e correttezza di cui agli articoli 1175 e 1375 cod. civ., norme che, nell’ambito del rapporto di lavoro, rendono necessario anche valutare il rispetto, da parte del lavoratore, degli obblighi di collaborazione con il datore di lavoro, sotto la direzione di questi e con la dovuta diligenza di cui agli articoli 2094 e 2014 cod. civ..

I primi tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente, in quanto vertenti su questioni connesse, sono infondati. Il Collegio intende ribadire il principio espresso da Cass. n. 16634/2005, secondo cui, atteso che la Legge n. 260 del 1949, come modificata dalla Legge n. 90 del 1954, relativa alle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, riconosce al lavoratore il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione di tali festività, regolando compiutamente la materia, non e’ consentita – ai sensi dell’articolo 12 preleggi – l’applicazione analogica delle eccezioni al divieto di lavoro domenicale e deve escludersi che il suddetto diritto possa essere posto nel nulla dal datore di lavoro, essendo rimessa la rinunciabilita’ al riposo nelle festività infrasettimanali solo all’accordo tra datore di lavoro e lavoratore (nella specie, questa Corte, cassando e decidendo nel merito, ha rigettato la domanda proposta dalla “Fondazione Teatro alla Scala di Milano” volta ad accertare l’obbligo dei tecnici di palcoscenico a svolgere, anche nelle festività infrasettimanali, la prestazione lavorativa a richiesta del datore di lavoro secondo i turni e l’organizzazione del lavoro e dei riposi normali).

Tale sentenza ha confermato la giurisprudenza secondo cui ai lavoratori viene riconosciuto il “diritto soggettivo” di astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose (Cass. n. 4435/2004, Cass. n. 9176/1997, Cass. n. 5712/1986). E’ stato, tra l’altro, osservato che: a) la possibilita’ di svolgere attivita’ lavorativa nelle festività infrasettimanali non significa che la trasformazione da giornata festiva a lavorativa possa avvenire per libera scelta del datore di lavoro; la rinunciabilita’ al riposo nelle festività infrasettimanali non e’ rimessa ne’ alla volonta’ esclusiva del datore di lavoro, ne’ a quella del lavoratore, ma al loro accordo; b) la Legge n. 260 del 1949, che ha individuato le festività celebrative di ricorrenze civili e religiose con il conseguente diritto del lavoratore di astenersi dal prestare lavoro in dette festività, e’ completa e non consente di fare ricorso al procedimento per analogia, non occorrendo ricercare un quid comune per integrare una lacuna dell’ordinamento; in particolare, non occorre accertare se sussista una identita’ di ratio tra “riposo settimanale” – o “riposo coincidente con la domenica” – e “riposo infrasettimanale” al mero fine di sostenere che il “riposo per le festività” – cosi’ come il “riposo domenicale” – non avrebbe funzione “di ristoro” bensi’ “di fruizione di tempo libero qualificato”, si’ da tentare impropriamente di utilizzare in sede interpretativa il procedimento analogico; c) la normativa sulle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose (Legge n. 260 del 1949) e’ stata emanata successivamente alla normativa sul riposo domenicale e settimanale (Legge n. 370 del 1934) e in essa non solo non sono state estese alle festività infrasettimanali le eccezioni all’inderogabilita’ previste ex lege esclusivamente per il riposo domenicale, ma con successiva norma (Legge n. 520 del 1952) e’ stato sancito che solo per “il personale di qualsiasi categoria alle dipendenze delle istituzioni sanitarie pubbliche e private” sussiste l’obbligo (=”il personale per ragioni inerenti all’esercizio deve prestare servizio nelle suddette giornate”) della prestazione lavorativa durante le festività (“nel caso che l’esigenza del servizio non permetta tale riposo”) su ordine datoriale in presenza, appunto (anche in questa specifica ipotesi), di “esigenze di servizio”; d) di conseguenza appare evidente, sotto qualsivoglia profilo, che non sussiste un obbligo “generale” a carico dei lavoratori di effettuare la prestazione nei giorni destinati ex lege per la celebrazione di ricorrenze civili o religiose e sono nulle le clausole della contrattazione collettiva che prevedono tale obbligo, in quanto incidenti sul diritto dei lavoratori di astenersi dal lavoro (cui e’ consentito derogare per il solo lavoratore domenicale); in nessun caso una norma di un contratto collettivo puo’ comportare il venir meno di un diritto gia’ acquisito dal singolo lavoratore (come il diritto ad astenersi dal lavoro nelle festività infrasettimanali), non trattandosi di diritto disponibile per le organizzazioni sindacali (Cass. n. 9176/1997 cit); e) il Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (in “attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro”) nulla aggiunge alla specifica normativa sulle festività infrasettimanali, in quanto la normativa comunitaria si riferisce espressamente al riposo settimanale ed alla possibilita’ che siffatto riposo (e non certo il diritto di astensione dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose) possa essere calcolato in giorno diverso dalla domenica.

A tali considerazioni, va pure aggiunto che dalla disciplina contrattuale di settore non emerge l’esistenza di alcuna previsione pattizia intesa a derogare alle norme di legge, essendo soltanto disciplinato il trattamento retributivo spettante in caso di prestazione lavorativa resa nel giorno festivo, ma non anche il diritto del datore di lavoro di esigere tale prestazione in difetto di consenso del lavoratore. Anche il quarto e il quinto motivo, da esaminare congiuntamente, sono infondati.

Il provvedimento del datore di lavoro, in difetto di un consenso del lavoratore a prestare la propria attivita’ nella festività infrasettimanale, determina la nullita’ dello stesso e integra un inadempimento parziale del contratto di lavoro, con la conseguenza che la mancata ottemperanza allo stesso provvedimento da parte del lavoratore trova giustificazione sia quale attuazione di un’eccezione di inadempimento (articolo 1460 cod. civ.), sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non producono effetti, non potendosi ritenere che sussista una presunzione di legittimita’ dei provvedimenti aziendali, che imponga l’ottemperanza agli stessi fino a un contrario accertamento in giudizio (cfr. Cass. n. 26920 del 2008; n. 1809 del 2002, v. da ultimo Cass. n.11927 de 2013).

Il ricorso va dunque respinto. Le spese sono liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, articolo 2.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in euro 2.000,00 per compensi e in euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge e 15% per rimborso spese forfettarie.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 345 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

Vedi tutti gli articoli di questo autore →