L’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato: i primi chiarimenti dell’inps sul beneficio degli 8.060 euro [E. Massi]

L’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato: i primi chiarimenti dell’inps sul beneficio degli 8.060 euro [E. Massi]

eufraniomassi_articoloLungamente attesa dagli operatori, il giorno 29 gennaio 2015, la circolare n. 17 dell’INPS ha fornito i primi chiarimenti amministrativi circa la fruizione dell’esonero contributivo previsto dall’art. 1, commi 118 e 119, della legge n. 190/2014. Nulla ha detto, al momento, il Dicastero del Lavoro (al di là di alcune risposte orali fornite dal Ministro del Lavoro e da due propri autorevoli rappresentanti di “vertice”, nel corso del Forum promosso dai Consulenti del Lavoro il 28 gennaio u.s.), delegando, forse, le interpretazioni all’Istituto che è anche organo erogatore degli incentivi.

Le assunzioni agevolate (art. 1, commi 118 e 119) riguardano tutti i rapporti a tempo indeterminato del settore privato (anche a tempo parziale, non essendo prevista alcuna specifica esclusione), instaurati tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2015: non c’è alcun specifico riferimento ai giovani, pur se, nella maggior parte dei casi, saranno loro ad esserne interessati.

La norma si riferisce ai datori di lavoro privati, ivi comprese le Agenzie di somministrazione e le società cooperative: da ciò si deduce che gli incentivi riguardano anche le assunzioni di chi non è impresa come, ad esempio, gli studi professionali, le associazioni e le fondazioni o come le aziende private che hanno, nel proprio capitale, una configurazione particolare in quanto a capitale pubblico. Per le società cooperative l’esonero contributivo è applicabile anche ai rapporti di lavoro subordinato instaurati in attuazione del vincolo associativo, come previsto dall’art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001. L’esclusione esplicita riguarda le Pubbliche Amministrazioni: la circolare n. 17, molto opportunamente, richiama la elencazione contenuta nell’art. 1, comma 2, del D.L.vo n. 165/2001.

Ma quali sono gli aspetti salienti?

Le nuove assunzioni a tempo indeterminato sono (con eccezione del contratto di apprendistato) agevolate: quando, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, sarà in vigore il Decreto Legislativo sul contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, postulato dalla legge n. 183/2014, (ciò avverrà, presumibilmente, nell’ultima settimana di febbraio) i benefici riguarderanno anche tale tipologia. Essa, destinata a sostituire “in toto” per i nuovi assunti l’ordinario contratto a tempo indeterminato (che, comunque, ripeto, è pienamente utilizzabile, ai fini dell’esonero, a partire dal 1° gennaio per le nuove assunzioni), ipotizzerà, appunto, le c.d. “tutele crescenti”, correlate all’anzianità del lavoratore che scatteranno, sotto forma di indennità di natura economica, in caso di licenziamento, fatte salve situazioni di nullità, discriminatorie o di risoluzioni disciplinari con motivazione palesemente insussistente, secondo la revisione prevista dell’art. 18 della legge n. 300/1970, dal quale il nuovo assetto normativo, prescinde. Infatti, il Decreto Legislativo, sarà una sorta di “micro sistema” del tutto autonomo ed indipendente dalla vecchia normativa (sia dell’art. 18, ma anche della legge n. 108/1990), destinata ad essere applicata alle risoluzioni datoriali concernenti tutti i lavoratori assunti a partire dalla sua entrata n vigore.

Per ben comprendere lo spirito che ha animato il Legislatore nella produzione di questa norma, è sufficiente soffermarsi sui contenuti della prima riga del comma 118: “Alfine di promuovere forme di occupazione stabile”. E’ un concetto che non bisognerà dimenticare per comprendere anche una serie di “aperture amministrative” (indubbiamente, condivise), contenute nella circolare n. 17 dell’INPS.

Le assunzioni incentivate non sono possibili per quei lavoratori che, negli ultimi sei mesi, sono stati titolari di un rapporto a tempo indeterminato o che sono stati in forza nei tre mesi antecedenti il 1° gennaio 2015, sempre a tempo indeterminato, in aziende collegate o controllate anche ex art. 2359 c.c., o anche correlate tra loro da rapporti interpersonali. Da ciò discende che potranno essere assunti a tempo indeterminato ed essere qualificabili come nuove assunzioni, i lavoratori che hanno in corso (o hanno avuto) anche con lo stesso datore, un rapporto a tempo determinato, un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, una associazione in partecipazione, un contratto intermittente, una prestazione di lavoro accessorio, una collaborazione occasionale o un contratto professionale a partita IVA. La circolare n. 17 ritiene che l’esonero possa esser applicato, qualora, ovviamente, ricorrano tutte le condizioni previste, anche alle assunzioni a tempo indeterminato di personale con qualifica dirigenziale, pur se, nello specifico, la regola prevalente per tali lavoratori è il contratto a tempo determinato con durata massima di cinque anni, rinnovabile, come chiaramente si evince dal D.L.vo n. 368/2001.

A tal proposito pongo la questione se i benefici possano essere riconosciuti in presenza di una conversione a tempo indeterminato di un contratto a termine (che, formalmente, non è una nuova assunzione, cosa che potrebbe comportare qualche problema operativo per il datore alla luce del contratto a tutele crescenti disciplinato dall’apposito Decreto Legislativo): la risposta fornita  dell’INPS al punto 4 della circolare n. 17 è positiva. Ovviamente, come accennavo pocanzi, qualche problema correlato al contratto a termine alla luce di ciò che dirà il Decreto sopra indicato, esiste, in quanto con la trasformazione si opera su un contratto esistente, togliendo il termine indicato, con la conseguenza che il rapporto viene ad essere disciplinato dalla legge in essere nel momento in cui lo stesso è iniziato. Pertanto, se il contratto è materialmente sorto prima della data di entrata in vigore del decreto delegato, è la legge del tempo a regolarlo (ad esempio, l’art. 18 se si è in presenza di un’impresa dimensionata oltre le quindici unità).

E’ appena il caso di sottolineare come il datore di lavoro (pur se la circolare n. 17 non ne ha fatto cenno) possa riottenere il contributo aggiuntivo dell’1,40%, se pagato, relativo al precedente contratto a tempo determinato, per tutte le mensilità di esecuzione dello stesso. La restituzione appare coerente anche con il nuovo dettato normativo che parla di “non cumulabilità con altri esoneri o riduzioni di aliquote di finanziamento previste dalla normativa vigente”, in quanto la stessa, prevista dall’art. 1, comma 135, della legge n. 147/2013, pur essendo di natura contributiva, riguarda il precedente rapporto che viene trasformato o ricostituito a tempo indeterminato.

Alcune questioni circa il riconoscimento della agevolazione in caso di assunzione a tempo indeterminato di lavoratori già in forza con un contratto a termine, sono state sollevate ma, a mio avviso, sono superabili.

L’art. 4, comma 12 della legge n. 92/2012, afferma che non può esser riconosciuto un beneficio allorquando l’assunzione scaturisca dal rispetto di un obbligo di precedenza per lo svolgimento di un’attività già svolta in un precedente rapporto (o più rapporti in sommatoria) con una durata complessiva superiore ai sei mesi: la circolare INPS n. 137 del 12 dicembre 2012 fu, sotto l’aspetto prettamente operativo, molto chiara.

Una soluzione parziale a questo problema (non convincente, appunto, perché parziale) sarebbe stata quella di riconoscere l’incentivo soltanto in caso di assunzione di lavoratori che con il precedente (o i precedenti) contratto non aveva superato la soglia dei sei mesi, oltre la quale scatta il diritto di precedenza.

A mio avviso, invece, l’agevolazione spetta in tutti i casi di precedenti contratti a termine a prescindere dalla durata, sulla base di una considerazione: il comma 118 dell’art. 1 della legge n. 190/2014 (norma successiva rispetto a quella del 2012) afferma, chiaramente, che “alfine di promuovere l’occupazione stabile …..” il limite alla fruizione dell’esonero relativamente alle nuove assunzioni riguarda soltanto “quelle relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro” ed, inoltre (ipotesi aggiuntiva) “l’esonero non spetta ai datori di lavoro in presenza di assunzioni relative a lavoratori in riferimento ai quali i datori di lavoro, ivi considerando società controllate o collegate ai sensi dell’art. 2359 c.c. o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, hanno comunque già in essere un contratto a tempo indeterminato nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge (ossia, il 1° ottobre 2014)”.

A ciò si aggiunga che, almeno per quel che riguarda i contratti a termine, qualcosa è cambiato dal 21 maggio 2014, data di entrata in vigore della legge n. 78: il datore di lavoro già nella lettera di assunzione deve ricordare al lavoratore l’esistenza del suo diritto. Ciò significa che, successivamente, non deve fare altro, atteso che l’interessato sarà libero o meno di esercitarlo entro i sei mesi successivi alla fine del rapporto o entro il minor arco temporale previsto dal contratto collettivo: la precedenza varrà dal momento in cui la sua esternazione (comportamento volontario ed attivo) giunge a conoscenza del datore. Tutto questo comporta che, pur nel limite semestrale di vigenza, se il prestatore non ha espresso la propria volontà nel momento in cui l’imprenditore deve operare l’assunzione, costui può, legittimamente, assumere chi vuole.

Nella circolare n. 17/2014 l’INPS non è ricorsa ai ragionamenti appena esplicitati ma, dopo aver ricordato, puntigliosamente, i contenuti e la validità di quanto scritto nell’art. 4, comma 12, 13 e 15 della legge n. 92/2012, ha chiaramente affermato che “ può fruire dell’esonero contributivo previsto dalla legge di stabilità 2015, il datore di lavoro che, in attuazione dell’obbligo previsto dall’art. 5, comma 4 – quater, del D.L.vo n. 368/2001, assuma a tempo indeterminato il lavoratore (con diritto di precedenza) con il quale, nel corso dei dodici mesi precedenti, ha avuto uno o più rapporti a termine per un periodo complessivo di attività superiore a sei mesi. Restando, sempre, nell’ambito del rapporto a tempo determinato, sottolineo che, il beneficio dell’esonero è, ovviamente, riconosciuto, in caso di assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore che, avendo avuto un rapporto inferiore ai sei mesi, non ha acquisito alcun diritto di precedenza.

Ha ugualmente, diritto all’esonero “il datore di lavoro privato che, nella sua qualità di acquirente o affittuario di azienda o di ramo aziendale, in attuazione dell’obbligo previsto dall’art. 47, comma 6, della legge n. 428/1990, entro un anno dalla data del trasferimento aziendale, assuma a tempo indeterminato lavoratori (con diritto di precedenza) non passati alle sue dipendenze”.

Da quanto appena detto va evidenziato come, in quella logica di occupazione stabile di cui parlavo pocanzi, la legge n. 190/2014 sia speciale, rispetto alla legge n. 92/2014, con la conseguenza che l’incentivo è riconosciuto anche allorquando l’assunzione derivi anche dal rispetto di un obbligo: i limiti di fruizione sono l’aver avuto negli ultimi sei mesi un rapporto a tempo indeterminato o essere stato in forza nel periodo 1° ottobre 2014 – 1° gennaio 2015 in società collegate o controllate anche per interposta persona dallo stesso soggetto, o i cui pacchetti azionari o di quote societarie, valutabili anche con i criteri dell’art. 2359 c.c., siano in mano di società che nelle assemblee esercitano un controllo dominante.

Un discorso leggermente diverso va, a mio avviso, fatto, relativamente al requisito dei sei mesi precedenti senza alcun rapporto a tempo indeterminato, per il contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato. Come è noto, tale tipologia è “sui generis” nel senso che, a prescindere dalla durata ipotizzata “a monte”, la prestazione lavorativa è strettamente subordinata alla “chiamata” dell’imprenditore, per cui potrebbe anche verificarsi che, a fronte di un contratto a tempo indeterminato, siano estremamente poche le volte in cui il lavoratore presta la sua attività.

Si potrebbe pensare, ai fini del rispetto del requisito semestrale (ma qui la parola spetta al Ministero del Lavoro ed all’INPS) che, sulla falsariga del concetto di “occupazione stabile” fornito dal Dicastero del Welfare con la circolare n. 18/2014 in ordine alla computabilità della percentuale legale del 20% relativa ai contratti a termine, possano rientrare nella fattispecie del precedente rapporto a tempo indeterminato stipulato nei sei mesi antecedenti come requisito ostativo all’assunzione agevolata, soltanto i contratti di lavoro intermittenti a tempo indeterminato per i quali il datore di lavoro riconosce l’indennità di disponibilità prevista dall’art. 36 del D.L.vo n. 276/2003. Con la circolare n. 17, in ogni caso, viene riconosciuto il diritto alla agevolazione in caso di assunzione di un lavoratore intermittente, sia a tempo determinato che indeterminato.

Le agevolazioni previste riguardano la sola quota contributiva a carico del datore di lavoro (con esclusione dei premi INAIL, cosa che, invece, era prevista dall’art. 8, comma 9, della legge n. 407/1990). La quota incentivata è per un massimo di 8.060 euro all’anno per un triennio e  comprende anche i c.d. “contributi minori”, in quanto la norma utilizza l’aggettivo “complessivi”. L’INPS al punto 8 della circolare n. 17 ha chiarito che le eccezioni all’ambito di applicazione dell’esonero riguardano:

a)      i premi ed i contributi INAIL, come previsto dal comma 118;

b)      il contributo al fondo per l’erogazione ai dipendenti del settore privato del TFR, previsto dal comma 755 dell’art. 1 della legge n. 296/2006, a causa della esclusione dall’applicazione degli sgravi contributivi avvenuta attraverso il comma 765;

c)      il contributo, ove dovuto, ai fondi bilaterali previsti dall’art. 3, commi 3, 14 e 19, della legge n. 92/2012, per effetto della esplicita dizione adoperata dal successivo comma 25.

Per quel che riguarda i rapporti a tempo parziale nella forma verticale, orizzontale o mista, la misura massima degli 8.060 euro va rapportata in diminuzione con riferimento alla base della durata dell’orario ridotto in rapporto alla previsione legale (40 ore) o a quella della contrattazione collettiva. Lo stesso discorso la circolare lo riserva ad una tipologia contrattuale quella del “job sharing” che, pur prevista dagli articoli 41 e seguenti del D.L.vo n. 276/2003, è assai poco sviluppata nel nostro Paese.

La gestione della fruizione del beneficio degli 8.060 euro è stata ipotizzata dall’Istituto, secondo un criterio con tetto mensile, in base al quale i datori di lavoro interessati possono contare, per ogni lavoratore, su una agevolazione massima di 671,66 euro che rappresentano 1/12 di 8.060: per i rapporti instaurati o risolti durante il mese, la soglia massima va riproporzionata avendo quale riferimento la misura di 22,08 euro che è la risultante di 8.060: 365 giorni, per ogni giornata di godimento dell’esonero. Qualora i contributi “sgravati” di un mese siano inferiori alla quota di 671,66 euro, il residuo viene accantonato  per essere utilizzato in mesi successivi nei quali si supera la soglia per effetto, ad esempio, di lavoro straordinario o di corresponsione di un premio di produttività. Se in un mese la contribuzione dovesse essere superiore ai 671,66 euro, il datore di lavoro dovrà versare l’eccedenza anche se la contribuzione annua complessiva, alla fine dei dodici mesi di riferimenti, sia inferiore ad 8.060 euro. Forse, si poteva utilizzare una soluzione migliore, magari, ipotizzando, a livello informatico, un “contatore” e, in ogni caso, prevedendo un conguaglio di fine anno.

Se mi è consentito un breve commento, ritengo che l’incentivo appena citato e la deduzione totale, da “godere” a partire dal 2016, del costo del personale in forza a tempo indeterminato ai fini dell’IRAP, rappresentino il “carburante” per cercare di rilanciare l’occupazione attraverso rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato che, sotto l’aspetto della mera riduzione dei costi, sono fortemente competitivi rispetto ad altre forme incentivanti presenti nel nostro ordinamento.

I commi 20 e seguenti della legge n. 190/2014, prevedono, infatti, un ulteriore vantaggio che è rappresentato dalla possibilità di scomputare dalla base di calcolo per l’IRAP le spese del personale sostenute per i contratti a tempo indeterminato (nel campo di applicazione rientrano anche l’apprendistato che è un contratto a tempo indeterminato – art. 1, comma 1, del D.L.vo n. 167/2011 – e, per scelta del Legislatore, anche i contratti a termine degli operai agricoli). La deduzione IRAP, la cui decorrenza è prevista per il periodo successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, si tradurrà in un risparmio a partire dal 2016. E’ lo stesso Legislatore ad individuare le imprese interessate dalla deduzione IRAP che sono:

Vai a pagina 2 »»

Pages: 1 2

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 345 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

Vedi tutti gli articoli di questo autore →