Le integrazioni salariali straordinarie attraverso il Fis

Con il D.M. n. 33 il Ministero del Lavoro interviene su alcuni punti del nuovo D.L.vo n. 148/2015 e chiarisce le novità, soprattutto in relazione alla utilizzazione della CIGS attraverso il FIS

Le integrazioni salariali straordinarie attraverso il Fis

Con il D.M. n. 33, datato 25 febbraio 2022, registrato alla Corte dei Conti il successivo 14 marzo, il Ministero del Lavoro interviene su alcuni punti del nuovo D.L.vo n. 148/2015, modificato dalle numerose interpolazioni avvenute con la legge n. 234/2021, e chiarisce le novità, soprattutto in relazione alla utilizzazione della CIGS attraverso il FIS.

Occorre dar atto al Dicastero del Lavoro di essere intervenuto, prontamente, a declinare, attraverso il D.M. appena citato, i chiarimenti necessari, i quali si inseriscono all’interno del D.M. n. 34033/2016 che per gli operatori che si occupano della materia rappresenta una sorta di “Bibbia” da seguire per poter, poi, avere una sollecita approvazione per gli interventi richiesti.

Ma andiamo con ordine.

La CIGS e le relative causali attraverso il FIS

Le richieste di integrazione salariale straordinaria attraverso il Fondo di integrazione salariale (FIS) sono del tutto nuove: il D.M. n. 33/2022 allorquando nelle premesse al testo richiama “l’art. 1, comma 207, lettera a) che introduce all’art. 29 del D.L.vo n. 148/2015, il comma 3-bis il quale, nel testo modificato dall’art. 23, comma 1, lettera i) del D.L. n. 4, prevede che l’assegno di integrazione salariale possa essere riconosciuto dal FIS in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste dalla normativa vigente in materia di integrazioni salariali, quindi anche le causali straordinarie oltre che le causali ordinarie”, amplia il campo di applicazione anche ai datori di lavoro che hanno meno di 16 dipendenti (gli altri rientrano nel campo di applicazione della CIGS “normale” secondo la previsione del comma 3-bis dell’art. 20).

Va, da subito, chiarito che la gestione degli interventi straordinari è di spettanza dell’INPS, che la durata complessiva, compresi anche gli eventuali interventi integrativi ordinari, è di 26 settimane nel biennio mobile e che le prestazioni sono erogate attraverso l’assegno di integrazione salariale il cui importo è del tutto simile a quello in essere, che è individuato dall’art. 3, comma 5-bis e che per l’anno in corso, a seguito delle precisazioni contenute nella circolare dell’Istituto n. 26/2022, presenta un massimale lordo pari a 1.222,51 euro che, al netto, è di 1.151,12. 

La CIGS attraverso il FIS per la causale della riorganizzazione

Il nuovo articolo 1-bis del D.M. n. 94033 del 13 gennaio 2016, che si inserisce nel vecchio “corpus” per effetto del D.M. n. 33/2022, individua i criteri per chiedere l’integrazione straordinaria per riorganizzazione: esso riecheggia, con alcune specifiche novità (ad esempio quella degli investimenti per la riorganizzazione che non sono ancorati agli specifici indici in uso per le altre imprese), quelli in essere per la riorganizzazione delle aziende industriali già individuate, fino a prima della riforma, dal comma 1 dell’art. 20. Essi riguardano:

  1. Il programma che deve essere volto a fronteggiare le inefficienze legate alla gestione, all’attività commerciale, alla produzione o alla prestazione di servizi, anche attraverso un processo di transizione con interventi idonei sotto l’aspetto tecnologico o digitale. Il programma deve indicare gli investimenti per la sua attuazione, le eventuali iniziative formative di riqualificazione professionale, il potenziamento delle competenze: il tutto nell’ottica di un consistente recupero occupazionale;
  2. Le sospensioni debbono essere coerenti con il programma di riorganizzazione;
  3. Il datore di lavoro deve presentare un piano per la gestione non traumatica delle possibili eccedenze occupazionali, gestibili anche attraverso l’utilizzazione di programmi formativi e di riqualificazione.

Tutti gli elementi, comprensivi dei dati di natura economica ed organizzativa, sono autocertificati ex art. 47 del D.P.R. n. 445/2000, sulla base di modelli standardizzati messi a disposizione dall’INPS.

Prima di procedere all’esame delle altre causali occorre effettuare alcune considerazioni, premettendo che la circolare n. 6 del 18 marzo 2022 del Ministero del Lavoro che, peraltro si dilunga su altri argomenti particolarmente importanti come la CIGS per transizione, non abbia detto sulla sull’argomento, proprio perché, sarà l’INPS a dettare i chiarimenti amministrativi: in attesa degli stessi, ritengo opportuno ipotizzare alcune delucidazioni.

Per il calcolo della media dei dipendenti occorre far riferimento al personale in forza nel semestre antecedente la presentazione dell’istanza ed i 15 dipendenti, intesi come limite massimo, vanno desunti dalla Forza aziendale mensile ricavabile dall’Uniemens.

Nel computo rientrano tutti i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, i lavoranti a domicilio, gli apprendisti, i lavoratori a tempo parziale (“pro quota” in relazione all’orario svolto), gli intermittenti (in relazione alle giornate di effettivo lavoro degli ultimi sei mesi), i dipendenti con contratto a termine (in caso di sostituzione si computa il sostituto), i lavoratori a domicilio ed i dirigenti, pur non rientrando questi ultimi nel campo di applicazione della CIGS. Non sono, ovviamente, calcolabili coloro che non sono dipendenti del datore di lavoro come i somministrati, i collaboratori ex art. 2 del D.L.vo n. 81/2015 e quelli ex art. 409, comma 1, n. 3, c.p.c., nonché i titolari di partite IVA ed i collaboratori autonomi occasionali ex art. 2222 c.c. .

Per poter fruire della integrazione salariale occorre una anzianità nell’unità produttiva interessata pari ad almeno 30 giorni di lavoro effettivo (nel computo sono compresi i giorni di ferie, di malattia, di infortunio e quelli di astensione obbligatoria).

Il terzo chiarimento riguarda il limite delle ore integrabili: va rispettato, come per ogni integrazione salariale straordinaria, quello dell’80% delle ore lavorabili nell’unità produttiva, durante tutto l’arco temporale interessato dal programma.

Il quarto problema da risolvere riguarda la gestione non traumatica delle possibili eccedenze occupazionali. La frase, a mio avviso, sta a significare che è possibile trovare soluzioni concordate sulla scorta di un criterio, ove il licenziamento dei lavoratori eccedentari avvenga in maniera “non oppositiva”, ossia in adesione all’accordo sulla volontarietà siglato dalle parti. Ovviamente, ci sono anche altre situazioni nelle quali, legittimamente, si può riscontrare la “non traumaticità”: ci si riferisce, a dimissioni, accompagnate da incentivi all’esodo, a pensionamenti volontari anticipati, a risoluzioni consensuali, a trasferimenti in altre aziende, ad esternalizzazione di attività con il coinvolgimento di parte dei lavoratori, e così via.

La quinta questione riguarda il “consistente recupero occupazionale”: cosa si può intendere con questa frase?

Il pensiero corre alla previsione dell’art. 1, lettera f) del D.M. n. 94033/2016 ove viene indicata la percentuale del 70% dei lavoratori interessati alla sospensione o alla riduzione di orario. In tale percentuale, recita il D.M. appena citato, si intendono compresi i lavoratori sospesi che rientrano, quelli riassorbiti all’interno di altre unità produttive della stessa impresa o di altre aziende, e quelli che, nell’ottica della gestione non traumatica delle eccedenze, hanno, con varie motivazioni, abbandonato il posto di lavoro (accettazione del licenziamento, dimissioni o risoluzioni consensuali incentivate, pensionamento anticipato, ecc.).

La CIGS attraverso il FIS per la causale della crisi aziendale

Il nuovo articolo 2-bis del D.M. n. 94033/2016, inserito dal D.M. n. 33/2022, tratta la causale di crisi aziendale per le imprese ricadenti nel FIS, sia quella dovuta ad un andamento involutivo che quella improvvisa, derivante da fatti indipendenti dalla volontà dell’imprenditore come, ad esempio, quelli derivanti dalla guerra tra Russia e Ucraina con le conseguenti sanzioni.

L’articolato ricalca, in gran parte, ciò che, a suo tempo, è stato definito per la CIGS con causale crisi per le imprese che ne usufruiscono da tempo.

Si parte con una relazione autocertificata dell’imprenditore e dalla utilizzazione dei moduli standardizzati preparati dall’INPS ai quali si è fatto cenno pocanzi. Essa deve contenere le motivazioni che hanno portato alla criticità della situazione, cosa riscontrabile dalla diminuzione degli ordini, delle commesse, dal decremento delle vendite, dalla contrazione dei servizi e dell’attività produttiva che ha portato a dati negativi riguardanti il fatturato ed il bilancio relativo all’anno precedente, con la fornitura degli elementi economici relativi a tali ultime voci.

Il ridimensionamento o l’eventuale stabilità dell’organico riferito al semestre precedente non deve essere accompagnato da assunzioni per le quali il datore fruisce di agevolazioni economiche e contributive. Di per se stesso, le assunzioni di altro personale durante la crisi aziendale non sono escluse (si potrebbe, ad esempio assumere taluni lavoratori interessati a procedure di rilancio dell’azienda o finalizzati ad acquisire nuovi clienti) ma, il tutto va spiegato e deve essere coerente con la situazione generale e compatibile con lo spirito dell’assegno di integrazione salariale.

Nella relazione va specificato il piano di risanamento che si intende portare avanti e come si intende superare la fase di squilibrio per poter continuare l’attività e, in caso di eccedenze occupazionali (cosa ampiamente prevedibile) come si intenda affrontarle attraverso una gestione che deve essere non traumatica. Questo ultimo “refrain” ci rimanda alle considerazione sui mezzi possibili già esposti per la causale di riorganizzazione.

Ma, come dicevo pocanzi, in perfetto “pendant” con la crisi aziendale già in uso per le aziende destinatarie del trattamento di CIGS, il D.M. n. 33 ha ipotizzato anche la possibilità di concedere l’assegno di integrazione salariale in presenza di una situazione imprevista ed imprevedibile, rispetto alla quale il datore di lavoro si trova nella situazione della sua assoluta ingovernabilità del fenomeno: la fattispecie che tutti noi abbiamo sotto gli occhi, in questi giorni, è la crisi ucraina con le sanzioni e lo stop sia alle importazioni che alle esportazioni. In questi casi, ovviamene, l’imprenditore non deve dimostrare alcun andamento involutivo relativo all’ultimo periodo ed anche la questione delle assunzioni, magari agevolate, avvenute. La rapidità degli eventi di crisi postula, unicamente, la presentazione di un piano finalizzato a superare la crisi anche con la ricerca di nuovi mercati e, se necessario, un iter per la gestione non traumatica delle eventuali eccedenze occupazionali, secondo i criteri già descritti allorquando si è trattata la causale della riorganizzazione. 

La CIGS attraverso il FIS per la causale di solidarietà    

La normativa di riferimento prevista dal comma 5 dell’art. 21 è stata completamente sostituita dal 1° gennaio 2022, dalle previsioni inserite nell’art. 1, comma 199, lettera d) della legge n. 234/2021.

Il D.M. n. 94033, richiamato dal D.M. n. 33 che ha inserito nel “corpus” l’art. 4-bis, chiarisce che l’accordo aziendale per le aziende che rientrano nel campo di applicazione del FIS, va sottoscritto con le organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale: a livello aziendale le stesse sono soltanto le “loro” RSA (art. 51 del D.L.vo n. 81/2015) o la RSU. Esso deve ipotizzare una riduzione di orario alfine di evitare in tutto o in parte i licenziamenti.

L’art. 4-bis sottolinea come, trovino applicazione le modalità applicative degli articoli 3 e 4 del D.M. 94033 per quanto compatibili anche in relazione alla previsione delle comunicazioni che andranno effettuate soltanto all’INPS che è l’Ente che autorizza l’erogazione dell’assegno di integrazione salariale. Di conseguenza, le brevi riflessioni che seguono si rifanno ai due articoli sopra citati, in attesa delle indicazioni amministrative che, sicuramente, a breve, perverranno dall’Istituto.

Nell’accordo collettivo l’esubero va quantificato e motivato: il contratto di solidarietà non è applicabile all’edilizia in caso di fine lavoro o fase lavorativa e, quindi, in tale specifico settore, se l’accordo riguarda i “lavoratori permanenti” questi vanno riportati nominativamente nell’accordo, distinguendoli da quelli di cantiere. Il contratto di solidarietà non è previsto per i lavoratori con contratto a termine legati ad esigenze stagionali ed è ammissibile per i c.d. “lavoratori a tempo parziale” strutturali nella organizzazione del lavoro: per costoro risulta ipotizzabile la ulteriore riduzione di orario.

In caso di minore ricorso alla solidarietà, per sopravvenute esigenze lavorative, il datore di lavoro, ricorda il D.M. n. 94033, deve darne notizia all’INPS (ma non alla Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali del Ministero del Lavoro che non è competente sulla materia): nell’ipotesi di una maggiore riduzione occorre, invece, un nuovo accordo. Ai fini della gestione complessiva del contratto ricordo che, in via generale, i lavoratori in solidarietà non possono effettuare prestazioni straordinarie.

In base alle nuove disposizioni la riduzione di orario media aziendale programmata su base giornaliera, settimanale o mensile può arrivare fino all’80% con punte, correlate al singolo lavoratore pari al 90% (prima le percentuali erano, rispettivamente al 60% ed al 70%). Il trattamento salariale perduto a seguito di riduzione oraria va calcolato al netto degli aumenti retributivi intervenuti a seguito di accordi collettivi aziendali raggiunti nei 6 mesi antecedenti la richiesta (ciò per evitare un possibile uso capzioso della norma), mentre non rilevano gli aumenti derivanti dal rinnovo del CCNL. Nell’accordo collettivo vanno individuate le modalità, in presenza di un aumento del lavoro, di aumento dell’attività svolta con orario ridotto: tutto ciò comporta una riduzione corrispondente del trattamento di integrazione salariale.

Il contratto di solidarietà può essere stipulato dalle parti interessate anche in una azienda che, in procedura concorsuale, sia stata ammessa alla continuazione dell’attività: ovviamente, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti richiesti. Le quote di accantonamento del TFR concernenti la retribuzione persa a seguito della riduzione di orario sono a carico della Gestione INPS  relativa agli interventi assistenziali e di sostegno (art. 37 della legge n. 88/1989) con una eccezione, derivante dalla abrogazione della legge n. 464/1972, che riguarda i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o al termine di una procedura collettiva di riduzione di personale, avvenuti entro 90 giorni dal termine del periodo integrativo, o entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione di un ulteriore trattamento integrativo straordinario (ad esempio, CIGS per crisi aziendale) concesso entro 120 giorni dal termine del trattamento precedente (tutto questo è scritto nel nuovo comma 5 dell’art. 21).

Il contratto di solidarietà difensivo postula che per tutta la durata i licenziamenti collettivi restino “bloccati” ma il Dicastero del Lavoro, da tempo, ha ammesso la possibilità che durante lo stesso possano essere previsti anche con accordo sindacale “licenziamenti non oppositivi” paragonabili, nella sostanza, a risoluzioni consensuali (per le quali non viene riconosciuta la NASPI) o a “licenziamenti accettati” (per i quali è dovuta, invece, l’indennità di disoccupazione) o a licenziamenti collettivi il cui criterio, individuato al termine della procedura ex lege n. 223/1991 rimasta “aperta”, sia quello della volontarietà. 

 Considerazioni finali relative ai controlli ispettivi

L’INPS, nella circolare che dovrà emanare sull’argomento, dovrà, a mio avviso, affrontare la questione dei controlli ispettivi sui programmi che debbono accompagnare le istanze per le varie causali. Attualmente, infatti, gli organi di vigilanza degli Ispettorati territoriali del Lavoro operano sulla scorta delle indicazioni fornite, per la CIGS dagli organi ministeriali, essenzialmente ma non solo, con la circolare n. 27/2016.

Quelle indicazioni non possono essere, automaticamente, ricondotte ai controlli sulle varie ipotesi di CIGS del FIS, la cui competenza esclusiva è dell’INPS. Probabilmente, l’Istituto provvederà ad effettuare i controlli “in itinere”, se necessario, in autonomia: qualora intendesse ricorrere alla collaborazione degli ITL, magari alla luce delle norme che regolano i rapporti dell’Agenzia Nazionale del Lavoro – Ispettorato Nazionale del Lavoro, dovrà affermarlo con chiarezza e, magari, sottoscrivere appositi protocolli di indirizzo.  

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 323 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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