Il rebus dell’informazione sindacale per le integrazioni salariali del “Sostegni ter”

L'esperto Eufranio Massi torna sul tema dell'informazione e consultazione sindacale per le integrazioni salariali del Sostegni ter

Il rebus dell’informazione sindacale per le integrazioni salariali del “Sostegni ter”

Ho già avuto modo di esporre, su questo blog, le mie riflessioni sulla c.d. “integrazione salariale scontata” prevista per le imprese in difficoltà appartenenti ai settori individuati dal codice ATECO inseriti nell’Allegato 1 al D.L. n. 4/2022.

Le difficoltà operative sono molteplici ed esse sono state affrontate a più riprese dall’INPS sia con la circolare n. 18 che con il messaggio n. 606 dell’8 febbraio u.s. con il quale, in considerazione delle difficoltà di natura procedurale riguardanti il programma Cigweb, il termine ultimo per la presentazione delle istanze riferite a sospensioni o riduzioni di orario intervenute tra il 1° gennaio ed il 7 febbraio è stato spostato al 23 febbraio e non al quindicesimo giorno successivo, come afferma l’art. 15 del D.L.vo n. 148/2015. Tale differimento segue quello già comunicato con la circolare n. 18 che aveva procrastinato al 16 febbraio l’inoltro delle domande relative alle riduzioni d’orario ed alle sospensioni intervenute nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 1° febbraio.

Ma, la questione, parimenti importante, relativa alla informazione e consultazione sindacale che, secondo il dettato dell’art. 14 del D.L.vo n. 148/2015 (applicabile sia alla CIGO che al FIS), deve essere preventiva, fatica a trovare una soluzione pur a fronte degli sforzi interpretativi dell’Istituto il quale, in mancanza della usuale documentazione, chiede che sia allegata ad ogni istanza, una dichiarazione delle organizzazioni sindacali attestante la regolarità della procedura. In mancanza, l’INPS si riserva di chiederla, successivamente, prima della emanazione del provvedimento di concessione, attivando il c.d. “supplemento istruttorio”, previsto dal D.M. 95442/2016, con il prevedibile allungamento dei tempi per la fruizione dei ristori economici per i personale coinvolto che vanno anticipati dai datori di lavoro, fatto salvo il caso delle difficoltà economico-finanziarie documentate ed accertate dall’Istituto.

Alcune riflessioni si rendono necessarie.

Se l’interpretazione dell’INPS si può comprendere atteso che la norma parla di informazione e consultazione preventiva e nessun funzionario pubblico può prendersi la briga di affermare la validità di una procedura ex post, pena una possibile responsabilità erariale, magari attivata dagli organi di controllo a distanza di anni, essa, di fatto, scarica, cosa non giusta, la responsabilità sulle rappresentanze sindacali interne all’azienda (ove esistenti) o su quelle territoriali “comparativamente” più rappresentative sul piano nazionale che dovrebbero asseverare una cosa che, nella stragrande maggioranza dei casi, non è vera.

E, poi, ve lo immaginate un piccolo datore di lavoro che, per una istanza iniziata integrazione salariale iniziata ai primi di gennaio, che magari ha in forza pochissimi dipendenti o, addirittura, uno soltanto e dove, non è presente la RSU o la RSA, che va presso le sedi delle organizzazioni “comparativamente” più rappresentative a chiedere la certificazione?

E, poi, a che titolo soggetti privati quali sono i rappresentanti sindacali a tutti i livelli, dovrebbero rilasciare una dichiarazione non vera (regolarità della procedura secondo le indicazioni fornite dall’art. 14)?

La questione nasce da una disposizione, contenuta nell’art. 7 del D.L. n. 4/2022 che è uscito il Gazzetta Ufficiale il 27 gennaio u.s. e che prevede l’integrazione salariale, senza il pagamento di alcun contributo addizionale per il periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 marzo.

Come si poteva effettuare informazione ed una comunicazione preventiva alle organizzazioni sindacali se non c’era neanche il provvedimento?

Ricordo che nella prima decade dello scorso mese si parlava, tra le altre cose, di possibile proroga della Cassa COVID e non si aveva a disposizione alcuna bozza del provvedimento che è, poi, venuto alla luce il 27 gennaio.

Forse si poteva utilizzare l’ipotesi dell’evento oggettivamente non evitabile (art. 14, comma 4) con comunicazione alle organizzazioni sindacali entro 3 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione di orario con termine della consultazione nei 5 giorni successivi, ma questa adoperata durane le chiusure COVID-19 dovute ai provvedimenti correlati alle “fasce rosse ed a quelle arancione” appare difficilmente applicabile ad integrazioni salariali ove si parla di riduzioni e sospensioni di attività senza alcun riferimento alla pandemia che, peraltro, appare sempre sullo sfondo. Del resto, non mi sembra che l’INPS nei suoi chiarimenti amministrativi abbia mai fatto cenno a tele ipotesi.

La realtà è che il testo dell’art. 7 non è scritto bene in quanto, prevedendo interventi di sostegno con data anticipata (1° gennaio) rispetto a quella di entrata in vigore (27 gennaio) non ha detto nulla rispetto alla informazione e consultazione sindacale che debbono avvenire in via preventiva (elemento essenziale della procedura), cosa che, in moltissimi casi, non può avvenire.

Ora, mi chiedo, “rebus sic stantibus”, quale può essere la soluzione?

Un intervento “tecnico” di un Dirigente del Ministero del Lavoro finalizzato ad escludere o posticipare, in via eccezionale, l’informazione e la consultazione sindacale non è probabile, atteso che eventuali profili di responsabilità erariale che ho previsto, come possibili, per la struttura dirigenziale dell’Istituto, ricadrebbero su di esso.

La soluzione, possibile e praticabile al momento, finalizzata ad evitare ingolfamenti e reiezioni di istanze è, a mio avviso, quella di una nota proveniente direttamente dal Ministro del Lavoro, responsabile politico, con la quale si preannunci la presentazione di un emendamento del Governo al testo dell’art. 7, sulla scorta di quanto già chiesto dalle parti sociali, con il quale si consenta l’espletamento ex post della procedura e del conseguente invio: nelle more, l’Istituto dovrebbe esaminare le istanze e procedere all’emissione del provvedimento, prevedendo un sua sospensione fino alla ricezione della “certificazione ex post” relativa all’iter.

Questa mi sembra l’unica via percorribile che tiene in debito conto sia il rispetto della normativa che le esigenze dei lavoratori che non possono essere disattese.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 324 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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