Il contratto a tempo determinato e la somministrazione a termine dopo la legge N. 106/2021

Le novità sono contenute nell’art. 41-bis del D.L. n. 73 ove alle causali legali ne sono state aggiunte altre che fanno riferimento (lettera b-bis) a “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51”

Il contratto a tempo determinato e la somministrazione a termine dopo la legge N. 106/2021

Ho già avuto modo di affrontare, su questo blog, le novità in materia di contratto a tempo determinato e somministrazione che il Parlamento si accingeva ad approvare in sede di conversione del D.L. n. 73 (cosa avvenuta con la legge n. 106, che ha introdotto nel “corpus” del D.L. n. 73 l’art. 41-bis).

Quella riflessione, effettuata su un testo non ancora definitivo era, chiaramente, illustrativa: ora, sulla base degli articoli convertiti, ritengo necessario effettuare un maggiore approfondimento, atteso che le questioni che le nuove norme sollevano sono molteplici.

Le novità sono contenute nell’art. 41-bis ove alle causali legali, già previste dal comma 1 dell’art. 19 del D.L.vo n. 81/2015 ne sono state aggiunte altre che fanno riferimento (lettera b-bis) a “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51”.

Ma questa non è la sola novità in quanto il Legislatore, dopo il comma 1, ha introdotto il comma 1.1, il quale afferma che: “Il termine di durata superiore a 12 mesi ma, comunque, non eccedente i 24, può essere apposto ai contratti di lavoro subordinato qualora si verifichino specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di lavoro di cui all’art. 51, ai sensi della lettera b-bis) del medesimo comma 1, fino al 30 settembre 2022”.

Cosa significa tutto ciò e, soprattutto, le due disposizioni sono tra loro correlate?

La risposta, a mio avviso, non può che ricondurre le questioni ai lavori parlamentari che, in questo caso, ci aiutano a comprendere meglio l’origine delle due disposizioni che sono state inserite nella legge di conversione, approvata con il voto di fiducia, attraverso le due modifiche introdotte in sede di Commissione Lavoro della Camera.

Con un emendamento presentato dal PD è stata introdotta, in via strutturale (e, quindi, assolutamente non legata alla data del 30 settembre 2022), una nuova ipotesi che affida alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare “specifiche esigenze” per l’apposizione delle causali: esse si affiancheranno (una volta individuate dai contratti collettivi) a quelle introdotte, con il c.d. “Decreto Dignità” (D.L. n. 87), nel 2018 e che si considerano di natura “legale” e che tante critiche hanno sollevato, sul piano strettamente operativo, tra gli “addetti ai lavori” per la loro difficoltà di inserimento (con l’unica eccezione che si riferisce alla sostituzione di lavoratori assenti). Tutto questo ha portato, sovente, ad una sorta di “carosello delle assunzioni” ove i datori di lavoro, soprattutto per le qualifiche a basso contenuto professionale, hanno sottoscritto con i singoli lavoratori soltanto il primo contratto “a-causale” di durata massima non superiore ai 12 mesi, non lo hanno rinnovato o prorogato (dovendo inserire una delle condizioni previste dall’art. 19) ed hanno assunto altri lavoratori facendo loro firmare il primo contratto a tempo determinato che è possibile senza l’apposizione di alcuna condizione. Per tale ragione, nel corso del 2020 e, poi, nel 2021, grazie all’art. 17 del D.L. n. 41/2021, è stata concessa dal Legislatore la possibilità di rinnovare o prorogare per una sola volta, senza condizioni, per un massimo di 12 mesi, nell’ambito dei 24 complessivi, un contratto a termine o in somministrazione.

Con un altro emendamento, a firma Movimento 5 Stelle, due giorni dopo è stata approvata un’altra norma con la quale, fino al 30 settembre 2022 (e, quindi, disposizione non strutturale, destinata a cadere al raggiungimento della data) si intende affidare alla contrattazione collettiva come sopra evidenziata, la possibilità di facilitare un’occupazione di qualità attraverso contratti a termine di durata superiore (anche di un giorno) a 12 mesi. Si tratta, quindi, di contratti a durata minima garantita che, quantomeno sotto l’aspetto della stabilità, assicurano ai lavoratori una durata dei rapporti non da “mordi e fuggi”. Probabilmente, chi ha presentato il secondo emendamento aveva l’intenzione di ridurre, temporalmente, l’efficacia delle condizioni dettate dall’autonomia collettiva con l’inserimento della data del 30 settembre 2022 e con la previsione della loro durata superiore all’anno ma, a mio avviso, la “vita” delle due disposizioni non è assolutamente correlata.

La prima, infatti, viene inserita a pieno titolo tra le ipotesi che possono prevedere condizioni al contratto a tempo determinato e non è soggetta ad alcuna limitazione temporale così come è per le c.d. “causali legali”, mentre la seconda (che, tra l’altro, si trova in un altro comma) si limita a prevedere fino al 30 settembre 2022 la possibilità di stipulare un contratto sulla base di specifiche esigenze dettate dalla contrattazione collettiva la cui durata, però (ed è per questo che, pocanzi, l’ho definita “a durata minima garantita”), deve essere superiore ai 12 mesi.

L’esame che segue parte, quindi, dalla prima novità che è costituita dalle “specifiche esigenze” dettate dalla contrattazione collettiva che il Legislatore ricollega all’art. 51 del D.L.vo n. 81/2015.

I soggetti legittimati alla sottoscrizione degli accordi sono le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, territoriale, o, a livello aziendale, le “loro ‘RSA’” o la RSU. L’obiettivo appare evidente: si è cercato di evitare che associazioni sindacali poco rappresentative potessero sottoscrivere accordi su questa materia.

La norma, seppur entrata in vigore il 25 luglio, non ha un effetto operativo immediato in quanto richiede il raggiungimento di accordi finalizzati alla individuazione delle “specifiche esigenze” (e sappiamo quanto tempo occorra, talora, alle strutture nazionali per raggiungere intese di tal genere) pur se, probabilmente, in talune situazioni, si sceglierà la via dell’accordo aziendale, si potrebbe giungere più velocemente alla individuazione delle suddette “specifiche esigenze”.

Cosa significa quest’ultima puntualizzazione?

Significa che esse dovranno essere precise, puntuali e ben determinate, sia pure riferibili all’attività ordinaria (la disposizione non ripete gli aggettivi contenuti nelle “causali legali” che fanno riferimento alla temporaneità, alla occasionalità, alla straordinarietà ed alla non ripetitività): non credo sia possibile una “esigenza specifica” demandata dalla contrattazione collettiva alle parti. Una volta individuate, esse dovranno essere ben “focalizzate” nella lettera di assunzione. Indubbiamente, il rischio di un possibile contenzioso, con l’ultima parola lasciata al giudice di merito, esiste ed è tangibile, come ci ricorda tutta l’esperienza sui contratti a tempo determinato successiva al D.L.vo n. 368/2001.

Da quanto appena detto ne discende che la disposizione potrà essere utilizzata e valutata nel medio periodo e non subito.

Il rinvio alla contrattazione collettiva non risulta vincolato: ciò sta a significare che le parti potranno dettagliare le esigenze, che potranno anche avere una durata inferiore ai 12 mesi ma, fino al 30 settembre 2022, se un datore di lavoro dovrà apporre una condizione tra quelle previste dall’accordo collettivo, lo potrà fare soltanto se la durata prevista del rapporto sarà superiore a 12 mesi. Ciò appare, indubbiamente, una limitazione, ma il comma 1.1 non lascia altra via di lettura.

C’è, poi, un’altra questione operativa che potrebbe presentarsi: quella del rinnovo di un precedente contratto con un altro contratto a tempo determinato dettato dall’autonomia collettiva (quando tutto sarà pienamente operativo) per una “esigenza specifica”. La risposta è positiva, nel senso che il comma 01 dell’art. 21 stabilisce che “il contratto può essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all’art. 19, comma 1 (tra le quali, ora, c’è la lettera b-bis)”. Facendo un breve esempio, si può pensare ad un contratto “a-causale” di durata pari a 8 mesi, rinnovato, dopo lo “stacco obbligatorio” di 20 giorni di calendario, previsto dall’art. 21, per altri 16 per una “specifica esigenza” individuata nel contratto o accordo collettivo al quale si riferisce il datore. Ovviamente, si parla di “stop and go” pensando ad un rinnovo dopo il 31 dicembre in quanto, fino a quella data, non sussiste l’obbligo ed il mancato rispetto non comporta la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, come ricorda l’art. 17, comma 1, del D.L. n. 41/2021. Ovviamente, il rinnovo comporta il pagamento dello 0,50% progressivo che si affianca all’1,40% dovuto mensilmente.

Un’altra questione da risolvere riguarda quegli accordi collettivi, anche aziendali, stipulati prima del 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del D.L. n. 87), nei quali la contrattazione collettiva ha previsto le condizioni legali per attivare contratti a tempo determinato. A mio avviso, qualora ce ne fossero, potranno essere utilizzati unicamente se prevedono “esigenze specifiche” e non generiche e, comunque, alfine di evitare possibili attriti giudiziari, sarebbe il caso che venissero confermati. Ovviamente, va tenuto presente che, fino al 30 settembre 2022, i contratti a termine e in somministrazione possono essere stipulati soltanto se hanno una durata superiore ai 12 mesi, nel rispetto dei 24 complessivi.

Da ultimo è appena il caso di ricordare che la contrattazione collettiva può prevedere un termine complessivo superiore ai 24 mesi (art. 19), cosa che riguarda anche la somministrazione in sommatoria con i contratti a tempo determinato (art. 31). Ciò significa che le “specifiche esigenze”, dettate dall’autonomia collettiva, potrebbero avere anche un’applicazione più lunga, se l’accordo collettivo dovesse ipotizzare, ad esempio, una durata di 36 mesi (o anche maggiore per entrambe le tipologie computate in sommatoria). Ovviamente, ciò era ed è possibile anche ora, ma la difficoltà di inserire le “causali legali” (ad eccezione di quelle sostitutive) ha fatto sì che il termine ulteriore non fosse, praticamente, utilizzato.

Passo, ora, ad esaminare i contenuti della seconda novità contenuta nel comma 1.1 dell’art. 19.

Il Legislatore, in un momento di grande incertezza, intende favorire anche nella logica correlata ai piani che il nostro Paese dovrà attuare in adempimento agli obblighi comunitari, una occupazione a termine di una certa durata (almeno 12 mesi ed un giorno) che si può definire, come già detto in precedenza, a “durata minima garantita”.

La disposizione pone diverse questioni interpretative che, auspicabilmente, dovrebbero essere oggetto di analisi e di interpretazione da parte del Dicastero del Lavoro, anche per dare una “dritta” agli operatori del mondo del lavoro. Senza aver alcuna pretesa di esaustività, se ne elencano alcune:

  1. Il datore di lavoro potrà rinnovare un contratto a tempo determinato per un lavoratore che, in precedenza, era stato assunto in ottemperanza alle causali legali (o anche senza condizioni, perché di durata inferiore all’anno)? La riposta è positiva e, come in altri casi, il rinnovo potrà riguardare anche mansioni e categoria diverse rispetto al precedente contratto non risultando, dal dettato normativo, alcuna limitazione. Ovviamente, tale rapporto per “specifiche esigenze” previste dalla contrattazione collettiva dovrà avere una durata superiore ai 12 mesi, nel rispetto dei 24 complessivi se si riferisce a mansioni di pari livello della categoria legale di inquadramento. Se esse sono, per caso, del tutto diverse (ad esempio, un contratto per una categoria diversa), non si ha la sommatoria con il precedente rapporto;
  2. Il datore di lavoro potrà prorogare un contratto stipulato per “specifiche esigenze” previste dalla contrattazione collettiva e che deve avere una durata superiore ai 12 mesi? Non mi sembra che dal dettato normativo emerga una preclusione: ovviamente, con il consenso del lavoratore interessato e nel limite complessivo dei 24 mesi;
  3. È possibile rinnovare il contratto a tempo determinato previsto dal comma 1.1 dell’art. 19? Si tratta di un’ipotesi più teorica che pratica in quanto, per prima cosa, occorre attendere le determinazioni dell’autonomia collettiva con le “specifiche esigenze” (e passeranno, forse, mesi) e, poi, il contratto (quasi sicuramente, saremo andati oltre il 30 settembre 2021) dovrà avere una durata superiore a 12 mesi. Una volta scaduto (prescindendo dallo “stop and go” che dovrà essere di 20 giorni di calendario, trattandosi di un contratto a tempo determinato superiore a 6 mesi) si sarà ben oltre il 30 settembre 2022. Quindi, sostanzialmente, la proroga appare, di fatto, impossibile;
  4. Come va inteso il termine del 30 settembre 2022? A mio avviso, va inteso come ultimo giorno utile per la stipula come affermato, in casi analoghi, dalla nota n. 713 del 16 settembre 2020, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, e non come ultimo giorno di vigenza della disposizione. Ciò significa che un contratto può ben iniziare in tale data (con comunicazione ai servizi telematici dell’impiego, almeno nel giorno precedente) ed esplicare i propri effetti nel periodo successivo. Ovviamente, nella lettera di assunzione vanno indicati tutti i riferimenti che, normalmente, si inseriscono per tutti i rapporti a termine, ivi compreso quello relativo al diritto di precedenza ex art. 24 del D.L.vo n. 81/2015;
  5. Se si dovessero raggiungere i 24 mesi complessivi, sarà possibile sottoscrivere un ulteriore contratto di durata non superiore ai 12 mesi, presso l’Ispettorato territoriale del Lavoro? La risposta è positiva, in quanto dal dettato normativo non risultano preclusioni circa l’applicazione della specifica disciplina prevista dal comma 3 dell’art. 19;
  6. In caso di superamento del limite quantitativo dei contratti a termine o in somministrazione previsti nell’anno, trovano applicazione le sanzioni amministrative previste, in via generale, dal D.L.vo n. 81/2015? La risposta è positiva, atteso che trovino applicazione le regole generali;
  7. Sono previste regole particolari di conversione del rapporto a tempo indeterminato nel caso in cui, in sede di contenzioso, il giudice non ravvisi l’esistenza delle specifiche esigenze dettate dalla contrattazione collettiva? La disposizione non prevede un regime particolare, sicché ritengo che si applichi la norma secondo la quale il rapporto si considera sin dall’inizio a tempo indeterminato.

 

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Eufranio Massi
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E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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4 Commenti

  1. Buongiorno, Dottor Massi, ho letto la sua interessante analisi della modifica all’art. 19 del DLGS 81/2015 e mi è rimasto un dubbio rispetto alla questione della temporaneità o meno dell’utilizzo della lettera b-bis nella stipula di contratti di durata superiore ai 12 mesi.
    Per come è scritto il comma 1.1 a me sembra che si possa intendere anche in modo alternativo a quello da lei prospettato, come una specifica dei contenuti del comma 1 che vada a limitare temporalmente le possibilità di utilizzo dell’opzione di cui alla lettera b-bis: “il termine di durata superiore ai dodici mesi… di cui al comma 1 … può essere apposto .. qualora si verifichino specifiche esigenze …, ai sensi della lettera b-bis…, fino al 30/9/2022” (mentre qualora si verifichino le casistichedi cui alle lettere a e b non ci sono limiti temporali), per cui, in pratica, per fare contratti a termine superiori ai 12 mesi secondo la lettera b-bis ci sarebbe tempo fino al 30/6/2022, mentre per fare rinnovi secondo la lettera b-bis non ci sarebbe limite temporale dato che non è stata introdotta nessuna limitazione in tal senso.
    Ci sono stati chiarimenti successivi in merito?
    Grazie e buona giornata

  2. Egr. dott. Massi
    ai sensi art. 17 DL 41/2021 è possibile prorogare o rinnovare per 1 volta un contratto a tempo determinato con formalizzazione entro il 31/12/2021 senza apporre causali per max 12 mesi (deroga anche stop and go e n° proroghe) nel limite dei 24 mesi complessivi?
    il comma 2 dell’art. 17 DL 41/2021 azzera tutte le precedenti proroghe e rinnovi?
    es. assunzione a tempo determinato senza causale dal 01/09/2020 al 08/06/2021, fatta proroga fino al 31/07/2021. posso quindi riassumere dal 01/09/2021 a tempo determinato senza causale per max 12 mesi entro i 24 complessivi?

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