L’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato: i primi chiarimenti dell’inps sul beneficio degli 8.060 euro [E. Massi]

L’esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato: i primi chiarimenti dell’inps sul beneficio degli 8.060 euro [E. Massi]

a)      le società di capitali e gli Enti commerciali;

b)      le società di persone e quelle equiparate;

c)      le imprese individuali che esercitano attività commerciale;

d)     i soggetti che, in forma associata od individuale, esercitano arti e professioni.

Gli incentivi (comma 119) riguardano anche i datori di lavoro del settore agricolo. La norma che è stata inserita nel passaggio al Senato, presenta alcune particolarità. Le assunzioni a tempo indeterminato, con esclusione dell’apprendistato, non possono riguardare lavoratori che nel corso del 2014 hanno avuto rapporti, in agricoltura, a tempo indeterminato o che abbiano avuto rapporti a termine con un numero di giornate denunciato negli elenchi nominativi, pari o superiore a 250 nel predetto anno solare (“rectius” civile, atteso che il riferimento è sempre 1° gennaio – 31 dicembre). In questo specifico settore le agevolazioni sono riconosciute “a domanda”: l’INPS evade le istanze seguendo l’ordine cronologico, fino ad esaurimento dei fondi specifici assegnati.

Con la circolare n. 17, l’Istituto ricorda che la fruizione dell’esonero presuppone:

a)      il rispetto del quadro ordinamentale previsto dall’art. 4 della legge n. 92/2012, con le specifiche peculiarità previste al punto 4, delle quali ho già, in parte accennato, pocanzi;

b)      il rispetto della regolarità contributiva e del trattamento economico e normativo previsto dalla contrattazione collettiva anche di secondo livello, se esistente.

La nota dell’INPS contiene una interessante sottolineatura: quando si parla di settore agricolo, ci si riferisce, da sempre, in via esclusiva, ai rapporti di lavoro agricolo instaurati con gli operai che hanno, sotto l’aspetto della disciplina previdenziale, una gestione particolare. Da ciò discende che per quel che concerne i dirigenti, i quadri e gli impiegati del settore agricolo trova applicazione la disciplina generale prevista nel comma 118.

Il comma 120 pone, esclusivamente per tale settore, alcune limitazioni nel senso che le assunzioni sono agevolate, fino a concorrenza dei fondi disponibili: 2 milioni di euro nel 2015, 15 milioni, rispettivamente per il 2016 ed il 2017, 11 milioni per il 2018 e 2 milioni per il 2019. In caso di carenza di risorse, l’INPS ne darà notizia sul proprio sito internet.

I benefici per le nuove assunzioni (che non riguardano, è bene sottolinearlo, l’apprendistato nelle sue tre tipologie che gode, di per se stesso, di specifici incentivi di natura contributiva, economica, normativa e fiscale) non sono strutturali, in quanto si riferiscono soltanto a quelle avvenute in un arco temporale di dodici mesi compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2015 (qui, in realtà, il Legislatore parla, impropriamente, di stipulati entro il 31 dicembre 2015, cosa che potrebbe far supporre un inizio del rapporto dopo tale data): inoltre, è fatto assoluto divieto di fruire per lo stesso lavoratore del beneficio se l’interessato ne ha già consentito il “godimento” attraverso una precedente assunzione a tempo indeterminato (cosa del tutto diversa dall’incentivo previsto dall’art. 8, comma 9, della legge n. 407/1990 che verrà meno a partire dal prossimo 1° gennaio). La disposizione è stata, indubbiamente, pensata per evitare, nei limiti del possibile, un uso capzioso o distorto dell’agevolazione.

Il Legislatore precisa che “l’esonero di cui al presente comma non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente”. In ordine a tale previsione la circolare n. 17 dell’INPS ha effettuato alcune interessanti riflessioni che, per certi aspetti, ammettono la cumulabilità di incentivi di natura economica.

Da ciò discende che mentre non è cumulabile con benefici di natura contributiva (50% di sgravi contributivi per l’assunzione di “over 50”, disoccupati da oltre dodici mesi e di donne prive di impiego regolarmente retribuito da ventiquattro mesi o da sei mesi in particolari aree o settori), lo è per altre agevolazioni come:

a)      l’incentivo per l’assunzione dei lavoratori disabili svantaggiati con percentuale superiore ai 2/3 o psichici, secondo quanto previsto dall’art. 13 della legge n. 68/1999 (misure non superiori, rispettivamente, al 60% o al 25% del costo salariale a seconda che il lavoratore disabile abbia un handicap intellettivo, fisico o una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% (prima ipotesi) o compresa tra il 67% ed il 79% (seconda ipotesi), oltre al rimborso forfetario parziale delle spese necessarie alla trasformazione del posto di lavoro per renderlo adeguato alla possibilità operativa del lavoratore con una riduzione della capacità superiore al 50%, o per l’apprestamento di tecnologie di telelavoro o per la rimozione di barriere architettoniche;

b)      l’incentivo ex D.M. del Ministro della Gioventù del 19 novembre del 2010, pari a 5.000 euro, in quote mensili, per un massimo di cinque lavoratori, finalizzato all’assunzione di giovani genitori. Esso è subordinato al rispetto del “de minimis” e trovano piena applicazione le norme contenute nell’art. 4, comma 12, lettera a) della legge n. 92/2012;

c)      l’incentivo economico previsto dall’art. 2, comma 10 bis, della legge n. 92/2012 pari al 50% dell’indennità di ASpI non ancora percepita dal lavoratore oggetto di assunzione. Anche in tale ipotesi è previsto il rispetto del “de minimis” e dell’art. 4, comma 12, lettera a), della legge n. 92/2012;

d)     l’incentivo di Garanzia Giovani stabilito dal D.D. del Ministero del Lavoro 8 agosto 2014, come modificato dal successivo D.D. 23 gennaio 2015, n. 11 (in corso di registrazione alla Corte dei Conti). Quest’ultimo provvedimento prevede, all’art. 7, comma 3, la cumulabilità del predetto incentivo (per le assunzioni a tempo indeterminato 1.500, 3.000, 4.500 o 6.000 euro secondo la profilazione del giovane, effettuata dal centro per l’impiego), attesa la non selettività dell’esonero previsto dai commi 118 e 119 dell’art. 1 della legge n. 190/2014;

e)      l’incentivo per l’assunzione degli operai agricoli di età compresa tra i 18 ed i 35 anni, secondo la previsione dell’art. 5 della legge n. 116/2014 che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 91/2014;

f)       l’incentivo economico per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità. Il datore di lavoro può usufruire, nel rispetto delle condizioni generali previste (ad esempio, debbono essere trascorsi almeno sei mesi dalla fine del precedente rapporto a tempo indeterminato), del 50% della indennità di mobilità che sarebbe ancora spettata al lavoratore: tale riconoscimento c’è anche in caso di trasformazione a tempo indeterminato di rapporti a termine di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità.

g)      l’incentivo economico previsto dall’art. 1 del D.L. n. 76/2013, convertito, con modificazioni, nella legge n. 99/2013. La cumulabilità è possibile con riferimento alla eventuale quota superiore ai 671,66 euro mensili. Essa appare teorica viste le condizioni particolarmente “gravose” che regolamentano il beneficio del 2013 e che hanno portato ad un sostanziale “flop”. Ricordo, peraltro, che il beneficio è previsto per tutte le assunzioni che si verificheranno entro il prossimo 30 giugno 2015 (ovviamente, nel rispetto di tutte le condizioni individuate sia dal Legislatore che dall’INPS).

Ma come fa un datore di lavoro ad esser sicuro che nei sei mesi antecedenti un lavoratore non abbia avuto alcun rapporto a tempo indeterminato, atteso che, dopo l’abolizione del libretto di lavoro, avvenuta con il D.L.vo n. 297/2002, non c’è alcun documento immediatamente consultabile?

La risposta è che il prestatore può ben rilasciare una dichiarazione ex DPR n. 445/2000 con la quale, sotto propria responsabilità, dichiara non esservi condizioni ostative all’assunzione. Tale dichiarazione, indubbiamente, cautela il datore di lavoro, nel senso che, a fronte di una eventuale rivendicazione “ex post” da parte dell’Istituto previdenziale, potrebbe sempre richiedere, civilisticamente, il risarcimento all’interessato. A mio avviso, al di là di quanto appena detto, è opportuno che il datore acquisisca, qualora nutra dubbi, all’atto dell’assunzione, un attestato del centro per l’impiego, rilasciato al lavoratore, che dimostri lo “status” di assenza di rapporti a tempo indeterminato nei sei mesi antecedenti. Tale certificazione, tuttavia, potrebbe non essere esaustiva se la comunicazione di precedenti rapporti non sia giunta in tempo al servizio del collocamento competente.

Un discorso analogo va fatto con riferimento alla statuizione normativa che “lega” l’esonero al singolo lavoratore, nel senso che esso spetta, per lo stesso soggetto, una sola volta: come farà il datore di lavoro ad esser sicuro che per quel soggetto l’esonero non è stato attivato anche da un altro imprenditore? La risposta, a mio avviso, non può prescindere da un sistema di verifica che l’Istituto dovrebbe mettere a disposizione dei datori di lavoro.

Correlato al principio che ”l’esonero spetta una sola volta per ciascun lavoratore” c’è un altro problema da risolvere: se, ad esempio, un lavoratore si dimette, dopo un certo periodo, da un rapporto a tempo indeterminato agevolato (perché la posizione lavorativa non lo soddisfa, perché il posto di lavoro è lontano dalla propria residenza, perché ha trovato una occupazione professionalmente migliore, o perché è stato il datore di lavoro a risolvere il rapporto), un eventuale nuovo datore che intendesse assumerlo nel corso del 2015, potrebbe usufruire della contribuzione residua dell’esonero triennale? La risposta potrebbe essere, attesa l’ambiguità della disposizione, in un senso o nell’altro, soprattutto se si dovesse considerare il beneficio come una sorta di “dote” del lavoratore.

La circolare n. 17 dedica una puntualizzazione al contratto di somministrazione, affermando che l’esonero spetta anche alle Agenzie che assumono a tempo indeterminato e che, successivamente, somministrano il lavoratore nella forma a tempo determinato. Si è ben coscienti che, sovente, l’utilizzatore provvede ad assumere a tempo indeterminato il prestatore che gli è stato inviato ma l’INPS ricorda che, ai fini del godimento dell’incentivo (dal quale vanno detratti i mesi in cui il lavoratore è stato dipendente a tempo indeterminato dell’Agenzia), debbono essere trascorsi sei mesi di “non occupazione” a tempo indeterminato con qualsiasi datore.

Ci sono a questo punto, due situazioni particolari rispetto alle quali, in attesa dei chiarimenti amministrativi del Ministero del Lavoro, mi sento spinto a fornire alcune delucidazioni: mi riferisco, “in primis”, alle assunzioni da parte dell’impresa aggiudicataria di un appalto del personale già in forza a tempo indeterminato presso l’impresa cedente. E’ una “nuova assunzione” foriera di incentivi o no?

La risposta è negativa in quanto i lavoratori assunti hanno avuto nei sei mesi precedenti, un rapporto di lavoro subordinato con un altro datore di lavoro (impresa cedente). A ciò, per quel che può valere, ricordo che l’art. 7 del Decreto Legislativo attuativo della delega sul contratto a tutele crescenti, afferma che ai fini del calcolo dell’anzianità di servizio si tiene conto di tutto il periodo durante il quale i lavoratori sono stati impiegati nell’attività appaltata (in sostanza, ai fini risarcitori il rapporto di lavoro è considerato, tra vecchio e nuovo datore, come un “unicum”). Tutto questo potrebbe causare alcune resistenze da parte del nuovo datore ad assorbire personale già in forza a tempo indeterminato sull’appalto, soprattutto, laddove il CCNL non pone obblighi (ad esempio, quello delle imprese di pulizia del settore artigiano, parla soltanto di incontro tra le due aziende finalizzato a risolvere i problemi occupazionali).

La seconda questione concerne  il trasferimento di azienda, qualunque sia l’operazione compiuta (trasferimento totale, trasferimento di ramo di azienda, fusione, usufrutto o affitto di azienda): il rapporto, afferma l’art. 2112 c.c. continua con il cessionario ed i lavoratori conservano tutti i diritti che ne derivano. Anche qui, pur volendo parlare di nuova assunzione perché cambia la titolarità del datore, l’incentivo non può esser riconosciuto, in quanto nei sei mesi precedenti i lavoratori avevano in essere un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Superato il termine di sei mesi, pur in presenza del diritto di precedenza che, in questo caso, si prescrive nei dodici mesi successivi al passaggio, il datore di lavoro acquirente od affittuario ha diritto all’esonero contributivo, come affermato, chiaramente, al punto 4 della circolare n. 17.

La disposizione parla, sempre di “esonero” a differenza del testo originario ove gli 8.060 euro venivano catalogati come “sgravio contributivo”. I termini, non sono sinonimi ed aver, alla fine, optato per il concetto di esonero contributivo, sia pure temporale, fa sì che, ai fini del godimento della agevolazione, ci si possa limitare, come afferma la circolare n. 17, quali condizioni per la fruizione, al rispetto della regolarità contributiva, delle norme in materia di sicurezza, dei trattamenti economici e normativi previsti dalla contrattazione collettiva anche di secondo livello, se esistente (requisiti richiesti dall’art. 1, commi 1175 e 1176 della legge n. 296/2006). Parlare, invece, di “sgravio contributivo” come si affermava nel disegno di legge, significava, a mio avviso, richiamare anche le disposizioni comunitarie tra cui:

a)      Incremento netto dell’occupazione, rispetto alla media della forza lavoro occupata nell’anno precedente, secondo il c.d. “metodo ULA”, con la non computabilità, tra gli altri, di coloro che si sono dimessi o sono stati licenziati per giusta causa o hanno trasformato il proprio rapporto da tempo pieno a tempo parziale. Il tutto, riferito all’azienda nel suo complesso e non alla singola unità produttiva ove viene inserito il lavoratore assunto;

b)      Non superamento del 50% dei costi ammissibili che corrispondono ai costi salariali durante i dodici mesi successivi all’assunzione;

c)      Rispetto delle condizioni generali di compatibilità con il mercato interno, previste dai Regolamenti comunitari.

Si tratta di condizioni che sono state, in gran parte, alla base del “flop” realizzatosi con le agevolazioni ex art. 1 del D.L. n. 76/2013 e che sono state, ampiamente, criticate dall’attuale Ministro del Lavoro ma che, peraltro, in una sorta di “copia ed incolla”, l’Esecutivo ha ripetuto nel D.L. n. 91/2014, convertito nella legge n. 116/2014 che, all’art. 5, intende favorire l’occupazione, anche a tempo determinato, degli “under 35” in agricoltura.

L’esonero non si presenta come un aiuto di Stato, in quanto non è, assolutamente rinvenibile un criterio di selettività.

A partire dal 1° gennaio 2015 cessa di vivere l’art. 8, comma 9, della legge n 407/1990 ma il comma 121 garantisce che esso continuerà ad esplicare i propri effetti  per i rapporti instaurati entro il 31 dicembre 2014: ciò avviene prima della revisione di tutti gli incentivi all’occupazione, prevista all’interno della legge n. 183/2014, ma la ragione è, senz’altro, da rinvenirsi nella necessità di trovare una copertura finanziaria alla nuova agevolazione che, al momento, è temporanea ma che esplica i propri effetti nel triennio successivo.

Viene cancellata una agevolazione strutturale che ha consentito, in quasi un quarto di secolo, l’assunzione a tempo indeterminato dei disoccupati da oltre ventiquattro mesi (tra cui, ovviamente, molti giovani) o di lavoratori in CIGS da un uguale periodo con incentivi di natura contributiva per trentasei mesi, pari al 50% di quanto dovuto per tale voce dalle aziende ubicate al centro – nord be del 100% per quelle del Mezzogiorno e per le imprese artigiane che operano su tutto il territorio nazionale.

La circolare 17 afferma, inoltre, che lo specifico sgravio contributivo dell’art. 8, comma 9, della legge n. 407/1990 non può, ovviamente, essere riconosciuto in relazione alle trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti a termine, ove effettuati a partire dal 1° gennaio 2015. La stessa nota ricorda come già siano stati aggiornati i processi telematici che inibiscono le istanze di riconoscimento per le assunzioni o le trasformazioni effettuate dopo il 31 dicembre 2014.

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con la circolare n. 19/2014, ha messo in evidenza, in una pregevole proiezione, le agevolazioni previste dalla nuova normativa e le ha confrontate con quelle ex lege n. 407/1990 per le imprese artigiane e per le aziende del Meridione, rilevando una differenza nel triennio, valutando il solo aspetto contributivo, di qualche migliaio di euro.

Le norme sopra descritte non presentano alcun deterrente esplicito nei confronti del datore di lavoro se non il rispetto preventivo delle condizioni sopra esaminate finalizzate al godimento delle agevolazioni contributive. Ciò potrebbe portare lo stesso a risolvere il rapporto al termine del periodo di godimento del beneficio triennale, per una motivazione di contenuto economico, pagando l’indennità economica crescente che, ferma restando una quota base, comunque, garantita, sarebbe pari a due mensilità  dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di anzianità, con una base di partenza rapportata alle quattro mensilità (i valori sono dimezzati per le aziende dimensionate sotto le sedici unità). In sostanza, se così fosse, si potrebbe avere, in alcune ipotesi, una sorte di contratto a termine agevolato economicamente per il quale non si pagano i contributi nel triennio con un indennizzo a favore del lavoratore nel momento in cui, alla fine dell’esonero contributivo il datore di lavoro, decidesse di recedere dal rapporto. Esso si contrappone all’usuale contratto a tempo determinato ex D.L.vo n. 368/2001 ove la contribuzione è piena e maggiorata dell’1,40% (fatta salva la stagionalità e le ipotesi sostitutive) ma ove l’imprenditore può giungere al traguardo dei  trentasei mesi utilizzando un numero indefinito di rinnovi ed accedendo ad un massimo di cinque proroghe in tutto il periodo considerato.

Il nuovo incentivo andrà, senz’altro, in concorrenza anche con la c.d. “garanzia Giovani” che sta scontando, in questa fase di avvio, una serie di ostacoli e di lungaggini di natura burocratica, che accompagnano l’erogazione di agevolazioni alle assunzioni anche a tempo indeterminato le quali, tuttavia, “non reggono” la concorrenza, sotto l’aspetto economico, dei benefici previsti dalla legge n. 190/2014.

Proprio per superare l’”impasse” in cui si trova il progetto sui Giovani appena evidenziato,  l’Esecutivo, come ha ricordato la circolare n. 17, sta cercando soluzioni alternative: è di questi giorni la notizia che con un decreto a firma del Direttore Generale pro-tempore responsabile del progetto, il beneficio economico, diverso secondo la profilazione dei candidati, possa essere cumulato (cosa, al momento, non possibile) con le agevolazioni previste nell’apprendistato professionalizzante e nei contratti a tempo indeterminato ai quali trova applicazione l’esonero contributivo previsto dal comma 118.

Un discorso analogo può farsi per l’apprendistato professionalizzate: qui le agevolazioni che sono di natura contributiva, economica, normativa e fiscale sono, indubbiamente, maggiori ma, nel momento economico che attraversa il nostro Paese pesa, forse, il termine di tre anni al raggiungimento del quale è possibile recedere dal rapporto dando il preavviso contrattuale: esso viene considerato  è molto lontano e “rigido”. Ciò potrebbe far propendere molti datori di lavoro (soprattutto i tradizionali fruitori del contratto che operano nei settori dell’artigianato e del terziario) verso forme più flessibili di gestione del rapporto (e tale è contratto a tutele crescenti che presenta, indubbiamente, più tutele rispetto ad improbabili tirocini o prestazioni di lavoro accessorio).

C’è, da ultimo, da osservare come la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro in una tabella riepilogativa del costo del lavoro in confronto tra varie tipologie, non soltanto subordinate, ed avendo quali parametri di riferimento, relativi al 2015, i vari trattamenti economici, abbia messo in evidenza che  il nuovo beneficio, previsto dalla legge n. 190/2014,  è “foriero” di un minor costo contrattuale complessivo rispetto ad un contratto di collaborazione, ad un rapporto a termine, ad un contratto a tempo indeterminato (valore 2014), ad un rapporto di apprendistato (la tabella è stata esaminata con riferimento al CCNL del commercio) nelle aziende con un organico superiore alle nove unità. Tutto questo è stato verificato partendo da una retribuzione (o compenso) di 25.000 euro. Le nuove agevolazioni “perdono”, se così si può dire, soltanto nei confronti del primo anno di apprendistato nelle imprese fino a nove dipendenti e nei rapporti con partita IVA ove, tuttavia, occorre tener presente le restrizioni poste dalla legge n. 92/2012, entrate, pienamente, in vigore il 1° gennaio 2015.

Pages: 1 2

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 323 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

Vedi tutti gli articoli di questo autore →