2018: i benefici di Garanzia Giovani [E. MASSI]

2018: i benefici di Garanzia Giovani [E. MASSI]

Con un provvedimento che trae le proprie risorse dai finanziamenti dei programmi europei per l’occupazione e le politiche attive, l’Esecutivo intende incentivare, nel 2018, la nuova occupazione attraverso il Programma Garanzia Giovani che si aggiunge, allo sgravio contributivo per le assunzioni stabili a tempo indeterminato, disciplinato dall’art. 1, commi 100 e seguenti della legge n. 203/2015, dal comma 893 e dal correlato Decreto Direttoriale per il Mezzogiorno ed all’apprendistato nelle sue varie forme, con preminenza, ovviamente, per il professionalizzante.

Tutto questo avviene attraverso un Decreto Direttoriale del Direttore Generale dell’ANPAL, datato 30 dicembre 2017 (come quello del “Bonus SUD” di cui ricalca, pressoché pedissequamente, i contenuti) che si avvale dei finanziamenti del Programma operativo Nazionale “Sistemi di Politiche Attive per l’Occupazione” (PON SPAO): il tutto si svolge sotto la regia dell’INPS al quale la norma (art. 1) affida la gestione del beneficio, qualificando l’Istituto “Organismo Intermedio”.

Ma, quale è, il contenuto del provvedimento?

Con l’art. 2 il Decreto Direttoriale prevede, in favore dei datori di lavoro privati che, senza esservi tenuti, assumano giovani profilati in Garanzia Giovani, uno specifico incentivo i cui importi sono determinati dall’art. 5.

La norma si rivolge a tutti i datori di lavoro privati, di qualsiasi dimensione occupazionale e con la sola delimitazione geografica rappresentata dalla Provincia di Bolzano: dalla dizione ne consegue che la disposizione si applica anche ai datori che non sono imprenditori (studi professionali, associazioni, fondazioni, ecc.) ed alle imprese private a capitale pubblico. Tra i destinatari della norma vi sono anche (art. 4, comma 3) le società cooperative (il Decreto non ne specifica le caratteristiche ma si ritiene che le stesse siano “di produzione e lavoro”) le quali, dopo il rapporto associativo sottoscrivono con i lavoratori un ulteriore contratto di lavoro subordinato (art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001).

Il Decreto Direttoriale sottolinea un’altra condizione: i datori di lavoro non debbono essere obbligati ad effettuare quella assunzione. Ciò significa che vale “in toto” l’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015, laddove, riprendendo concetti già espressi nel vecchio comma 12 dell’art. 4 della legge n. 92/2012 ora abrogato, si afferma che l’agevolazione non spetta nel caso in cui l’assunzione scaturisca da un obbligo di natura legale o contrattuale o dal rispetto di un diritto di precedenza (ad esempio, precedente rapporto a termine con diritto ritualmente esercitato ex art. 24 del D.L.vo n. 81/2015, licenziamento avvenuto nei sei mesi antecedenti, ecc.). Ovviamente è appena il caso di sottolineare che il beneficio non potrà essere riconosciuto anche nel caso in cui ricorrano le altre ipotesi previste (ad esempio, lavoratori in integrazione salariale straordinaria in forza presso l’unità produttiva interessata all’assunzione, con la stessa qualifica del giovane).

Destinatari Garanzia Giovani

Ma chi sono i giovani destinatari?

Sono quelli di età compresa tra i 16 ed i 29 anni (che, a mio avviso, abbiano assolto, pur nel silenzio della norma, se minorenni, al diritto-dovere all’istruzione e formazione) che risultino essere disoccupati secondo la previsione contenuta nell’art. 19 del D.L. vo n. 150/2015. Se, al momento in cui il datore di lavoro prenota l’incentivo (di come sarà la procedura di ammissione me ne occuperò più avanti) il giovane non dovesse risultare essere già stato preso in carico dai servizi per l’impiego competenti, sarà la stessa ANPAL ad interessare la Regione (o le Regioni in caso di offerta plurima) interessata. Trascorsi 15 giorni, se l’avvenuta presa in carico non si è verificata è la stessa ANPAL che procede dal centro sulla base delle informazioni scaturenti dall’autodichiarazione del lavoratore che potrà, su base campionaria, essere sottoposta a verifica da parte della Regione o Provincia autonoma competente. Il Decreto Direttoriale non specifica come dovrebbe avvenire tale “presa in carico centralizzata”.

L’art. 3 stabilisce gli ambiti territoriali di ammissibilità dell’incentivo affermando che trova applicazione su tutto il territorio nazionale, con esclusione della Provincia di Bolzano e che lo stesso viene comunque garantito anche in caso di spostamento di sede, salva l’ipotesi in cui il giovane sia trasferito in una sede ubicata in Alto Adige.

Con l’art. 4 del provvedimento vengono determinate le tipologie contrattuali per le quali viene riconosciuto il beneficio.

A differenza dello scorso anno il contratto a tempo determinato, tranne se trasformato, non risulta essere portatore di alcuna agevolazione: la logica che ha portato a tale esclusione va, a mio avviso, ricercata nel fatto che con la legge n. 205/2017 il Legislatore ha voluto favorire, con il riconoscimento di appositi sgravi contributivi di natura triennale e strutturale, le assunzioni con contratto a tempo indeterminato. Di conseguenza esse sono:

  1. il contratto a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione;
  2. il contratto di apprendistato professionalizzante.

Alcune riflessioni si rendono, a questo punto, necessarie.

Il contratto a tempo indeterminato può essere anche a tempo parziale (art. 4, comma 2) ma, pur nel silenzio del Decreto, ritengo che, laddove il CCNL preveda un limite orario settimanale, non si possa andare sotto tale soglia, in quanto si andrebbe contro la previsione dell’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006 che correla il riconoscimento dei benefici al rispetto del trattamento economico e normativo scaturente dall’applicazione del CCNL di settore sottoscritto dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e, se esistenti, dagli accordi territoriali od aziendali.

La norma agevola anche l’assunzione a tempo indeterminato a scopo di somministrazione: cosa giusta, attesa la completa equiparazione di tale tipologia al contratto di lavoro subordinato.

Anche il contratto di apprendistato professionalizzante finalizzato ad una qualificazione (e non ad una qualifica come previsto dal vecchio D.L.vo n. 167/2011, ora abrogato) trova le proprie specifiche agevolazioni che, comunque, è bene sottolinearlo, riguardano soltanto i primi dodici mesi successivi all’assunzione avvenuta nel corso del 2018: a partire dal tredicesimo mese e fino al termine del periodo formativo continueranno a valere le aliquote contributive proprie determinate dai limiti dimensionali del datore di lavoro.

Come dicevo pocanzi, l’agevolazione non riguarda il contratto a tempo determinato: tuttavia, se nel corso del 2018 un contratto a termine stipulato con un giovane “NEET” viene convertito in rapporto a tempo determinato, l’incentivo viene riconosciuto per dodici mesi dalla trasformazione. Ovviamente, se il datore di lavoro ha, durante il rapporto a termine, versato la contribuzione aggiuntiva pari all’1,40% prevista dalla legge n. 92/2012 e, poi, modificata con la legge di Bilancio del 2013, essa potrà essere, integralmente, recuperata.

L’art. 4 continua (comma 4) ricordando che il beneficio spetta anche alla società cooperativa (il Decreto non lo specifica ma ritengo che ci si volesse riferire a quelle di “produzione e lavoro”) che dopo il rapporto associativo, stipula un ulteriore contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (questa ultima precisazione non compare nel Decreto, ma si ritiene sottintesa), ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 142/2001 (la norma non cita tale riferimento normativo, ma la cosa appare evidente).

Il comma 5 ripete quanto già detto anche per il “Bonus Sud”: l’agevolazione non viene riconosciuta nel rapporto di lavoro domestico, sia pure a tempo indeterminato (cosa giusta, attesa la peculiarità del rapporto), nelle prestazioni occasionali (precisazione superflua, in quanto le stesse, disciplinate dall’art. 54-bis della legge n. 96/2017, possono dar luogo soltanto a lavori di natura discontinua e non stabile, per un massimo di 280 ore l’anno ed un tetto di compenso non superiore a 2.500 euro per ogni committente) e nell’intermittente che, seppur a tempo indeterminato, di tale tipologia ha soltanto il “nome”, essendo la prestazione discontinua e legata soltanto alla “chiamata” del datore di lavoro.

Ovviamente, il beneficio non trova neanche applicazione nel contratto di apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale (art. 43 del D.L. vo n. 81/2015) ed in quello di alta formazione e ricerca (art. 45), atteso che il Decreto Direttoriale, come già lo scorso anno, parla soltanto del contratto di apprendistato professionalizzante.

Con l’art. 5 il Decreto ricorda che l’incentivo è pari alla contribuzione a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi INAIL, e di altra contribuzione “minore” come, sicuramente specificherà l’INPS nella propria circolare (cosa del tutto analoga a quella già fatta nella n. 40/2017 al punto 5, relativa alle assunzioni dello scorso anno) per dodici mesi a partire dalla data di assunzione, con un tetto fissato ad 8.060 euro, riparametrato ed applicato su base mensile.

Ciò significa, ad esempio, che per i rapporti a tempo indeterminato full-time è pari a 22,08 euro al giorno (8.060/365 giorni), secondo un calcolo già effettuato dall’Istituto in situazioni analoghe. In caso di rapporto a tempo indeterminato part-time, il tutto viene proporzionalmente ridotto (ad esempio, 20 ore settimanali con tempo parziale al 50% dell’orario settimanale contrattuale, il beneficio è pari a 11,04 euro).

L’incentivo va fruito, a pena di decadenza, entro il 29 febbraio 2020, in modo tale da consentire il “godimento” anche a chi dovesse attivare i rapporti negli ultimissimi giorni del 2018. Lo scorso anno, la circolare INPS n. 40/2017, al punto 4, chiarì che in favore dello stesso lavoratore “il beneficio poteva essere riconosciuto per un solo rapporto di lavoro e che, una volta concesso, non era possibile rilasciare nuove autorizzazioni per l’incentivo in favore dello stesso o di latro datore a prescindere dalla causa di cessazione del precedente rapporto e della effettiva fruizione del beneficio”. Si ha motivo di ritenere che, essendo identiche le parole adoperate nel Decreto, resti uguale l’indirizzo amministrativo che l’Istituto emanerà con la prossima circolare.

Requisiti Garanzia Giovani

Ma, il periodo di godimento dell’agevolazione può essere sospeso?

Nella circolare n. 40/2017 l’Istituto affermò che lo stesso poteva essere sospeso, esclusivamente, in caso di assenza obbligatoria per maternità, con differimento temporale del beneficio che, comunque, doveva essere fruito, a pena di decadenza, entro l’ultimo giorno che, nel provvedimento che si commenta, è fissato al 29 febbraio 2020.

Per la fruizione del beneficio vengono richiesti alcuni requisiti essenziali che si rinvengono sia nella normativa nazionale che in quella comunitaria:

  1. rispetto dell’art. 1, commi 1175 e 1176 della legge n. 296/2006: ciò significa regolarità contributiva, osservanza delle disposizioni poste a tutela delle condizioni di lavoro cosa che comporta il non aver riportato condanne penali o sanzioni amministrative definitive per le violazioni riportate nell’Allegato al D.M. sul DURC del 2015. A tutto questo si deve aggiungere il rispetto, fermi restando gli altri obblighi normativi, degli accordi e dei contratti collettivi nazionali sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e, se esistenti, territoriali od aziendali (tale norma, pur nel rispetto dell’art. 39 della Costituzione, “taglia fuori” ai fini del riconoscimento del beneficio contributivo, quei contratti che risultino stipulati da associazioni di settore che non hanno il requisito di cui si è appena parlato). In caso di somministrazione il requisito della regolarità contributiva riguarda l’agenzia di lavoro, mentre quelle concernenti la tutela delle condizioni di lavoro gravano sia sul soggetto che somministra che sull’utilizzatore, atteso che, entrambi, hanno obblighi ex D.L. vo n. 81/2008 nei confronti del lavoratore;
  2. rispetto dei principi generali fissati dall’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015: ciò significa che l’agevolazione non spetta se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente stabilito dalla legge (art. 15, comma 6, della legge n. 264/1949, art. 47, comma 6, della legge n. 428/1990) o dalla contrattazione collettiva (ad esempio, CCNL imprese multi servizi in caso di cambio di appalto), o se è stato violato un diritto di precedenza, fatto salvo quanto affermato dal Ministero del Lavoro con l’interpello n. 7/2016, secondo il quale, fino a quando (laddove richiesta come nel caso dell’art. 24 del D.L.vo n. 81/2015) essa non viene esplicitata per iscritto, il datore di lavoro può, legittimamente, procedere alla assunzione di altri lavoratori. Il beneficio non spetta anche nel caso in cui siano in corso sospensioni dal lavoro per crisi o riorganizzazione aziendale (ma anche in presenza di contratti di solidarietà difensivi) a meno che ad essere assunti non siano lavoratori di un livello diverso da quello posseduto dai soggetti sospesi o siano destinati ad una unità produttiva diversa da quella in integrazione salariale straordinaria. L’incentivo non spetta neanche nella ipotesi in cui ad essere assunti siano lavoratori licenziati, nel semestre antecedente l’instaurazione dei rapporti, da imprese che presentino assetti proprietari sostanzialmente coincidenti, ovvero in rapporto di collegamento o controllo;

Ma gli ostacoli al riconoscimento dell’agevolazione non finiscono qui: infatti i successivi articoli 6 e 7 portano i datori di lavoro a confrontarsi con la normativa e gli obblighi comunitari.

L’art. 6 affronta il tema della compatibilità con la normativa in materia di aiuti di Stato: quindi l’agevolazione rientra nel “de minimis” (Regolamento UE n. 1407 del 18 dicembre 2013), fatto salvo il caso in cui si verifichi un incremento occupazionale netto (art. 32 del Regolamento UE n. 651 del 17 giugno 2014).

La condizione dell’incremento occupazionale netto non trova applicazione allorquando la riduzione di personale, nei dodici mesi antecedenti sia dovuta a dimissioni volontarie (che, oggi, non possono essere che tali in quanto “blindate” dalla procedura ex art. 26 del D.L.vo n. 151/2015 o dalla procedura ex D.L.vo n. 151/2001 per le lavoratrici avanti all’Ispettorato territoriale del Lavoro), invalidità, pensionamento per raggiunti limiti di età (probabilmente, sarà equiparabile l’uscita anticipata con l’APE), riduzione volontaria dell’orario di lavoro (part-time concordato ma anche part-time volontario in alternativa al congedo per maternità) e licenziamento per giusta causa (a questo punto occorrerà, al di là del puro dettato terminologico, chiarire se calcolare o no il licenziamento, che è per giustificato motivo soggettivo, di un lavoratore “dimissionario”, che non ha effettuato la prescritta procedura telematica).

Se viene sforato il tetto fissato dalla normativa sugli aiuti di stato l’INPS revoca l’incentivo ed applica le sanzioni civili di legge: l’Istituto monitora le situazioni attraverso il Registro nazionale degli aiuti di Stato istituito ex art. 52 della legge n. 234/2012.

In presenza di un incremento occupazionale netto, come si diceva, si può “sforare” il limite del “de minimis” ma l’importo (art. 7, comma 1), secondo la previsione del comma 5 dell’art. 32 del Regolamento n. 651/2014 non può superare la c.d. “intensità di aiuto” che è fissata al 50% dei costi ammissibili.

Per quel che riguarda l’incremento occupazionale netto che viene richiesto qualora si intenda usufruire dell’incentivo oltre il “de minimis”, occorre tener presente che:

  1. secondo la Corte di Giustizia Europea (sentenza, sezione II, del 2 aprile 2009, n. C- 415/07) è necessario raffrontare “il numero medio di unità Lavoro anno dell’anno precedente l’assunzione con il numero medio di unità lavoro anno dell’anno successivo all’assunzione”;
  2. l’incremento deve essere valutato non rispetto alla singola unità produttiva presso la quale si svolge il rapporto di lavoro ma con riguardo alla struttura complessiva dell’azienda (nel caso che ci si trovi di fronte alla c.d. “impresa unica” disciplinato dal Regolamento CE n. 1407/2013 sarà necessario effettuare il calcolo in maniera complessiva). Esso va mantenuto per tutto il periodo di assunzione agevolata, secondo la previsione contenuta nell’art. 31, comma 1, lettera f) del D.L. vo n. 150/2015;
  3. la valutazione dell’incremento comporta il computo di tutte le tipologie a tempo indeterminato e determinato (per quest’ultimo valgono i principi contenuti nell’art. 27 del D.L. vo n. 81/2015): per il lavoro intermittente il riferimento normativo ai fini del computo è contenuto nell’art. 18 del D.L. vo n. 81/2015, mentre non vengono prese in considerazione le prestazioni di lavoro occasionale ex art. 54-bis della legge n. 96/2017. Nel caso in cui un contratto a termine venga stipulato per la sostituzione di un lavoratore assente, va calcolato soltanto il “titolare del posto”;
  4. la verifica dell’incremento occupazionale va effettuata ogni mese: se, per una qualsiasi ragione (al di fuori delle esimenti di cui si è già parlato) essa viene meno, anche l’agevolazione viene meno dal mese successivo e l’eventuale ripristino delle condizioni consente di fruire, nuovamente, dell’incentivo ma i mesi perduti non si possono recuperare.

Ma, il Decreto Direttoriale non si ferma qui e ricorda che, in caso di sforamento del tetto del “de minimis”, oltre all’incremento occupazionale, qualora ad essere interessato sia un giovane di età compresa tra i 25 ed i 34 anni, sarà necessario che costui sia in possesso di almeno uno dei quattro requisiti sotto riportati:

  1. privo di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, secondo la definizione fornita dal D.M. 20 marzo 2013;
  2. carenza di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado o di una qualifica o diploma di istruzione e formazione professionale;
  3. completamento della formazione a tempo pieno da non oltre due anni e assenza di un primo impiego regolarmente retribuito;
  4. assunzione in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che superi almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato, ovvero l’assunzione sia avvenuta in settori in cui sia riscontrato il richiamato differenziale nella misura di almeno il 25%, ai sensi del Decreto Interministeriale n. 335 del 109 novembre 2017 di attuazione dell’art. 2, punto 4, lettera f) del Regolamento (UE) n. 651/2014.

Quello che ho, appena riportato è contenuto nell’art. 7 del Decreto il quale, all’ultimo comma, ricorda anche che il controllo sul rispetto della normativa sugli aiuti di Stato è affidato all’INPS ed agli organi periferici di vigilanza dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

“De minimis”

Ora, due parole sul “de minimis”.

Il Regolamento CE n. 1998/2006 della Commissione del 15 dicembre 2006, riguardante l’applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato, ha introdotto alcune deroghe concernenti sovvenzioni considerate di “importo minimo”, ritenendo che le stesse possano non essere considerate come “aiuti di Stato”. In via generale, non sono tali se non superano, in un arco triennale rappresentato da tre esercizi finanziari, la somma complessiva di 200.000 euro che nel settore del trasporto su strada scende a 100.000, in quello della pesca a 30.000 e nell’ambito della produzione di prodotti agricoli a 15.000.

Ai fini del “de minimis” la nozione di impresa è diversa da quella generalmente adottata: infatti, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, essa ricomprende ogni entità che esercita un’attività di tipo diverso. C’è, in ogni caso, da ricordare come il 18 dicembre 2013 sia stato approvato il Regolamento CE n. 1407/2013 che, sempre con riferimento, al “de minimis” individua alcuni criteri che, pur in presenza di una pluralità di aziende, riportano le stesse sotto il concetto di “impresa unica” ai fini dei limiti economici sopra evidenziati. Le ipotesi sono le seguenti:

  1. quando un’impresa possiede la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o dei soci di altra impresa;
  2. quando un’impresa ha il diritto di nominare e revocare la maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione, degli organi di direzione e di sorveglianza di altra azienda;
  3. quando un’impresa esercita una influenza dominante verso un’altra azienda;
  4. quando un’impresa azionista o socia di altra impresa controlla da sola, con accordi sottoscritti, la maggioranza dei diritti di voto.

Il Regolamento CE n. 1407/2013 regolamenta il “de minimis” a partire dal 1° gennaio 2014: sostanzialmente, si pone in linea con il precedente n. 1998/2006, con alcune innovazioni formali (otto articoli invece di sei con espressioni che sembrano più semplificate) il cui fine è quello di fornire un’interpretazione chiara a norme che in passato avevano dato adito a qualche perplessità), ma anche sostanziali. È il caso dell’art. 1, par. 2, dove si stabilisce che nell’ipotesi in cui un’impresa svolga sia attività rientranti nel campo di applicazione del Regolamento che in settori esclusi, la regola del “de minimis” trova applicazione soltanto relativamente alle attività ammesse, a condizione che lo Stato membro garantisca che le attività esercitate nei settori esclusi non beneficino degli aiuti “de minimis” concessi.

Per completezza di informazione si ricorda che anche nel nuovo Regolamento sono elencati i settori esclusi che sono gli stessi compresi nel vecchio:

  1. imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura;
  2. imprese della produzione primaria di prodotti agricoli;
  3. imprese operanti nel settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, limitatamente ad alcune fattispecie;
  4. imprese che usufruiscono di aiuti per attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri o direttamente collegati a quantitativi esportati;
  5. imprese che fruiscono di aiuti subordinati all’impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli di importazione.

Con l’art. 8 avviene “l’aggancio” con l’incentivo strutturale all’occupazione giovanile: il Decreto parla di cumulabilità con lo “sgravio contributivo” previsto dal comma 100 dell’art. 1, della legge n. 205/2017. Anche qui il Decreto parla, per i primi dodici mesi di sommatoria delle agevolazioni fino al limite massimo complessivo di 8.060 euro su base annua, riparametrato e su base mensile.

Una brevissima riflessione si rende necessaria: nella legge n. 205/2017 si parla di non cumulabilità dello sgravio contributivo con altre agevolazioni (comma 100) con la sola eccezione prevista, per il Bonus Sud al comma 893: qui il Decreto (che è un atto amministrativo) parla di cumulabilità, escludendo (art. 9) la sommatoria con altre agevolazioni: probabilmente, esso va inteso come “atto autonomo e svincolato” ma, forse, un chiarimento si renderebbe necessario.

 Procedura accesso Garanzia Giovani

Ma, quale è la procedura per poter “godere” dell’incentivo?

I passaggi sono tutti descritti negli articoli 10 e 11 e ricalcano quelli previsti nel Decreto Direttoriale per il 2017 e disciplinati sotto l’aspetto procedurale dalla circolare INPS n. 40.

Questa è la “scaletta” dettata dal Decreto Direttoriale:

  1. i datori di lavoro interessati debbono presentare una istanza preliminare di ammissione al beneficio, direttamente all’INPS e soltanto in via telematica, con i dati relativi all’assunzione effettuata o da effettuare, seguendo le modalità che saranno indicate dall’Istituto;
  2. l’INPS determina l’importo del beneficio spettante sia in relazione alla durata che alla retribuzione desunta dal contratto sottoscritto, verifica, la registrazione del lavoratore nel programma Garanzia Giovani, accerta la disponibilità delle risorse e comunica il buon esito della pratica con l’importo dell’agevolazione;
  3. nei sette giorni successivi alla ricezione della comunicazione di avvenuta prenotazione da parte dell’INPS, i datori di lavoro interessati, se non lo hanno già fatto, debbono procedere alle assunzioni;
  4. nei dieci giorni successivi alla ricezione della avvenuta prenotazione, i datori, a pena di decadenza, debbono comunicare l’avvenuta assunzione chiedendo la conferma della prenotazione;
  5. l’erogazione del beneficio avviene attraverso il sistema del conguaglio.

L’INPS autorizza le agevolazioni nei limiti delle risorse disponibili (200 milioni di euro da valere, come già detto, su tutto il territorio nazionale, con esclusione della Provincia di Bolzano) sulla base della valutazione ex ante del costo legato ad ogni assunzione agevolata. Tali risorse (art. 12) gravano sul Programma Operativo Nazionale (PON) “Sistemi di Politiche Attive per l’Occupazione” (SPAO). Nel momento in cui giungerà a termine, con l’approvazione, il Programma Operativo Complementare (POC) i 200 milioni di euro saranno implementati fino a raggiungere il limite dei 500 milioni.

L’iter prevede che l’incentivo venga autorizzato seguendo, pedissequamente, la cronologia dell’istanza preliminare: per le assunzioni effettuate prima che della disponibilità del modulo telematico dell’istanza preliminare, il beneficio viene autorizzato secondo l’ordine cronologico di decorrenza dell’assunzione.

L’art. 13 rinvia espressamente ad una circolare dell’INPS la individuazione delle procedure operative di attuazione e si ha motivo di ritenere che la stessa, non si discosterà granché da quella che era in essere nel 2017.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 321 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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