Ricollocazione del lavoratore e repechage: Quando si applica?

Roberto Camera risponde alle domande degli utenti

Ricollocazione del lavoratore e repechage: Quando si applica?

Il diritto alla ricollocazione del lavoratore in altre mansioni in caso di soppressione delle mansioni possedute riguarda tutti gli ambiti aziendali?

Il diritto alla ricollocazione del lavoratore in altre mansioni, in caso di soppressione delle mansioni precedenti, è un tema molto discusso nel diritto del lavoro. Ma la domanda fondamentale è: questo diritto si applica a tutte le mansioni aziendali o solo a quelle compatibili con le competenze del lavoratore? La risposta non è semplice, in quanto dipende dalle specifiche circostanze legate alle competenze del dipendente e dalla normativa vigente.

Il repechage secondo la legge 604/1966

Il repechage è l’obbligo, per il datore di lavoro, di ricollocare il lavoratore in mansioni diverse, qualora queste siano compatibili con le sue competenze. Tuttavia, non tutte le mansioni aziendali sono soggette a questa obbligatorietà. La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 10627 del 19 aprile 2024, ha chiarito che il repechage si applica solo nell’ambito delle mansioni che il lavoratore è effettivamente in grado di svolgere, cioè quelle che sono fungibili rispetto alla professionalità posseduta dal dipendente.

L’interpretazione della corte di cassazione

La Corte ha affermato che l’art. 3 della legge n. 604/1966 stabilisce l’obbligo di ricollocare il lavoratore, ma solo nelle mansioni compatibili con le sue competenze. Non è previsto che l’azienda debba organizzare corsi di formazione per adattare il lavoratore a mansioni che richiedano competenze completamente diverse da quelle già possedute. Questo principio è valido anche sotto la nuova formulazione dell’art. 2103 del Codice civile, che impedisce di considerare come posizione utile ai fini del repechage quella che non abbia nulla a che fare con la professionalità del lavoratore.

Repechage e ius Variandi

In pratica, se un lavoratore non ha le competenze per ricoprire una mansione diversa da quella persa, l’azienda non ha l’obbligo di formarlo. Questo distingue il concetto di repechage dal più ampio principio dello ius variandi, che consente al datore di lavoro di cambiare unilateralmente le mansioni del dipendente, ma che non obbliga a fornirgli la formazione necessaria per mansioni che richiedono competenze diverse.

In sintesi, il diritto alla ricollocazione del lavoratore in caso di soppressione delle mansioni è applicabile solo se le nuove mansioni sono compatibili con la professionalità posseduta dal lavoratore. Non vi è obbligo per il datore di lavoro di formare il lavoratore per mansioni che non rientrano nel suo profilo professionale. Questo principio, sancito dalla Corte di Cassazione, garantisce una protezione equilibrata tra le esigenze del lavoratore e quelle dell’azienda.

Autore

Roberto Camera
Roberto Camera 645 posts

Esperto di Diritto del Lavoro e relatore in convegni sulla gestione del personale. Ha creato, ed attualmente cura, il sito internet http://www.dottrinalavoro.it in materia di lavoro. (*Le considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza)

Vedi tutti gli articoli di questo autore →

0 Commenti

Non ci sono Commenti!

Si il primo a commentare commenta questo articolo!

Rispondi

Solo registrati possono commentare.