Le integrazioni salariali a partire dal 2022

Le integrazioni salariali a partire dal 2022

L’obiettivo perseguito dal Legislatore con la riforma degli ammortizzatori sociali realizzatasi attraverso la legge n. 234/2021 che è intervenuta, con modifiche, nel “corpus” del D.L.vo n. 148/2015, è quello di assicurare la copertura a tutti i lavoratori dipendenti, cercando, ove possibile, di uniformare i trattamenti e, nella maggior parte dei casi, la durata.

Di qui, alcuni elementi che sono stati rinnovati e resi comuni nella parte iniziale del predetto Decreto e che possono, così, sintetizzarsi:

  1. Anzianità nell’unità produttiva: non più almeno 90 giorni di effettivo lavoro ma 30, ad eccezione dei trattamenti ordinari di integrazione salariale per eventi non oggettivamente evitabili: ovviamente, nel computo sono comprese le ferie, le festività, le malattie, gli infortuni sul lavoro e l’assenza obbligatoria per maternità. Per i datori di lavoro che hanno un orario settimanale dislocato su 5 giorni, si computa anche il sabato sulla base di un orientamento amministrativo del Ministero del Lavoro fatto proprio, a suo tempo, dall’INPS. Negli appalti, ai fini del raggiungimento del limite, se necessario, occorre calcolare anche il periodo trascorso, nell’attività appaltata, alle dipendenze di un precedente datore di lavoro;
  2. Apprendisti di primo o terzo livello: la riduzione di orario per il ricorso agli ammortizzatori, oltre a dover essere recuperata nel periodo formativo come già avviene per l’apprendistato professionalizzante, non deve pregiudicare il completamento del percorso formativo che dovrà essere, eventualmente, ridefinito;
  3. Massimale di integrazione salariale: dal 1° gennaio 2022 è unico (sparisce quello più basso previsto alla lettera a del comma 5 dell’art. 3) e, indipendentemente dalla retribuzione mensile di riferimento per il calcolo del trattamento, non potrà superare l’importo massimo mensile previsto dalla successiva lettera b);
  4. Riduzione del contributo addizionale: dal 1° gennaio 2025 i datori di lavoro che non avranno fruito di trattamenti integrativi per almeno 24 mesi dall’ultimo periodo utilizzato, usufruiranno di contribuzione ridotta (6% – invece che 9% – fino ad un massimo di 52 settimane in un quinquennio mobile, 9% – invece che 12% – oltre il limite appena indicato, fino a 104 settimane in un quinquennio mobile);
  5. Pagamento diretto: nel caso in cui vi sia il pagamento diretto delle prestazioni da parte dell’INPS, il datore di lavoro, a pena di decadenza, dovrà inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o il saldo entro la fine del secondo mese successivo a quello in cui inizia il periodo integrativo o, se posteriore, entro 60 giorni dalla adozione del provvedimento di autorizzazione. In caso di inadempimento il pagamento delle prestazioni e gli oneri connessi resteranno a carico del datore;
  6. Compatibilità tra integrazione salariale e svolgimento di altra attività lavorativa: il lavoratore che svolgerà attività di lavoro subordinato di durata superiore a 6 mesi o anche di lavoro autonomo durante il periodo integrativo non avrà diritto al trattamento per le giornate di lavoro prestate. Se l’attività sarà a tempo determinato con un contratto inferiore ai 6 mesi il trattamento verrà sospeso per la durata del rapporto di lavoro.

Se un primo approccio alle nuove integrazioni è consentito, si può ben sostenere che, laddove possibile, il disegno relativo alla CIGO ed alla CIGS viene esteso anche ad altri settori non industriali e gli stessi Fondi di solidarietà bilaterali divengono maggiormente incisivi, con la sottolineatura che gli stessi debbono integrare le richieste avanzate anche dai datori di lavoro che occupano soltanto un dipendente.

Nel settore industriale (e affine) individuato dall’art. 10 del D.L.vo n. 148/2015 le regole per la CIGO sono rimaste invariate e la stessa cosa si può affermare per la CIGS, ma con il limite, per quest’ultima, dei 16 dipendenti.

La durata per la CIGS è sempre la stessa: 24 mesi, anche non continuativi, nel quinquennio mobile, per riorganizzazione aziendale anche in transizione, 12 mesi per crisi aziendale, 24 mesi per il contratto di solidarietà che possono diventare 36 a determinate condizione. Stesso discorso vale per la CIGO che, come tetto massimo nel biennio mobile, ha le 52 settimane.

Le novità riguardano:

  1. I contratti di solidarietà ove viene prevista una riduzione media massima dell’80%, con punte del 90% per i singoli lavoratori. Nella sostanza, viene ripreso il disegno normativo dell’art. 40 del D.L. n. 73/2021 che, applicato a casi del tutto particolari caratterizzati da una forte percentuale di diminuzione tra il fatturato del primo semestre 2019 e quello dello stesso periodo del 2021, è rimasto in vigore fino al 31 dicembre u.s.;
  2. La CIGS finalizzata alla gestione dei processi di transizione la cui operatività è demandata ad un D.M. “concertato” tra Lavoro ed Economia che dovrebbe essere emanato entro il 2 marzo 2022. A tale integrazione salariale è strettamente correlato il c.d. “accordo di transizione” che, a determinate condizioni, garantisce ulteriori 12 mesi di integrazione salariale con l’obiettivo della gestione degli esuberi occupazionali attraverso le politiche attive del programma GOL (Gestione Occupabilità Lavoratori) e con la possibilità , per i datori di lavoro che dovessero assumere lavoratori eccedentari, di cospicue agevolazioni, non ultima quella di poter usufruire dell’apprendistato professionalizzante finora riservato ai lavoratori “over 29” titolari di un trattamento di NASPI (art. 47, comma 4, del D.L.vo n. 81/2015).

Le maggiori novità riguardano, invece, i settori non industriali ove la copertura degli ammortizzatori sociali o era assente (è il caso, ad esempio, dei pubblici esercizi e del commercio con un organico fino a 5 unità), o non era uniforme. Qui, la contribuzione mensile dovuta per il 2022 è pari allo 0,27% (2/3 a carico del datore ed 1/3 a carico del lavoratore) mentre, a partire dal 2023 si adeguerà a quella “normale” prevista per le imprese industriali (0,90% complessivo, da ripartire tra 0,60% a carico del datore e 0,30% a carco del dipendente).

Una delle prime, sostanziali, novità è rappresentata, come sottolinea la circolare del Ministero del Lavoro n. 1 del 3 gennaio 2022, dall’allargamento “dell’ombrello protettivo” della CIGS alle imprese con più di 15 dipendenti, cosa che, ad esempio, ne consente il ricorso per una delle causali previste dall’art. 21, ad aziende del commercio, delle agenzie di viaggio e degli operatori turistici sopra tale soglia dimensionale che hanno molto sofferto le conseguenze della crisi pandemica.

Altra novità è rappresentata dal campo di operatività del Fondo di Integrazione Salariale (FIS) che viene esteso a tutti i datori di lavoro che occupino almeno un dipendente al momento della richiesta. Scompaiono sia l’assegno ordinario che l’assegno di solidarietà sostituiti dall’assegno di integrazione salariale la cui durata è la seguente:

  1. Di 13 settimane in un biennio mobile, in favore dei dipendenti da datori di lavoro che, mediamente, occupano fino a 5 dipendenti;
  2. Di 26 settimane in un biennio mobile, in favore dei dipendenti da imprese che, mediamente, occupano più di 6 dipendenti.

La stessa norma prevede, poi:

  1. Che l’aliquota di finanziamento del FIS sia fissata allo 0,50% per i datori di lavoro dimensionati, come media del semestre antecedente la data di presentazione della domanda, fino a 5 dipendenti: essa sale allo 0,80% per quelle con un organico superiore, con la possibilità (a partire dal 1° gennaio 2025) per le piccolissime aziende (fino a 5 dipendenti) di un abbassamento dell’aliquota nella misura del 40% se per 24 mesi non ricorreranno ad alcun ammortizzatore In ogni caso, per effetto del comma 219 dell’art. 1 della legge n. 234/2021, per il 2022 le aliquote del FIS saranno ridotte e modulate in relazione al numero dei lavoratori occupati nell’impresa nel semestre precedente. Esso è dello 0,15% per i datori dimensionati fino a 5 dipendenti, dello 0,55% se il numero dei lavoratori è compreso tra i 6 ed i 15, 0,69% se l’organico è superiore alle 15 unità. Le imprese esercenti le attività commerciali, logistica, viaggio e turismo, operatori turistici che occupano più di 50 dipendenti pagheranno lo 0,24%;
  2. Che il contributo addizionale dovuto per le integrazioni salariali del FIS sia pari al 4% della retribuzione persa.

Una profonda riforma riguarda anche i Fondi di solidarietà bilaterali per i quali il Legislatore ha previsto l’obbligo di adeguamento o di nuova costituzione, nei settori non coperti con scadenza al 31 dicembre 2022, con la necessità della previsione di copertura anche per le aziende con un solo dipendente. Il mancato adeguamento comporta il passaggio al FIS con il recupero, a favore di quest’ultimo, dei contributi già versati o dovuti dal datore al Fondo di settore.

Da ultimo, mi sembra opportuno sottolineare gli effetti di una disposizione contenuta nell’art. 40-bis del D.L.vo n. 148/2015, introdotto con la riforma: a partire dal 1° gennaio 2022, la regolarità del versamento della contribuzione ordinaria ai Fondi di solidarietà blaterali (art. 26), a quelli alternativi (art. 27) ed ai ondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano (art. 40) è condizione per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC).

***

L’argomento sarà trattato dal Dott. Massi nel corso del webinar “Legge di bilancio 2022: novità in materia di lavoro” del prossimo 20.01.2022 alle ore 15.00.

Registrati al webinar, è semplice e gratuito!

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 323 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

Vedi tutti gli articoli di questo autore →