La retribuzione negli appalti e nei subappalti

Appalti e subappalti: una delle disposizioni più criticate del D.L. n. 19/2024

La retribuzione negli appalti e nei subappalti

Una delle disposizioni che più aveva sollevato critiche nel D.L. n. 19/2024, da parte degli addetti ai lavori, era quella con la quale il Governo aveva individuato il contratto collettivo da applicare ai lavoratori impegnati negli appalti e nei subappalti.

Ora, però, con un emendamento approvato in commissione Bilancio e, soprattutto con il nuovo testo del D.L. n. 19, approvato con la fiducia dalla Camera, prima dell’approvazione definitiva da parte del Senato, gli errori di formulazione particolarmente evidenti vengono sanati.

Prima di entrare nel merito dei cambiamenti intervenuti credo sia opportuno ricapitolare, brevemente, ciò che l’Esecutivo aveva fatto con il varo del provvedimento.

Era stato introdotto all’interno dell’art. 29 del D.L.vo n. 276/2003 il comma 1-bis, attraverso il quale si stabiliva che negli appalti e nei subappalti di opere e servizi, dovesse essere riconosciuto ai lavoratori un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi maggiormente applicati nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione era strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto.

La formula prescelta, notevolmente ampia, comprendeva non soltanto i lavoratori impiegati direttamente nell’appalto ma anche i somministrati e quelli utilizzati da eventuali subappaltatori presenti in virtù di specifici contratti.

Dalla lettura della disposizione sembrava che il parametro prescelto fosse ben diverso da quello previsto dall’art. 51 del D.L.vo n. 81/2015 che richiama i contratti collettivi di lavoro sottoscritti, anche a livello territoriale od aziendale, dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e che trova applicazione anche nei confronti dei lavoratori somministrati inviati in missione dalle Agenzie di Lavoro.

Per individuare i contratti applicabili occorreva individuare sia il settore “strettamente connesso” che la zona: si trattava di criteri nuovi che sarebbero dovuti essere meglio specificati, non potendo, caso per caso, riferirsi alla casistica del CNEL o ai dati della rappresentatività sindacale (discorso molto futuribile e difficile da interpretare). Si sarebbe dovuta condurre una analisi sia riferita alla individuazione del settore “strettamente connesso” che alla “zona” (quest’ultimo criterio, del tutto nuovo e molto generico parcellizzava, oltre misura, l’ambito di riferimento, e sembrava superare quello in uso correlato della territorialità provinciale o regionale).

Ora, tale norma è stata cassata dall’emendamento approvato il quale, cambiando il contenuto del comma 1-bis dell’art. 29 del D.L.vo n. 276/2003, afferma che la retribuzione deve essere non inferiore a “quella prevista dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicato nel settore e per la zona”.

Con questo emendamento vengono, effettivamente, chiarite un paio di questioni.

Con la prima viene individuato il CCNL comparativamente più rappresentativo nel settore, cosa che consente, ad esempio, alle imprese artigiane metalmeccaniche che operano nell’appalto o nel subappalto di applicare quello sottoscritto dalle associazioni sindacali che sono comparativamente più rappresentative, tagliando fuori qualunque discussione relativa alla ricerca del contratto collettivo più applicato nel settore strettamente connesso e nella zona. Tale ultimo riferimento, per la verità, è rimasto (forse un refuso dell’estensore dell’emendamento), ma la zona non è più un elemento essenziale in quanto il CCNL comparativamente più rappresentativo viene identificato dal settore di operatività.

Con la seconda, viene chiarito che il salario da corrispondere nelle attività appaltate o subappaltate è quello che risulta dalla applicazione del CCNL relativo alle stesse attività.

C’è, infine, da osservare come con la nuova formulazione istituti di primo piano per l’operatività delle norme sul lavoro, siano gestite con gli stessi riferimenti ai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.

Mi riferisco (ma l’elencazione non è affatto esaustiva):

  1. Al calcolo delle aliquote contributive previsto dalla legge n. 338/1989;

  2. All’accesso alle assunzioni agevolate, secondo la formulazione prevista dall’art. 1, comma 1175, della legge n. 296/2006;

  3. Ai contratti collettivi applicati nelle tipologie contrattuali del D.L.vo n. 81/2015 come stabilito dall’art. 51;

 

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 327 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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