Jobs act: come cambia la somministrazione di lavoro dopo il D.L.vo n. 81/2015 [Peluso]

Jobs act: come cambia la somministrazione di lavoro dopo il D.L.vo n. 81/2015 [Peluso]
*articolo pubblicato il 5 Luglio 2015 e rivisitato in data odierna dall'autore

Il 25 giugno è entrato in vigore il Decreto Legislativo 81/2015 recante la “disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni”, che, appunto, ha riscritto la disciplina della maggior parte degli istituti contrattuali utilizzati dalle aziende per reperire manodopera.

Gli articoli da 30 a 40 del decreto dettano la nuova disciplina della somministrazione. Esaminiamo le principali novità rispetto alla normativa previgente.

Viene meglio evidenziata, eliminando buona parte delle commistioni presenti nella precedente normativa, la distinzione tra contratto commerciale di somministrazione di manodopera, stipulato tra somministratore ed utilizzatore, e contratto di lavoro stipulato tra lavoratore e agenzia per il lavoro

L’articolo 30 definisce il contratto commerciale di somministrazione di manodopera, che viene sottoscritto tra l’agenzia e l’utilizzatore, come “il contratto, a tempo indeterminato o determinato, con il quale un’agenzia di somministrazione autorizzata, ai sensi del decreto legislativo n. 276 del 2003, mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore”.

Sparisce, dunque, nella disposizione che reca la definizione del contratto di somministrazione ogni riferimento al contratto di lavoro. La ferma distinzione tra contratto di somministrazione e contratto di lavoro è da sempre stata ben chiara alla dottrina e alla Giurisprudenza, tuttavia nell’ambito della disciplina prevista dal precedente D. Lgs. 276/03 non mancavano norme atte a destare confusione.

Viene confermata, per la somministrazione di lavoro a tempo determinato, la totale acausalità, che viene estesa anche allo staff leasing

È confermata, con il nuovo decreto legislativo, la scelta operata dal legislatore già con il D. L. 34/2014 di eliminare definitivamente ogni riferimento alle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che fino al marzo dello scorso anno hanno legittimato tanto il ricorso alla somministrazione a termine quanto l’utilizzo del contratto di lavoro a tempo determinato. Tale scelta, a parere di chi scrive, è frutto di una precisa volontà del legislatore di liberare definitivamente tali istituti dalla morsa di un vincolo – le ragioni di ricorso, appunto – che in passato ha dato luogo a un cospicuo contenzioso dagli esiti, per altro, assolutamente incerti, ed anzi diametralmente opposti, anche nell’ambito della medesima sezione di Tribunale. Ne consegue che resta oggi sempre possibile il ricorso alla somministrazione a termine a prescindere dall’esistenza o meno di una concreta esigenza di carattere transitorio in capo all’utilizzatore.

Il sistema della acausalità viene esteso – e questa è una novità assoluta – anche all’istituto dello staff leasing (ossia la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato), che diviene oggi utilizzabile da qualsiasi utilizzatore per qualsivoglia esigenza o mansione, entro il limite del 20% (derogabile in sede di contrattazione collettiva) del numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del contratto, a condizione che i lavoratori impiegati siano assunti a tempo indeterminato dall’agenzia. Si tratta di una vera e propria rivoluzione per l’istituto, il cui utilizzo, fino al 24 giugno, era segregato dalla legge a una manciata di casi, per lo più riferibili ad attività ausiliarie e no core, indicati tassativamente dall’oramai abrogato art. 20, comma 3, del D. Lgs. 276/03. La scelta del legislatore dovrebbe restituire finalmente dignità a uno strumento estremamente interessante che, è facile prevedere, troverà d’ora in poi diffusione anche nel nostro Paese.

Anche l’obbligo imposto per legge all’agenzia di assumere a tempo indeterminato i lavoratori inviati in staff leasing costituisce una novità rispetto al passato. Va evidenziato, tuttavia, che poco cambia concretamente per la gran parte delle agenzie, atteso che una norma simile era già stata prevista in sede di contrattazione collettiva di settore.

Una curiosità: essendo stati sic et sempliciter eliminati i casi di cui all’art. 20, comma 3, del D. Lgs. 276/03 viene da chiedersi quale sorte avranno quelle agenzie per il lavoro specialiste munite di autorizzazione, ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b) (norma che resta in vigore in quanto non oggetto di abrogazione) allo svolgimento esclusivamente di “una delle attività di cui all’articolo 20, comma 3, lettere da a) a h)”, del D. Lgs. 276/03. Si tratta delle agenzie per il lavoro specialiste, ne esistono per lo più nel settore informatico, che erano e sono autorizzate a fornire il servizio di staff leasing esclusivamente nel proprio campo di specializzazione. Oggi, paradossalmente, la norma che le istituisce è svuotata di contenuto, appunto perché contenente un rinvio a una disposizione totalmente abrogata. In assenza di qualsivoglia indicazione da parte del legislatore, e venuto meno l’obbligo di indicare nel contratto di somministrazione a tempo indeterminato il caso di riferimento, verrebbe da pensare che tali agenzie possano godere di un’estensione automatica della propria autorizzazione alla fornitura di staff leasing in generale. Si tratterebbe di un indubbio vantaggio per soggetti che, al contrario, nel non remoto passato hanno dovuto pur sopravvivere alla totale abrogazione dell’unica attività da essi esercitabile (non si dimentichi, infatti, che nel 2007 la somministrazione a tempo indeterminato fu bandita da un’abrogazione normativa per poi rivivere con la Finanziaria per l’anno 2010).

Singolare e tipicamente italiana la vicenda di imprese – che pure si sono dovute munite di autorizzazione ministeriale e iscrivere in un apposito albo pubblico, rispettando rigidi requisiti – la cui sorte è così fortemente esposta agli umori di un legislatore che puntualmente ne dimentica l’esistenza (anche nel 2007 non vi era alcuna indicazione nella legge circa la sorte di tali aziende che si trovarono da un giorno all’altro totalmente fuori legge, pur essendo autorizzate). Sarebbe auspicabile un chiarimento da parte del Ministero.

Viene confermata l’assenza di limiti legislativi all’utilizzo della somministrazione a termine, mentre viene introdotto un generale limite del 20% per il ricorso allo staff leasing. L’introduzione di limiti all’utilizzo della somministrazione a termine o la modifica del limite per il ricorso allo staff leasing vengono delegate alla contrattazione collettiva, anche di secondo livello

Come si è già avuto modo di sottolineare su queste stesse pagine, la novità più importante inerente la somministrazione di manodopera riguarda la possibilità di prevedere limiti di contingentamento alla somministrazione, sia a termine che a tempo indeterminato, anche in sede di contrattazione aziendale, per espressa delega conferita dal legislatore. L’art. 31, infatti, da un lato, nel prevedere al comma 1 il generale limite del 20% per il ricorso allo staff leasing, fà salve le diverse previsioni dei “contratti collettivi applicati dall’utilizzatore” e, dall’altro, al comma 2, sancisce pure che “la somministrazione di lavoro a tempo determinato è utilizzata nei limiti quantitativi individuati dai contratti collettivi applicati dall’utilizzatore”.

È, in primo luogo, oramai chiarito definitivamente, ove mai qualcuno ancora avesse qualche dubbio in merito, che non esiste un limite di utilizzo della somministrazione di lavoro a tempo determinato previsto dalla legge. È pacifico che un’azienda che operi in un settore in cui la contrattazione collettiva non abbia introdotto specifici limiti di contingentamento ben potrebbe decidere di impiegare tutta la manodopera necessaria mediante somministrazione a tempo determinato e non incorrere in alcuna violazione di legge.

Entrambe le norme, inoltre, vanno lette in combinato disposto con l’art. 51 del medesimo decreto legislativo 81, ove il legislatore ha, senza mezzi termini, chiarito che “salvo diversa previsione, ai fini del presente decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”.

Si tratta di una scelta in profonda discontinuità con il passato, atteso che, per quanto riguarda la somministrazione a termine, la delega per l’individuazione di limiti di contingentamento era conferita, dall’abrogato art. 20, comma 4, D. Lgs. 276/03, esclusivamente ai contratti collettivi nazionali.

Ne consegue che oggi è possibile disegnare la disciplina della somministrazione, tanto a termine quanto a tempo indeterminato, interamente nell’ambito del contratto collettivo aziendale, adattandola esattamente alle specifiche esigenze dell’utilizzatore, anche in quei settori (e sono l’assoluta maggioranza) in cui un limite di contingentamento al ricorso all’istituto sia stato previsto in sede di contrattazione nazionale.

Il legislatore ha pure confermato e meglio chiarito che è in ogni caso esente da qualsivoglia limite la somministrazione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità e di soggetti disoccupati, che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione o ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati (art. 31, comma 2).

È da sottolineare che sparisce la generale esenzione, prevista fino al 24 giugno anche per la somministrazione di lavoro a tempo determinato, nei casi di ricorso per stagionalità, per sostituzione di dipendenti assenti o per avvio di nuova attività. Qualora la scelta legislativa fosse consapevole e non il frutto di una mera svista sarebbe assolutamente incomprensibile. Ed infatti, proprio nell’ambito delle attività stagionali, ove un’azienda si trova costretta a incrementare esponenzialmente il numero dei dipendenti per un tempo limitato, l’agenzia per il lavoro appare il migliore soggetto a cui rivolgersi per il reclutamento della manodopera. Così come nei casi di sostituzione di lavoratori assenti, ove il datore di lavoro deve reperire nel minor tempo possibile un lavoratore idoneo a sostituire il dipendente assente, l’agenzia per il lavoro non può che essere, vista la certificata professionalità, l’interlocutore più idoneo a cui rivolgersi. Inaccettabile l’esclusione delle agenzie da tali ambiti. Soprattutto se si considera che la norma interviene nel bel mezzo della stagione estiva, allorquando le aziende del settore turistico, verosimilmente, hanno già provveduto a stipulare un cospicuo numero di contratti di somministrazione di manodopera per ragioni connesse con la stagionalità. Auspicando un intervento immediato del legislatore atto a ripristinare la generale esenzione dai limiti di contingentamento per tali ipotesi, che da sempre è stata prevista dalla legge e che continua ad applicarsi al contratto a tempo determinato, non può che suggerirsi agli utilizzatore che fanno uso massiccio di somministrazione in attività stagionali (qualora l’esenzione non sia già prevista nel CCNL applicato) di ricorrere alla contrattazione aziendale per ripristinare in sede pattizia ciò che è stato, è opinione di chi scrive inconsapevolmente, tolto per legge.

Quanto allo staff leasing, è pure parere di chi scrive che, in assenza di una disposizione transitoria, tanto i contratti di servizio quanto i contratti collettivi aziendali  sottoscritti prima dell’entrata in vigore della norma mantengano la propria validità anche qualora risulti superato il limite del 20% introdotto per la prima volta dal decreto. In tal caso, qualora l’azienda utilizzatrice avesse in vigore un valido contratto aziendale continuerà a rispettare le norme in esso contenute. Allorquando, invece, un contratto aziendale non fosse intervenuto a regolare la materia e un’azienda si trovasse alla data odierna a superare il limite del 20% previsto per legge in ragione di contratti di servizio sottoscritti prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. 81/15 (esempio: un’azienda ha in essere un cospicuo numero di contratti di staff leasing, stipulati prima del 25 giungo, per casi in precedenza espressamente ammessi dalla legge e per i quali non esistevano limiti di contingentamento. Si pensi ai servizi di consulenza informatica, ma anche ai servizi di portierato e via enumerando), si ritiene che nessuna norma possa dirsi violata, i contratti manterranno legittimamente la propria vigenza, con l’unica conseguenza che l’utilizzatore non potrà attivare nuove somministrazioni di lavoro a tempo indeterminato fin quando non sarà rientrato nel limite di contingentamento previsto per legge, ferma restando l’ovvia possibilità di stipulare un contratto aziendale in deroga.

Viene sancita dalla legge la pari solidarietà tra utilizzatore e  somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e a versare i contributi previdenziali e vengono ridotti gli elementi che devono essere indicati necessariamente per iscritto nel contratto di somministrazione.

L’articolo 35, comma 2, del decreto sancisce: “l’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore”. La disposizione, che a una prima e distratta lettura sembrerebbe semplicemente riprodurre il generale vincolo di solidarietà tra utilizzatore e somministratore da sempre previsto dalla normativa in materia, in realtà contiene una novità di tutto rispetto. A ben vedere, la solidarietà in essa sancita è diversa da quella che si rinveniva nel D. Lgs. 276/03. Nella precedente disciplina, infatti, il vincolo di solidarietà, pur previsto dall’art. 23, comma 3 con disposizione similissima – “L’utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali” – era tuttavia mitigato dalle norme di cui all’articolo 21, comma 1 (forma del contratto di somministrazione), ove era previsto che “Il contratto di somministrazione di manodopera è stipulato in forma scritta e contiene i seguenti elementi:” – lett. h): “assunzione da parte del somministratore della obbligazione del pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico, nonché del versamento dei contributi previdenziali”; lett. i): “assunzione dell’obbligo dell’utilizzatore di rimborsare al somministratore gli oneri retributivi e previdenziali da questa effettivamente sostenuti in favore dei prestatori di lavoro”; lett. k): “assunzione da parte dell’utilizzatore, in caso di inadempimento del somministratore, dell’obbligo del pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico nonché del versamento dei contributi previdenziali, fatto salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore”. È di tutta evidenza che la solidarietà tra utilizzatore e somministratore prevista dalle norme abrogate del D. Lgs. 276/03 non fosse una solidarietà piena, assoluta e paritaria, se è vero che l’utilizzatore assumeva formalmente l’obbligo del “pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico nonché del versamento dei contributi previdenziali” soltanto nel caso di “inadempimento del somministratore”. Nell’abrogato sistema dispositivo, obbligato principale nei confronti dei lavoratori e degli enti previdenziali era chiaramente il somministratore e l’obbligazione solidale dell’utilizzatore scattava esclusivamente in caso di inadempimento del primo. Tant’è che il legislatore si era premurato di specificare che di tanto le parti dovessero necessariamente dare atto per iscritto nel contratto di somministrazione.

La solidarietà prevista dalla disposizione di cui all’art. 35, comma 2, del D. Lgs. 81/15, invece, è effettivamente, una solidarietà piena e paritaria. Corollario di tale principio affermato dal legislatore è l’eliminazione, nel nuovo articolo 33 (forma del contratto di somministrazione) degli elementi formali di cui alle precedenti lettere h), i) e k) sopra esaminati. Proprio perché la solidarietà oggi è piena e paritaria, non è più indispensabile né necessario indicare in contratto, e conseguentemente comunicare per iscritto al lavoratore, che l’utilizzatore si è impegnato al pagamento diretto delle retribuzioni e dei contributi qualora a ciò non provvedesse il somministratore. In ragione del nuovo articolo 35, comma 2, il lavoratore potrà rivolgersi indifferentemente al somministratore oppure all’utilizzatore, senza alcun beneficio di preventiva escussione a favore del secondo.

Oggi, e non prima del 25 giugno 2015, un contratto di somministrazione stipulato tra un’agenzia per il lavoro e un’azienda utilizzatrice ove fosse previsto che le retribuzioni e i contributi siano pagati direttamente dall’utilizzatore e che all’agenzia venga corrisposto esclusivamente un corrispettivo per il servizio di intermediazione sarebbe legittimo ed efficace. Se tale ipotesi verosimilmente non si verificherà mai, stimolanti riflessioni potrebbero aprirsi nelle ipotesi in cui l’agenzia dovesse mappare un inadempimento dell’utilizzatore e decidere di invocare il vincolo di solidarietà. Resta, ovviamente, salva la possibilità tra le parti di prevedere clausole che, in continuità con quanto avvenuto in passato, impongano all’agenzia per il lavoro di procedere al pagamento diretto dei lavoratori, fermo l’obbligo dell’utilizzatore di rimborsare gli oneri sostenuti e ferma la solidarietà prevista dalla legge.

Disciplina dei rapporti di lavoro

L’articolo 34 del decreto è rubricato “disciplina dei rapporti di lavoro” e dovrebbe, quindi, riguardare esclusivamente il rapporto che intercorre tra l’agenzia per il lavoro e il lavoratore somministrato, cui l’utilizzatore è estraneo.

Va segnalato che, contraddicendo le buone intenzioni di tenere fermamente distinte le norme relative al contratto di somministrazione da quelle relative al contratto di lavoro, al comma 3 del nominato articolo il legislatore introduce una disposizione che riguarda espressamente il rapporto di utilizzazione (quello cioè che lega utilizzatore e lavoratore somministrato) riproducendo, in concreto, la vecchia norma di cui all’art. 2, comma 5, del D. Lgs. 276/03 secondo cui il lavoratore somministrato “non è computato nell’organico dell’utilizzatore ai fini della applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta eccezione per quelle relative alla materia dell’igiene e della sicurezza sul lavoro”.

In fatto di rapporti di lavoro cambia, in concreto, poco o nulla rispetto al passato. Per quanto attiene alle assunzioni a tempo indeterminato, la norma ribadisce che “il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina prevista per il rapporto di lavoro a tempo indeterminato”, dunque certamente si applicano anche ai lavoratori assunti a scopo di somministrazione dalle agenzie le recenti novità introdotte in materia di contratto a tutele crescenti. La legge (art. 34, comma 4) ribadisce che in caso di licenziamenti da parte dell’agenzia di lavoratori assunti ai fini della somministrazione, non si applicano le disposizioni dettate in materia di licenziamenti collettivi. E tanto è pacifico da sempre. Anche qui, tuttavia, il legislatore, contraddicendo le narrate buone intenzioni, sembra aver fatto confusione tra contratto di lavoro e contratto di somministrazione, atteso che la norma fa erroneamente riferimento al “caso di cessazione della somministrazione a tempo indeterminato”, laddove è pacifico che il riferimento debba essere inteso ai licenziamenti operati dall’agenzia, unico datore di lavoro formale.

Per quanto attiene all’assunzione a tempo determinato, è confermato che il rapporto tra agenzia e lavoratore trova la sua fonte normativa nella disciplina dettata dalla legge in materia di contratto a tempo determinato, per quanto compatibile e, in ogni caso, con espressa esclusione delle disposizioni che: 1) impongono al contratto a tempo determinato un limite massimo di durata (il limite dei 36 mesi più l’eventuale proroga assistita non è applicabile alle assunzioni a termine per scopo di somministrazione effettuate dalle agenzie); 2) dettano la disciplina in materia di proroghe (il limite massimo di cinque proroghe previsto per il contratto a termine non è applicabile alle assunzioni tramite agenzia) e rinnovi dei contratti a tempo determinato (non è previsto alcun limite massimo alla reiterazione di contratti a termine stipulati tra la medesima agenzia e il medesimo lavoratore, né si applicano alla somministrazione i c.d. periodi di stop and go, pari a 10 o 20 giorni, previsti nel caso di rinnovo di un contratto a termine stipulato direttamente in azienda in assenza dell’intermediazione); 3) dettano un limite di contingentamento al numero di lavoratori assumibili (si è già detto che non si applicano alla somministrazione né il limite del 20% previsto dalla legge per il ricorso al contratto a tempo determinato né eventuali differenti limiti previsti per la medesima materia dai CCNL applicati presso l’utilizzatore e tali limiti, ovviamente, non valgono neppure per l’agenzia che concretamente assume i lavoratori); 4) dispongono un diritto di precedenza in favore del lavoratore che abbia già lavorato in ragione di uno o più contratti di lavoro subordinato a tempo determinato (il diritto di precedenza previsto nel caso di assunzione a termine operata direttamente in azienda non si applica alle assunzioni a tempo determinato effettuate dall’agenzia).

Ciò che cambia rispetto al passato è, invece, semplicemente il riferimento alle disposizioni normative: fino al 24 giugno 2015 il rinvio era operato alla disciplina dettata dal D. Lgs. 368/01, per quanto compatibile e, in ogni caso, con espressa esclusione delle disposizioni di cui all’articolo 5, commi 3 e seguenti; oggi, avendo il D. Lgs. 81/2015 abrogato anche il D. Lgs. 368/01, il rinvio è operato alle disposizioni di cui al medesimo D. Lgs. 81, “al capo III per quanto compatibile, con esclusione delle disposizioni di cui agli articoli 19, commi 1, 2 e 3, 21, 23 e 24”. Si tratta, in buona sostanza, degli articoli da 19 a 29 del decreto che, appunto, recano oggi la disciplina organica del contratto di lavoro a tempo determinato.

Possibilità per le aziende di assolvere alla c.d. “quota di riserva” di cui alla L. 68/99 ricorrendo alla somministrazione di lavoro a termine

Novità assoluta per il nostro ordinamento è, in fine, quella introdotta dal medesimo articolo 34, comma 3, secondo periodo, del decreto, in ragione del quale “in caso di somministrazione di lavoratori disabili per missioni di durata non

inferiore a dodici mesi, il lavoratore somministrato è computato nella quota di riserva di cui all’articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68”. In buona sostanza, per la prima volta si consente alle aziende di adempiere all’obbligo di riserva previsto dalla normativa a tutela dei lavoratori diversamente abili mediante l’utilizzo dei medesimi con contratto di somministrazione di lavoro, sempre che le missioni abbiano durata non inferiore a dodici mesi.

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Luca Peluso (Legal Team)
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Avvocato Giuslavorista socio AGI (Avvocati Giuslavoristi Italiani). Consegue la laurea con lode in Giurisprudenza nell’anno 2001. Specializzato nell’individuazione di soluzioni idonee a garantire la giusta flessibilità in azienda, collabora con prestigiosi studi professionali fornendo prevalentemente attività di consulenza.

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