Inps: le istruzioni per il fondo di integrazione salariale [E.Massi]

Inps: le istruzioni per il fondo di integrazione salariale [E.Massi]

Con la circolare n. 176 del 9 settembre 2016, l’INPS fornisce una serie di indicazioni operative destinate a chiarire parecchie questioni per quei datori di lavoro che, “non coperti” dai trattamenti ordinari e straordinari di integrazione salariale o dai Fondi di solidarietà bilaterali o bilaterali alternativi, ricadono, per effetto dell’art. 26 del D.L.vo n. 148/2015, sotto l’ombrello applicativo del Fondo di integrazione salariale che è obbligatorio per coloro che occupano mediamente più di 5 dipendenti. Ovviamente, nella esposizione dei chiarimenti, l’Istituto segue quanto declinato nel D.M. 94343 del 3 febbraio 2016 con il quale il Fondo di solidarietà residuale, già in essere per effetto della legge n. 92/2012, è stato adeguato alle previsioni contenute nel D.L.vo n. 148/2015 a partire dal 1° gennaio u.s.

Si tratta di disposizioni particolarmente attese, soprattutto se si considera che i tradizionali ammortizzatori rappresentati dai contratti di solidarietà ex art. 5 della legge n. 236/1993 non ci sono più dal 1° luglio 2016 e che altri, come la cassa integrazione in deroga, adoperata anche dai piccolissimi datori di lavoro, con un numero di prestatori dipendenti fino a 5, sono in via di estinzione.

Come si diceva, pocanzi, destinatari della norma sono i datori di lavoro con un organico medio dimensionato almeno sulle 5 unità: si supera, quindi, il concetto di impresa in quanto la disposizione riguarda tutti i datori di lavoro, pur se non imprenditori.

Il computo dimensionale è riferito alla media occupazionale del semestre precedente: in esso rientrano tutti i lavoratori dipendenti, compresi i dirigenti, i lavoranti a domicilio e gli apprendisti (ivi compresi quelli di primo livello e quelli per l’alta formazione), con esclusione dei lavoratori (ma sono pochissimi) assunti con contratto di inserimento o reinserimento ex art. 20 della legge n. 223/1991. I lavoratori a tempo parziale e quelli intermittenti sono computati con le modalità previste dagli artt. 9 (“pro quota”) e 18 (prestazioni svolte nel semestre precedente) del D.L. vo n. 81/2015. I lavoratori assenti per malattia, infortunio e maternità sono esclusi dal calcolo nel caso in cui siano stati assunti altri lavoratori (che, però, vanno, in alternativa, computati). Nel semestre vanno compresi anche i periodi di sosta dell’attività e le sospensioni stagionali: per i datori di lavoro che hanno appena iniziato l’attività il requisito si determina in relazione ai mesi di attività.

Un primo problema può presentarsi nel caso in cui si verifichi una fluttuazione occupazionale relativa alla soglia dei 5 dipendenti: in tale ipotesi l’obbligo sussiste nel periodo di paga successivo al semestre di riferimento e non sussiste nel periodo di paga successivo al semestre in cui la media non è arrivata alle 5 unità.

I destinatari delle prestazioni sono tutti i lavoratori dipendenti, compresi gli apprendisti con contratto professionalizzante, con esclusione del personale con qualifica dirigenziale e dei lavoranti a domicilio. Il requisito richiesto dal Legislatore è quello di avere almeno 90 giorni di anzianità aziendale nell’unità produttiva (e non nell’azienda nel suo complesso).

Qui, la circolare n. 176 chiarisce alcune questioni importanti:

  • nei 90 giorni sono compresi i periodi di ferie, le festività, gli infortuni e la maternità obbligatoria;
  • sono considerati giorni di lavoro effettivo anche il sabato, nel caso in cui l’articolazione oraria sia su 5 giornate ed il riposo settimanale (domenica o altro giorno);
  • il cambio di qualifica nel periodo considerato dei 90 giorni, non incide, atteso che il D.L.vo n. 148/2015 fa riferimento, unicamente, all’anzianità maturata nell’unità produttiva;
  • in caso di trasferimento di azienda ex art. 2112 c.c., per il requisito si computa anche il periodo trascorso presso l’alienante;
  • il requisito dei 90 giorni non viene richiesto per gli eventi che sono considerati oggettivamente non evitabili.

Il concetto di unità produttiva, intesa come struttura autonoma, è particolarmente importante anche per il Fondo di integrazione salariale oltre che per i “normali” ammortizzatori ordinari e straordinari e viene in rilievo per:

  • il computo di anzianità di lavoro effettivo di almeno 90 giorni alla data di presentazione dell’istanza;
  • il computo dei limiti massimi complessivi della prestazione rapportati al quinquennio mobile;
  • il computo del limite delle 26 settimane nel biennio mobile per l’assegno ordinario;
  • il computo di 1/3 delle ore lavorabili rapportate all’assegno ordinario;
  • il computo dei 12 mesi in un biennio mobile per l’assegno di solidarietà;
  • il computo della riduzione media oraria e della percentuale di riduzione complessiva per ogni lavoratore per l’assegno di solidarietà.

Prima di entrare nel merito delle prestazioni si ritiene opportuno evidenziare i settori che non rientrano nel campo di applicazione del Fondo di integrazione salariale perché destinatari dei Fondi di solidarietà (art. 26, comma 1) o dei Fondi di solidarietà bilaterali alternativi (art. 27). Essi sono quelli:

  • del personale dipendente dalle imprese di assicurazioni e dalle società di assistenza;
  • del personale dipendente da Poste Italiane SpA e dalle altre società del gruppo;
  • del personale dipendente dalle Ferrovie dello Stato;
  • del personale dipendente da aziende del credito cooperativo;
  • del personale dipendente da aziende del settore del credito;
  • del personale dipendente dai servizi di riscossione dei tributi erariali;
  • del personale dipendente del settore marittimo – SOLIMARE;
  • del personale dipendente del trasporto pubblico;
  • del personale dipendente dai gruppi ormeggiatori e barcaioli dei porti italiani;
  • del personale dipendente da aziende del settore artigiano;
  • del personale dipendente dalle Agenzie di somministrazione di lavoro;
  • del personale dipendente da imprese destinatarie del trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale come indicato nelle circolari del Ministero del Lavoro n. 24 e n. 30 del 2015.

Le prestazioni che sono riconosciute sono quelle che si riferiscono all’assegno di solidarietà ed all’assegno ordinario.

Assegno di solidarietà

L’assegno di solidarietà presenta motivazione e percorso del tutto analogo a quello dei contratti di solidarietà difensiva ex art. 21 del D.L.vo n. 148/2015, atteso che l’obiettivo è quello di evitare in tutto o in parte licenziamenti collettivi, anche plurimi: di qui la necessità di un accordo con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, territoriale o con le loro RSA o la RSU (se esistenti). Si tratta della previsione contenuta nell’art. 51 del D.L.vo n. 81/2015. La riduzione oraria concordata non può essere superiore al 60% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile per i lavoratori interessati, potendo giungere, per alcuni, al 70% nell’arco dell’intero periodo di “agibilità” della solidarietà. L’istanza va presentata alla sede INPS territorialmente competente entro 7 giorni dalla data dell’accordo sindacale, ma la riduzione oraria non può avere inizio prima che siano trascorsi 30 giorni da quando è stata presentata, in via telematica, la domanda. Essa deve essere accompagnata:

  • dall’accordo collettivo;
  • dall’elenco dei lavoratori in forza nell’unità produttiva, integrato con le informazioni concernenti la qualifica, l’orario contrattuale e le riduzioni.

L’assegno di solidarietà può essere concesso per un massimo di 12 mesi in un biennio mobile, calcolando “a ritroso” le 103 settimane antecedenti ai fini della verifica dell’eventuale “sforamento” del limite massimo, cosa che comporta la “non accoglibilità” dell’istanza.

Assegno ordinario

L’assegno di solidarietà trova la propria ragion d’essere su causali che sono riferibili alla CIGO ed alla CIGS:

  • situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, escluse le intemperie stagionali;
  • situazioni temporanee di mercato;
  • riorganizzazione aziendale;
  • crisi aziendale, senza cessazione dell’attività produttiva.

La valutazione della sussistenza delle causali va effettuata, dalle sedi INPS competenti, seguendo quelle individuate, rispettivamente, per la CIGO dal D.M. n. 95442/2016 e per la CIGS dal D.M. n. 94033/2016.

La durata massima dell’intervento è di 26 settimane in un biennio mobile: ai fini della verifica vengono prese in considerazione le 103 settimane antecedenti la fine della prima settimana di riduzione di orario: l’istanza non può essere accolta se durante tale periodo sono già state usufruite 26 settimane di integrazione.

La richiesta, corredata, se necessario, dalla documentazione relativa all’assolvimento degli obblighi di informazione e consultazione sindacale previsti dall’art. 14 del D.L.vo n. 148/2015, deve essere presentata dal datore di lavoro, in via telematica, alla struttura territoriale dell’Istituto competente per territorio in relazione alla ubicazione dell’unità produttiva non prima di 30 giorni e non oltre il termine di 15 giorni dall’inizio della sospensione o della riduzione di orario (per il computo si applica la previsione contenuta nell’art. 2963 c.c.).

Misura della integrazione

La misura dell’assegno di solidarietà e dell’assegno ordinario è calcolata in maniera del tutto analoga alle prestazioni di CIGO, di CIGS e di CDS in una percentuale pari all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata per le ore non prestate. Essa, al netto della percentuale del 5,84%, per l’anno 2016 sono quelli riportati nella circolare INPS n. 48 e precisamente:

  • 914,96 euro se la retribuzione di riferimento è pari o inferiore a 2.102,24 euro;
  • 1.099,70 euro se la retribuzione di riferimento è superiore a 2102.24 euro.

Contribuzione

Il principio generale che regola il Fondo di integrazione salariale è quello della sostenibilità finanziaria, nel senso che non possono essere erogate prestazioni integrative in presenza di un “deficit finanziario”.

La contribuzione ordinaria, dal 1° gennaio 2016, è la seguente:

  • 0,65% della retribuzione mensile imponibile ai fini previdenziali per ogni lavoratore (con esclusione dei dirigenti e dei lavoranti a domicilio) per i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 unità, con la ripartizione di 2/3 a carico del datore e di 1/3 a carico del dipendente. Tale contributo è già dovuto per effetto del messaggio INPS n. 306/2016;
  • 0,45% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per ogni lavoratore (/anche qui con l’esclusione di dirigenti e lavoranti a domicilio) per i datori di lavoro che occupano mediamente da 5 a 15 dipendenti, con la medesima ripartizione di 2/3 ed 1/3. Il periodo tra gennaio e settembre può essere regolarizzato entro il 16 dicembre 2016, mentre da ottobre in poi lo 0,45% sarà ricompreso nella contribuzione da versare con cadenza mensile.

Nella ipotesi in cui si ricorra alle prestazioni integrative del Fondo, il datore di lavoro sarà tenuto a versare un contributo addizionale del 4% (art. 29, comma 8, del D.L.vo n. 148/2015) calcolato in rapporto alle retribuzioni perdute: tale computo si effettua sulla base della differenza tra quelle che il lavoratore avrebbe percepito senza la riduzione o sospensione di orario e quelle effettivamente corrisposte.

 

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 345 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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