Il lavoro intermittente dopo gli ultimi chiarimenti dell’INL
L'editoriale di Eufranio Massi
Con una recentissima nota, la n. 1180 del 10 luglio 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, rispondendo ad alcune sollecitazioni provenienti dagli operatori, ha fornito i propri chiarimenti relativi alle conseguenze dell’abrogazione del R.D. n. 2657/2023, operata dalla legge n. 56/2025, sulle attività consentite in materia di lavoro intermittente.
Il quadro normativo del “lavoro a chiamata”
Prima di entrare nel merito della questione occorre chiarire che il c.d. “lavoro a chiamata”, sia nella forma del tempo indeterminato che in quella a termine è possibile, secondo l’art. 13 del D.L. vo n. 81/2015:
- Per qualsiasi attività con soggetti che non hanno compiuto i 24 anni di età, purché le prestazioni siano rese entro il venticinquesimo anno, o con più di 55 anni;
- A prescindere dall’età secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi che, secondo l’indicazione fornita dall’ 51 del D.L. vo n. 81/2015, sono quelli sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, o territoriali, o dalle loro RSA o dalle RSU a livello aziendale;
- In mancanza della contrattazione collettiva la casistica di riferimento è individuata con M. del Ministro del Lavoro, cosa che, nel caso di specie, è avvenuta con il D.M. 23 ottobre 2004 che ha richiamato le tipologie di attività di natura discontinua ed episodica indicate nella tabella allegata al R.D. n. 2657/1923.
Il richiamo al R.D. n. 2657/1923 nel 2009
Prima di entrare nel merito di quanto affermato nella nota che sto commentando, mi preme sottolineare come la questione della permanenza nel nostro ordinamento del richiamo alle attività elencate nella tabella annessa al R.D. n. 2657/2023, si era già posta nel 2009, allorquando si parlò di abrogazione implicita della norma, per effetto dell’art. 1, comma 1, del D.L.vo n. 179/2009, allorquando furono abrogate una serie di disposizioni antecedenti il 1970 e, con una ripresa televisiva di “ottimo impatto scenico”, il Ministro della Funzione Pubblica “pro tempore” bruciò numerosi pacchi di disposizioni cancellate a Roma in una caserma dei Vigili del Fuoco.
La circolare Sacconi: conferma del DM 2004
L’allora Ministro del Lavoro, on. Sacconi, con la circolare n. 34/2010, concernente le tipologie contrattuali maggiormente in uso nel settore del turismo, affermò che l’abrogazione “implicitamente prevista dall’art. 1, comma 1, del D.L. vo n. 179/2009, non sembra avere riflessi sulla disciplina del lavoro intermittente, in quanto il rinvio alle tipologie del R.D. n. 2657/1923 operato dal D.M. 23 ottobre 2004, è da intendersi meramente “materiale”. Tale D.M. traeva origine dall’art. 40 (ora abrogato) del D.L. vo n. 276/2003, ma esso ha continuato a “vivere”, in quanto l’art. 13 del D.L. vo n. 81/2015 affida ad un D.M. del Ministro del Lavoro la determinazione della casistica ove si può, in assenza di accordo, tra le parti sociali, utilizzare il “lavoro a chiamata”; l’atto amministrativo richiamato continua ad essere il D.M. del 2004.
Ma cosa ha affermato l’Ispettorato Nazionale del Lavoro?
Previo parere concorde dell’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro, la Direzione Centrale Coordinamento Giuridico dell’INL, ha sostenuto che non sussiste alcun motivo per discostarsi da quanto, sin dal 2010, è la linea interpretativa fornita dal Dicastero: l’abrogazione esplicita del R.D. n. 2657/1923 non inficia la validità del D.M. 23 ottobre 2004 in quanto il richiamo alle mansioni richiamate nella tabella allegata al Regio Decreto ora abrogato definitivamente è “ratione materiae”.
Alcune considerazioni si rendono necessarie.
Chi scrive concorda, pienamente, sul significato che il D.M. del 2004 diede al rinvio alla tabella allegata al R.D. n. 2657/1923: era “ratione materiae”, cosa che si comprende anche ricordando il momento in cui l’atto ministeriale fu emanato. Si era nel 2004, il D.L. vo n. 276/2003 era stato emanato (tra una serie di polemiche) nei mesi appena trascorsi, ed occorreva dare un contenuto, sia pure provvisorio, alle determinazioni riguardanti il lavoro intermittente, fortemente osteggiato dalle organizzazioni sindacali maggioritarie. Era necessario dare un contenuto provvisorio al D.M., destinato a decadere una volta che le parti sociali avessero definito la casistica di riferimento per ogni settore, ed il richiamo alle attività discontinue o di attesa per le quali non era applicabile il limite, allora vigente, delle 48 ore settimanali, aveva una propria ragion d’essere.
Nel corso degli anni soltanto pochi contratti collettivi hanno disciplinato il ricorso a tale tipologia contrattuale, sostanzialmente precaria, ed il D.M., pur prevedendo tante mansioni alle quali far riferimento, è servito essenzialmente, per camerieri, custodi, personale della ristorazione, delle pulizie nelle imprese industriali e poco altro, pur essendo state, eliminati, in via amministrativa, gli obblighi di comunicazione e di autorizzazione, in molti casi, sia delle Prefetture che dell’Ispettorato del Lavoro, contenuti nella tabella.
Ipotetici scenari senza il richiamo normativo
Ora, credo che l’interpretazione amministrativa sopra riportata tenga, ma mi chiedo: se così non fosse ed un giudice dovesse ritenere che, con la caducazione del R.D. n. 2657/2023 (tra l’altro, emanato con ben altri scopi) è venuto meno qualsiasi altro riferimento alla tabella allegata, cosa succederebbe a coloro che hanno stipulato contratti di lavoro intermittente, richiamando specifiche voci della tabella?
Richiesta di aggiornamento del DM ministeriale
Non sarebbe, forse, il momento che il Ministro del Lavoro “pro-tempore” giunga alla determinazione di riscrivere il D.M. eliminando alcune mansioni non più attuali dell’Italia di oltre un secolo fa, ed inserendone altre che, invece, sono frutto delle innovazioni attuali?
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