Fondi bilaterali e staffetta generazionale: i chiarimenti del Ministero

Fondi bilaterali e staffetta generazionale: i chiarimenti del Ministero

Il Ministero del Lavoro, con la circolare n.1 del 17 gennaio 2023, declina le proprie indicazioni amministrative circa la possibilità, riconosciuta dalla recente normativa che è intervenuta nel “corpus” del D.L.vo n. 148/2015, integrando gli articoli 26 e 33, di consentire, a determinate condizioni, per le imprese che fanno riferimento ai Fondi bilaterali, di utilizzare forme di prepensionamento accompagnate dalla c.d. “staffetta generazionale”.

È una opzione e non un obbligo e, come tale, le novità debbono trovare un adeguato riscontro nelle disposizioni regolamentari che governano la vita dei Fondi bilaterali.

Il tutto trae origine dall’art. 12- ter del D.L. n. 21/2022, convertito con modificazioni nella legge n. 51 del 20 maggio dello scorso anno.

Due commi che vengono inseriti nel “corpus” del D.L.vo n. 148/2015: il primo implementa i compiti dei Fondi di solidarietà bilaterali (art. 26, comma 9) affermando che occorre “assicurare (comma 3-bis), in via opzionale, il versamento mensile di contributi previdenziali nel quadro dei processi connessi alla staffetta generazionale a favore di lavoratori che raggiungono i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi tre anni, consentendo la contestuale assunzione presso il medesimo datore di lavoro di lavoratori di età non superiore ai trentacinque anni compiuti per un periodo inferiore a tre anni”. Tale previsione, come ribadito dalla nota ministeriale, non è obbligatoria, né soggetta a termini decadenziali e discende, unicamente, da una valutazione che è rimessa alle parti che hanno sottoscritto l’accordo per la costituzione del Fondo.

Il secondo, invece, integra il comma 3 dell’art. 33 affermando che “gli oneri e le minori entrate relative alle prestazioni di cui all’art. 26, comma 9, lettera 3-bis, sono finanziati mediante un contributo straordinario a carico esclusivo del datore di lavoro di importo corrispondente al fabbisogno di copertura delle predette voci di costo”.

Prima di entrare nel merito della staffetta generazionale pensata dal Legislatore unicamente per i Fondi di solidarietà bilaterali dell’art. 26 ritengo opportuno chiarire brevemente cosa e cosa rappresentano.

L’art. 26 afferma che, nell’ottica di assicurare forme di sostegno del reddito nei settori “non coperti” dalla integrazione salariale, le associazioni sindacali dei datori e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale, sono tenute a stipulare accordi anche, intersettoriali: le forme integrative, legate a riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, intervengono per le causali previste dal Decreto Legislativo n. 148/2015 in materia di integrazione ordinaria e straordinaria.

La nuove disposizioni, introdotte nel “corpus” del D.L.vo n. 148/2015 dalla ultima legge di bilancio, riguardano anche i Fondi di solidarietà bilaterali già costituiti che hanno l’onere di adeguare i propri regolamenti alle novità, prima introdotte dalla legge n. 234/2021 e, ora, dall’art. 12- ter del D.L. n. 21/2022: il tutto, entro il prossimo 30 giugno.

Ciascun Fondo è costituito presso l’INPS, con D.M. “concertato” tra i Ministri del Lavoro e dell’Economia: tale ultimo provvedimento, tra le altre cose, individua sia l’ambito di applicazione che la natura dei datori di lavoro interessati. Sul sito internet del Ministero del Lavoro è riportato l’elenco dei Fondi costituiti: esso comprende anche quelli degli articoli 27 (Fondo del settore artigiano e Fondo dei lavoratori in somministrazione), 29 (FIS) e 40 (Fondi intersettoriali delle Provincie autonome di Trento e Bolzano) ai quali non si applica, come ricorda la circolare n. 1/2023, la disciplina sul cambio generazionale che si sta commentando.

Le parti sociali possono apportare, in data successiva, modifiche agli atti costitutivi che, tuttavia, debbono essere recepite con un Decreto Direttoriale Lavoro-Economia, sulla base di una proposta del comitato amministratore dello specifico Fondo, nel caso in cui le modifiche riguardino la variazione delle aliquote richieste sulle contribuzioni ai datori di lavoro o delle prestazioni a favore dei lavoratori.

I Fondi non hanno personalità giuridica e costituiscono gestioni dell’INPS che provvede anche a determinare gli oneri di amministrazione attraverso un regolamento di contabilità.

Ma i Fondi di solidarietà debbono soltanto assicurare una tutela in costanza di rapporto di lavoro, oppure possono perseguire anche altri scopi?

La risposta è fornita dal comma 9 dell’art. 26 al quale il Legislatore, con l’art. 12- ter del D.L. n. 21/2022, ha aggiunto, come detto pocanzi, il comma 3-bis che si va ad aggiungere ai punti sotto elencati già presenti nel testo:

a. Possono assicurare ai lavoratori una tutela integrativa rispetto sia alla NASPI o ad altra indennità dovuta per la perdita del posto di lavoro, che ai trattamenti di integrazione salariali previsti per legge;

b. Possono prevedere emolumenti straordinari per il sostegno del reddito all’interno dei processi di incentivo all’esodo in favore dei lavoratori che raggiungono i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei 5 anni successivi;

c. Possono contribuire al finanziamento di programmi di riconversione o riqualificazione professionale, anche con il supporto di fondi nazionali e comunitari.

La staffetta generazionale attivabile attraverso i Fondi di solidarietà bilaterali, necessita di un versamento mensile “ad hoc”, fino al raggiungimento del “traguardo pensionistico” da parte del Fondo stesso che, tuttavia (art. 33, lettera 3-bis), è finanziato attraverso un “contributo economico” del datore di lavoro iscritto ed interessato, finalizzato a coprire gli oneri scaturenti da tale operazione”.

Ma, chi sono i potenziali lavoratori interessati ad una uscita anticipata?

Tale operazione può coinvolgere i dipendenti ai quali mancano non più di trentasei mesi al raggiungimento della pensione anticipata o di vecchiaia e comporta, per ogni lavoratore in uscita, almeno una assunzione contestuale di giovani con non più di trentacinque anni compiuti. Ai lavoratori “neo assunti” deve essere assicurato un rapporto di lavoro di almeno tre anni.

Alcuni chiarimenti si rendono, a questo punto, opportuni.

Il primo riguarda i soggetti potenzialmente interessati: la staffetta generazionale comporta il pieno assenso di lavoratori vicini alla pensione anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne) o di vecchiaia (67 anni) che, probabilmente, dietro un incentivo alla risoluzione anticipata del rapporto, consentono alla risoluzione del proprio rapporto, con l’impegno del Fondo a versare la contribuzione dovuta fino al raggiungimento del primo traguardo pensionistico.

L’uscita anticipata dal lavoro non è accompagnata da alcun riconoscimento di indennità mensile commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore all’atto della cessazione del rapporto come, ad esempio, quello previsto dal comma 5-bis dell’art. 41 che disciplina il contratto di espansione. Questo è, indubbiamente, un ostacolo che, comunque, le parti potrebbero superare con una specifica previsione, nel rispetto dell’equilibrio finanziario postulato dall’art. 35.

Di conseguenza, non mi sembra che tale disposizione presenti un particolare “gradimento”.

Il secondo approfondimento riguarda il giovane che deve essere assunto per il quale vanno chiarite alcune cose fondamentali:

a. Età non superiore ai trentacinque anni compiuti: secondo la interpretazione fornita dalla sentenza n. 21 dell’8 novembre 2011 del Consiglio di Stato (adunanza plenaria) il limite massimo di età resta fissato al giorno del compimento degli anni e non oltre;

b. Il datore di lavoro deve assicurare un rapporto di lavoro non inferiore a tre anni. Il Legislatore non dice altro ma tale norma va letta come una assunzione a tempo indeterminato, atteso che, nel nostro ordinamento (fatta salva una diversa previsione della contrattazione collettiva) un contratto a termine, con l’apposizione di una delle causali indicate dall’art. 19 del D.L.vo n. 81/2015), non può superare la soglia dei ventiquattro mesi e che il lavoratore, nel triennio di riferimento, successivo alla propria assunzione, non può essere licenziato per giustificato motivo oggettivo. Il vincolo di una durata minima non è nuovo nel nostro ordinamento: basti pensare alla sanatoria con instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, per le collaborazioni prevista dall’art. 1, comma 1210, della legge n. 296/2006 ove la durata era di ventiquattro mesi o all’art. 54 del D.L.vo n. 81/2015 ove la stabilizzazione, a determinate condizioni, di titolari di partita IVA o di collaboratori, anche a progetto, prevedeva un mantenimento del posto, a seguito di una assunzione a tempo indeterminato, per almeno dodici mesi;

c. Il lavoratore può essere assunto con qualsiasi tipologia contrattuale a tempo indeterminato, anche a tempo parziale (con esclusione, pur nel silenzio della nota ministeriale che nulla dice, del lavoro intermittente ove non viene assicurata alcuna stabilità ed ove la prestazione dipende, unicamente, dalla “chiamata” del datore di lavoro) usufruendo di sgravi contributivi ed economici previsti dalle varie norme che riguardano le assunzioni come quella per gli “under 36” o con la contribuzione “propria” (ridotta rispetto a quella generale), prevista per l’apprendistato professionalizzante;

d. L’assunzione, afferma il Legislatore, deve essere contestuale al prepensionamento. La norma appare abbastanza rigida e la contestualità, sta a significare che la stessa dovrebbe avvenire lo stesso giorno dell’uscita del dipendente anziano, o il giorno prima (tenendo conto degli adempimenti burocratici legati alla instaurazione del rapporto): tale concetto è espresso, chiaramente, nella circolare n. 1/2023;

e. L’utilizzazione del termine contestuale, secondo la circolare n. 1/2023, va intesa sia n termini di tempistica che quantitativi, nel senso che alla cessazione di un rapporto di lavoro per pensionamento anticipato deve corrispondere l’assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore di età non superiore ai 35 anni in sostituzione. L’obiettivo della norma, infatti, è quello di un ricambio generazionale effettivo e bilanciato all’interno del quadro produttivo.La staffetta generazionale potrebbe, in un primo momento, concretizzarsi attraverso una riduzione concordata dell’orario di lavoro del dipendente “pensionando”, accompagnata da una assunzione a tempo parziale dell’’”under 35”. Ovviamente, la riduzione di orario che sarà applicabile al lavoratore anziano fino al raggiungimento della pensione anticipata.

Altra riflessione riguarda l’art. 33: il datore di lavoro deve coprire i costi di tutta l’operazione che il Fondo deve affrontare. Ciò significa che, presumibilmente, il Fondo chiederà una fideiussione bancaria, oltre modo necessaria, sia per i contributi da versare lungo l’arco temporale di riferimento, che per una eventuale indennità che si ritenesse opportuno riconoscere al lavoratore nell’accompagnamento al primo traguardo pensionistico.

La circolare n. 1/2023 conclude affermando che una verifica relativa ad una proiezione del costo a carico del datore di lavoro può essere richiesta all’NPS dei quali i Fondi bilaterali costituiscono una gestione.

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Eufranio Massi
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E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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