Integrazioni salariali: alcune cose da non dimenticare
L'editoriale di Eufranio Massi
Il quadro normativo di riferimento
La normativa sulle integrazioni salariali è, in gran parte, contenuta nel D.L.vo n. 148/2015 che, nel decennio appena trascorso, ha subito profonde modifiche (penso, ad esempio, alle novità introdotte a partire dal gennaio 2022) ma che, in diversi punti fondamentali, è rimasta invariata.
In questa breve riflessione richiamerò alcuni aspetti molto importanti che gli operatori alle prese con le richieste di intervento, debbono, a mio avviso, tenere sempre in mente: mi riferisco all’anzianità nella unità produttiva, al periodo di integrazione salariale per gli apprendisti, al concetto di unità produttiva e al trattamento di malattia in presenza di un intervento integrativi salariale ordinario.
Anzianità nell’unità produttiva
L’art. 1 del D.L.vo n. 148/2015 afferma che sono destinatari del trattamento di integrazione salariale tutti i lavoratori subordinati, sia a tempo pieno che parziale, compresi gli apprendisti ed i lavoratori a domicilio. Resta fuori “dall’ombrello protettivo” unicamente il personale con qualifica dirigenziale.
Il requisito richiesto, in via generale, è quello di una anzianità presso l’unità produttiva (e non, quindi, presso l’azienda) pari ad almeno 30 giorni di lavoro effettivi, a prescindere dalla quantificazione oraria, maturati alla data di presentazione della domanda di concessione della integrazione salariale. Tale requisito temporale, non è richiesto allorquando l’istanza di integrazione salariale discende da eventi oggettivamente non evitabili che non dipendono né dal datore di lavoro né dai dipendenti, come nel caso del maltempo, della sospensione dell’attività a seguito dell’ordine di una autorità pubblica, o per le crisi climatiche dovute a calura.
Nel concetto di lavoro effettivo rientrano anche quelli nei quali si è verificata l’assenza per ferie, festività ed infortunio. Anche i periodi di astensione obbligatoria dal lavoro per maternità debbono essere computati sulla scorta della sentenza della Corte Costituzionale n. 423 del 6 settembre 1995: tutto questo in analogia con la previsione dell’art. 16, comma 1, della legge n. 223/1991 ai fini dell’anzianità aziendale per la procedura collettiva di riduzione di personale.
Un caso del tutto particolare riguarda l’anzianità del dipendente che è passato, a seguito di cambio di appalto, alle dipendenze di un nuovo datore di lavoro: qui vale il principio dell’anzianità nell’appalto, nel senso che si computa anche, per il raggiungimento del limite, quella acquisita alle dipendenze del precedente imprenditore.
In caso di trasferimento di azienda ex art. 2112 c.c., conservando i lavoratori tutti i diritti che discendono dal rapporto precedentemente instaurato, ai fini della verifica del requisito dell’anzianità di lavoro nella unità produttiva occorrerà conto del periodo trascorso alle dipendenze del cedente.
La circolare INPS n. 139/2016 e i chiarimenti ministeriali
La circolare INPS n. 139/2016 ha chiarito che:
- Ai fini del calcolo dei 30 giorni (prima del 2022 erano 90) per l’anzianità nella unità produttiva laddove l’orario è articolato su cinque giorni lavorativi, viene calcolato, oltre che la domenica, anche il sabato;
- Nel calcolo dei 30 giorni di anzianità nell’unità produttiva non rileva l’eventuale cambio di mansioni o di livello, in quanto la norma richiede soltanto il calcolo dell’anzianità nell’unità e non nel livello o nelle mansioni.
La circolare n. 14 del Ministero del Lavoro del 26 luglio 2017 ha chiarito, inoltre, un aspetto particolare che, talora, si rinviene nell’istruttoria delle istanze di integrazione salariale straordinaria: quello dei lavoratori trasferiti da una unità produttiva all’altra (entrambe in CIGS) dopo la presentazione della domanda. La Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali e degli Incentivi per l’Occupazione ha affermato che il requisito dell’anzianità deve essere posseduto dai lavoratori all’atto della presentazione dell’istanza e che è del tutto ininfluente ai fini del riconoscimento della indennità, il fatto che gli stessi (o parte di loro) siano stati trasferiti in un’altra unità produttiva in CIGS, in quanto ciò rientra nella potestà imprenditoriale, finalizzata a superare le inefficienze gestionali, alle quali deve contribuire lo stesso istituto della integrazione salariale straordinaria: tale indirizzo risulta essere stato ripreso dalla circolare n. 1/2022 dello stesso Dicastero del Lavoro.
Apprendistato
Dal 1° gennaio 2022 l’intervento integrativo salariale viene riconosciuto in favore di tutti gli apprendisti e non soltanto a quelli con contratto professionalizzante, ivi compresi i soggetti disoccupati, senza limiti di età, fruitori di un trattamento di NASPI ai quali fa riferimento l’art. 47, comma 3 del D.L.vo n. 81/2015, a cui si sono poi aggiunti i lavoratori in CIGS per transizione occupazionale e, di recente, anche i carcerati e gli internati ammessi al lavoro esterno.
Il comma 4 dell’art. 2, nell’ottica dell’art. 42, comma 5, lettera g), del D.L.vo n. 81/2015 ed in considerazione del fatto che il contratto di apprendistato ha una propria specificità, ha previsto che il periodo di durata del piano formativo sia prorogato in misura equivalente all’ammontare delle ore di integrazione fruite per effetto della sospensione o della riduzione di orario. I datori di lavoro interessati, ricorda il messaggio n. 24/2016, devono rapportare a giornate il valore delle ore complessivamente fruite. La sospensione o la riduzione di orario non debbono pregiudicare il completamento del percorso formativo che, qualora necessario, dovrà essere ridefinito.
Concetto di unità produttiva
Il concetto di unità produttiva è molto importante nel D.L.vo n. 148/2015 in quanto viene correlato ad istituti diversi che possono così riassumersi:
- Per definire il requisito dell’anzianità di effettivo lavoro di almeno 30 giorni;
- Per calcolare, con riferimento alla CIGO, i tre limiti temporali massimi concomitanti di utilizzo dell’ammortizzatore (quinquennio mobile, biennio mobile per il calcolo delle 52 settimane, 1/3 delle ore lavorabili ex art. 12, comma 5);
- Per definire l’incremento del contributo addizionale anche in relazione ai limiti temporali di “godimento” degli ammortizzatori;
- Per radicare la competenza delle varie sedi territoriali dell’INPS per la trattazione delle domande.
Giuridicamente il concetto non risulta definito per cui vanno individuati alcuni requisiti essenziali che, ai fini degli interventi integrativi, possono così sintetizzarsi anche alla luce dei chiarimenti ulteriori intervenuti con la circolare INPS n. 9 del 19 gennaio 2017:
- Attività finalizzata ad un ciclo produttivo completo anche se riferito ad una frazione o ad un momento essenziale dell’attività o del ciclo di vendita;
- Autonomia amministrativa sotto l’aspetto organizzativo, caratterizzata da una sostanziale indipendenza tecnica: l’unità produttiva è dotata di autonomia finanziaria o tecnico funzionale, intendendosi il plesso organizzativo che presenta una fisionomia distinta e che abbia, in condizioni di indipendenza, un proprio riparto di risorse disponibili così’ da permettere in piena autonomia le scelte più confacenti. Aver posto, rispetto al passato, l’alternativa tra autonomia finanziaria e autonomia tecnico funzionale, fa sì che, legittimamente, la richiesta possa pervenire per una unità produttiva priva di autonomia finanziaria come, ad esempio, i punti vendita di un’impresa della grande distribuzione;
- Maestranze in forza addette in via continuativa.
Trasferimenti tra unità produttive e CIGS
Ma, cosa succede al personale che transita da una unità produttiva all’altra quando una soltanto o tutte due sono in CIGS?
Se da una in CIGS il personale passa ad una senza CIGS, ovviamente, viene meno il trattamento integrativo. Se passa da una in CIGS ad un’altra sempre in trattamento integrativo straordinario, non sono richiesti i 30 giorni di anzianità nella seconda unità: ciò è stato già chiarito dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 14 del 26 luglio 2017.
Malattia e trattamento integrativo salariale ordinario
La disposizione di riferimento è nel comma 7 dell’art. 3 del D.L.vo n. 148/2015 in ordine al quale l’INPS ha emanato le proprie indicazioni operative con la circolare n. 197/2015.
Se lo stato di malattia insorge durante una sospensione a zero ore dell’attività, il lavoratore che è in integrazione salariale continua a percepire l’indennità e sullo stesso non grava alcun obbligo di comunicazione al datore di lavoro, essendo l’attività sospesa.
Se, invece, lo stato di malattia è precedente all’inizio della sospensione a zero ore si possono verificare due ipotesi:
- Se la sospensione riguarda tutti i dipendenti in forza nell’unità produttiva o nel reparto al quale appartiene il lavoratore, quest’ultimo entra in integrazione salariale dalla data di inizio del trattamento;
- Se la sospensione non riguarda la totalità del personale dell’unità produttiva o del reparto al quale risulta adibito il lavoratore, quest’ultimo continua a fruire della indennità di malattia;
- Se l’intervento integrativo riguarda una riduzione di orario con conseguente contrazione dell’attività, il lavoratore continua a fruire dell’indennità di malattia, come ricorda l’INPS con il messaggio n. 1822/2000.
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