Quota 100 dopo la sentenza della Corte Costituzionale

L'Editoriale di Eufranio Massi alla luce della sentenza n. 234 del 24 novembre 2022 della Corte Costituzionale

Quota 100 dopo la sentenza della Corte Costituzionale

L’analisi di questa settimana concerne una sentenza della Corte Costituzionale, la n. 234 del 24 novembre 2022, con la quale è stata dichiarata la legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 3, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo 2019, n. 26, il quale prevede che il soggetto che ha fruito della pensione attraverso la c.d. “Quota 100” (62 anni di età e 38 di contributi) non possa cumulare il proprio trattamento pensionistico con altri redditi da lavoro dipendente od autonomo, con la sola eccezione del lavoro autonomo occasionale ex art. 2222 c.c. ed entro il limite dei 5.000 euro l’anno: tutto questo fino al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia (67 anni), quando potrà, liberamente, cumulare la pensione con altro reddito da lavoro. Il mancato rispetto della previsione normativa comporta il blocco del trattamento pensionistico per l’anno in corso ed il recupero delle somme già percepite.

Tale argomento sembra interessare una platea limitata ma, a mio avviso, è da tenere in debita considerazione anche per l’immediato futuro allorquando (se sono vere, come credo, le anticipazioni di stampa sulle bozze della legge di bilancio per l’anno venturo) oltre ai requisiti richiesti per “Quota 103” e per “Opzione donna” prorogata a tutto il 2023, sarà previsto il divieto di operare nel mondo del lavoro, fino ai 67 anni, tranne che con le collaborazioni occasionali ex art. 2222 c.c. entro i limiti annuali dei 5.000 euro. Si tratta di ipotesi di pensionamento anticipato che potrebbero interessare un numero più consistente di lavoratori.

La Consulta era stata interessata dal Tribunale di Trento che aveva ritenuto l’art. 14, comma 3, del D.L. n. 4/2019, in contrasto con il comma 1 dell’art. 3 della Costituzione in quanto, in ottemperanza allo stesso, l’INPS aveva proceduto alla richiesta di restituzione dei ratei di pensione relativi al periodo maggio 2019-agosto 2020: con il ricorso al Tribunale il lavoratore aveva, altresì, richiesto, i ratei di pensione per il periodo settembre – dicembre 2020, compresa la tredicesima, bloccati dall’Istituto. Quest’ultimo aveva operato in tal modo in quanto il lavoratore, dopo il 1° maggio 2019, aveva svolto prestazioni di lavoro intermittente, senza obbligo di disponibilità, percependo redditi per complessivi 1.472,47 euro lordi (ben al di sotto, quindi, della somma complessiva che avrebbe potuto raccogliere con contratti d lavoro occasionale ex art. 2222 c.c. stabilita dal Legislatore in 5.000 euro l’anno).

Secondo il giudice remittente la norma:

a) Avrebbe introdotto una irragionevole disparità di trattamento tra chi svolge prestazioni occasionali ex art 2222 c.c., con compensi fino a 5.000 euro e chi, pur essendo pensionato, svolge un’attività di lavoro dipendente “non stabile” con un rapporto che si attiva con la “chiamata” del datore di lavoro e dalla quale trae un reddito ben al di sotto della soglia dei 5.000 euro. L’ingiustificata disparità di trattamento discende dal fatto che il collaboratore conserva il diritto alla pensione nell’anno solare, mentre il lavoratore intermittente, pur avendo “guadagnato” una somma inferiore, lo perde;

b) Avrebbe violato l’art. 38, comma 2, della Costituzione, in quanto, a fronte della percezione di redditi da lavoro di entità esigua, la decurtazione del trattamento pensionistico è intervenuta per l’intero anno solare;

c) Sarebbe in contrasto con gli articoli 4 e 36, comma 1, della Costituzione in quanto il sacrificio imposto al pensionato sarebbe sproporzionato ed irragionevole e limiterebbe il diritto al lavoro.

Il ricorrente, ricorda il giudice, ha altresì prospettato una lettura costituzionalmente orientata del divieto di cumulo, sostenendo che l’INPS avrebbe dovuto, soltanto, procedere alla decurtazione del trattamento pensionistico, in misura equivalente ai redditi da lavoro dipendente percepiti.

La risposta della Consulta è stata drastica non riconoscendo fondata la questione di legittimità costituzionale sostenendo che:

a) Il divieto di cumulo risponde a più ampie esigenze di razionalità del sistema pensionistico e che “Quota 100” consistente in una deroga limitata nel tempo prevista dal Legislatore del 2019, appare molto vantaggiosa per chi intende farvi ricorso;

b) Il Legislatore ha preteso, in maniera non irragionevole, che chi intende optare per il sistema pensionistico agevolato, esca dal mercato del lavoro;

c) La comparazione tra redditi da lavoro dipendente (vietati dalla disposizione) e redditi di lavoro autonomo (ammessi dalla norma) non ha fondamento in quanto non sono omogenee le situazioni che sono poste a raffronto;

d) La scelta del Legislatore di prevedere il cumulo unicamente per il lavoro occasionale che per la sua natura del tutto residuale non incide in modo diretto e significativo sulle dinamiche occupazionali, appare coerente, e si differenzia per questo dal lavoro subordinato, sia pure nella modalità flessibile del lavoro intermittente;

e) L’assenza di omogeneità tra le prestazioni lavorative autonome e subordinate fa sì che non sia violato il principio di eguaglianza (e qui la Corte cita una serie di sentenze tra cui la n. 127/2020, la n. 32/2018 e la n. 241/2016);

f) La scelta del Legislatore di diversificare il divieto di cumulo, non risulta costituzionalmente illegittima pur a fronte della sproporzione tra quanto percepito ed il blocco dei ratei di pensione, in quanto occorre considerare l’eccezionalità della misura pensionistica di “Quota 100” che ha consentito il ritiro dal lavoro a condizioni estremamente favorevoli, con lo scopo, non nascosto, di creare nuova occupazione attraverso forme di “staffetta generazionale”. Di qui la scelta di vietare ogni forma di lavoro subordinato, anche saltuaria ed episodica come le c.d. “prestazioni a chiamata”, lasciando soltanto il lavoro autonomo occasionale, di per sé residuale e con un importo annuale massimo ridotto che non comporta iscrizione alla gestione separata dell’INPS e versamento di contributi previdenziali. Il lavoro autonomo occasionale non postula alcuna etero direzione e non incide in modo diretto e significativo sulle dinamiche occupazionali.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 321 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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