Il lavoro sulle piattaforme digitali: obblighi di comunicazione

Il lavoro sulle piattaforme digitali (che non riguarda soltanto i rider) è sempre più oggetto di attenzione da parte del Ministero del Lavoro

Il lavoro sulle piattaforme digitali: obblighi di comunicazione

Il lavoro sulle piattaforme digitali (che non riguarda soltanto i rider) è sempre più oggetto di attenzione da parte del Ministero del Lavoro: di qui la necessità di monitorare il fenomeno che va sempre di più ampliandosi, di qui la necessità di adempimenti “ad hoc” ai fini delle comunicazioni obbligatorie. Probabilmente, uno degli obiettivi della specifica mappatura risiede nel fatto che l’Esecutivo, pensa, in un futuro più o meno prossimo, di procedere con interventi normativi sotto l’aspetto dei controlli che, peraltro, per la forma che assumono tali prestazioni, presentano molte difficoltà operative, non potendosi, a pieno, utilizzare gli usuali strumenti.

Ma, andiamo con ordine alla luce delle novità e degli obblighi intervenuti con il D.M. n. 31/2022.

Dallo scorso 14 aprile, i committenti che utilizzano lavoratori che prestano la propria attività attraverso piattaforme digitali, debbono comunicare al sistema del Ministero del Lavoro, attraverso uno specifico programma applicativo, entro i venti giorni successivi alla instaurazione del rapporto di lavoro, una serie di dati compilando il modello UNI-piattaforma secondo standard definiti, in via amministrativa, dal D.M. n. 31/2022 che contiene anche il predetto modello. Tale comunicazione, come ricorda il comma 3 dell’art. 3, ha natura pluri efficace nei confronti dell’INPS, dell’INAIL, delle Regioni e delle Province Autonome (per i servizi per l’impiego) e del Ministero dell’Interno (per quel che concerne i lavoratori stranieri ed i compiti degli Sportelli Unici per l’Immigrazione – probabilmente extra comunitari –  ma il DM non fa questa distinzione).

Il modello UNI-piattaforma contiene:

  1. I dati che si riferiscono alle parti;
  2. La data di inizio delle prestazioni e quella finale;
  3. La durata presunta delle prestazioni espresse in ore;
  4. La tipologia contrattuale;
  5. Il luogo di svolgimento dell’attività;
  6. Il compenso pattuito.

La comunicazione relativa all’inizio delle prestazioni non può essere rettificata od annullata.

I soggetti abilitati alla trasmissione dei modelli debbono registrarsi sul portale Servizi del Ministero del Lavoro: oltre ai referenti aziendali sono abilitati i professionisti ex lege n. 12/1979, le associazioni di categoria e gli altri operatori che si sono registrati.

Una prima considerazione appare necessaria.

Il nuovo obbligo di comunicazione relativo a prestazioni che avvengono tramite piattaforme digitali va ad inserirsi, come eccezione, rispetto alla regola generale che prevede, ad esempio, per le prestazioni autonome occasionali (non attraverso la piattaforma), l’obbligo di comunicazione prima dell’inizio dell’attività, sulla scorta della previsione contenuta nell’art. 13 del D.L. n. 146/2021. Ciò lo si evince anche da ciò che afferma il comma 4 dell’art. 3 che ribadisce, altresì, l’obbligo della comunicazione preventiva nelle modalità usuali per “le ipotesi” di lavoro subordinato e di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa.

Ma, per ben comprendere la questione di cui stiamo parlando, come si possono definire, una piattaforma digitale ed il lavoro intermediato da piattaforma digitale?

La risposta alla prima domanda ce la fornisce il comma 1 dell’art. 1, alla lettera a), quando afferma che per piattaforma di lavoro digitale si intendono “i programmi e le procedure informatiche che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, condizionano le modalità di esecuzione di una prestazione di lavoro”.

La lettera b) dello stesso comma, invece, offre una definizione di lavoro intermediato da piattaforma digitale: esso consiste in una prestazione di lavoro, compresa quella di natura intellettuale, intermediata da una piattaforma digitale che ne condiziona le modalità di esecuzione, indipendentemente dalla qualificazione contrattuale del rapporto di lavoro e del luogo di svolgimento della prestazione.

Tale ultima definizione sembra offrire uno spaccato “operativo” per i controlli degli organi di vigilanza molto ampio, atteso che non ci si ferma, unicamente, al fenomeno dei “riders” che tanta eco ha avuto ed ha sui “media, ma che riguarda un’ampia gamma di prestazioni autonome (occasionali, collaboratori coordinati e continuativi, ecc.) che, in presenza di alcune caratteristiche, potrebbero ben essere ricondotte nell’alveo della subordinazione.

Ma cosa succede in caso di tardiva comunicazione da parte del committente al quale non sono stati sufficienti i venti giorni previsti?

Scatta una sanzione amministrativa, diffidabile, compresa tra 100 e 500 euro.

Ma, parlando degli accertamenti ispettivi non si può escludere il caso in base al quale, con prove, il rapporto di lavoro qualificato come autonomo che si avvale di piattaforma digitale, venga ricondotto nell’ambito della subordinazione. Qui gli ispettori del lavoro potrebbero verificare la sussistenza o meno della etero organizzazione anche alla luce di ciò che afferma l’art. 2 del D.L.vo n. 81/2015: se la comunicazione con UNI-piattaforma è stata regolarmente inviata, non scatterà la sanzione per lavoro nero in quanto il prestatore risulta “conosciuto” agli organi amministrativi.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 321 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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