La cassa post Covid per i datori di lavoro in difficoltà

Erano molti, tra gli operatori, quelli che speravano in un prolungamento, fino al termine del periodo emergenziale fissato al 31 marzo 2022, degli interventi salariali COVID in favore dei datori di lavoro in difficoltà

La cassa post Covid per i datori di lavoro in difficoltà

Erano molti, tra gli operatori, quelli che speravano in un prolungamento, fino al termine del periodo emergenziale fissato al 31 marzo 2022, degli interventi salariali COVID in favore dei datori di lavoro in difficoltà in questo primo abbrivio dell’anno.
Con il trascorrere dei giorni la speranza è andata sempre più scemando e il D.L. 27 gennaio 2022, n. 4 ne è la palese testimonianza. Il Governo, attraverso l’art. 7, punta all’applicazione integrale (con uno sconto, come vedremo, legato alla mancata richiesta del contributo addizionale) della nuova normativa, in vigore dal 1° gennaio, con la quale sono stati integralmente rivisti gli ammortizzatori disciplinati dal D.L.vo n. 148/2015: l’intervento, con lo sconto, è previsto unicamente in alcuni settori, identificati, attraverso il codice ATECO, nell’allegato al provvedimento normativo. Essi sono:

  • a) Settore turistico: Alloggio (codici 55.10 e 55.20);
  • b) Settore turistico: Agenzie e tour operator (codici 79.1. 79.11, 79.12 e 79.90);
  • c) Ristorazione: su treni e navi (codici 56.10.5);
  • d) Ristorazione: Catering per eventi, banquetin (codici 56.21.0);
  • e) Ristorazione: Mense e catering continuativo su base contrattuale (codici 56.29);
  • f) Ristorazione: Bar e altri esercizi simili senza cucina (codici 56.30);
  • g) Ristorazione: Ristorazione con somministrazione (codici 56.10.1);
  • h) Parchi e divertimenti e parchi tematici (codici 93.21);
  • i) Attività ricreative: Discoteche, sale da ballo, night club e simili (codici 93.29.1);
  • j) Attività ricreative: Sale giochi e biliardi (codici 93.29.3);
  • k) Attività ricreative: Altre attività di intrattenimento e divertimento -sale bingo- (codici 93.29.09);
  • l) Trasporto terrestre di passeggeri in aree urbane e suburbane e altre attività di trasporto passeggeri nca (codici 49.31 e 49.39.09);
  • m) Gestioni per stazioni di autobus (codici 52.21.30);
  • n) Gestioni di funicolari, ski-lift e seggiovie se non facenti parte dei sistemi di transito urbano e suburbano (codici 49.39.01);
  • o) Attività di servizio radio per radio taxi (codici 52.21.90);
  • p) Musei (codici 91.02 e 91.03);
  • q) Altre attività di servizi connessi al trasporto marittimo e per vie d’acqua (codici 52.22.09);
  • r) Attività dei servizi connessi al trasporto aereo (codici 52.23.00);
  • s) Attività di distribuzione cinematografica, di video e di programmi televisivi (codici 59.13.00);
  • t) Attività di proiezione cinematografica (codici 59.14.00);
  • u) Organizzazione di feste e cerimonie (codici 96.09.05).

Fatta questa breve, doverosa, indicazione dei settori che potranno usufruire degli interventi salariali senza alcuna addizionale, ritengo che sia opportuno andare a vedere cosa recita l’art. 7 del D.L. n. 4/2022: “I datori di lavoro indicati nell’allegato I al presente Decreto che, a decorrere dalla data del 1° gennaio 2022 e fino al 31 marzo 2022, sospendono o riducono l’attività lavorativa ai sensi del D.L.vo n. 148/2015, sono esonerati dal pagamento del contributo addizionale di cui agli articoli 5 e 29, comma 8, del predetto Decreto”. L’articolo prosegue, poi, al comma 2 prevedendo la copertura degli oneri.
Ora, cosa significa tutto questo per i settori interessati?
Prima di entrare nel merito dei contenuti ritengo doveroso ricordare che, siccome le integrazioni salariali possono decorrere dal 1° gennaio ed il D.L. n. 4/2022 è entrato in vigore il 27 gennaio, stesso giorno della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 21, l’INPS, attraverso i propri chiarimenti amministrativi, rimetterà, come già avvenuto in passato, nei termini quei datori di lavoro che, facendo iniziare gli interventi di sostegno a partire dai primi giorni dell’anno, avrebbero oltrepassato la scadenza del giorno ultimo per la presentazione delle istanze.
Il Legislatore non sembra prevedere alcuna agevolazione burocratica: l’iter da seguire, quindi, è quello previsto dalla riforma (ad eccezione, del pagamento del contributo addizionale previsto per il FIS al 4% – art. 29, comma 8 – e per le aziende rientranti nella CIGO nelle misure temporalmente diversificate del 9%, de 12% e del 15% secondo il dettato dell’art. 5. Di conseguenza:

  • a) Verifica dell’anzianità nell’unità produttiva che riguarda le persone interessate agli ammortizzatori: essa è di 30 giorni e comprende anche le giornate di ferie, malattia, infortuni ed astensione obbligatoria. La copertura di sostegno riguarda tutti i lavoratori subordinati, compresi quelli a domicilio e gli apprendisti, a prescindere dalla tipologia contrattuale di riferimento, con la sola esclusione dei dirigenti;
  • b) Informazione e consultazione sindacale (art. 14);
  • c) Relazione tecnica da allegare all’istanza (circolare INPS n. 139/2016) ove, nella stragrande maggioranza dei casi, si farà riferimento alla diminuzione o alla sospensione dell’attività legata alla emergenza pandemica ed alle misure legali ed amministrative conseguenti;
  • d) Presentazione dell’istanza entro i 15 giorni successivi all’inizio della sospensione o della riduzione dell’orario, con la quasi certa remissione “in terminis” dopo l’emanazione della circolare INPS applicativa;
  • e) Pagamento diretto della integrazione salariale non più in “automatico” e senza alcuna motivazione come avveniva con la Cassa COVID-19, ma sulla base di idonea documentazione attestante le difficoltà di natura economico-finanziaria con l’obbligo (art. 5-bis) di inviare all’INPS, a pena di decadenza, tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del secondo mese successivo a quello in cui inizia il periodo di integrazione salariale, ovvero, se posteriore, entro il termine di 60 giorni dall’adozione del provvedimento di autorizzazione.

I datori di lavoro che aderiscono ad uno dei Fondi di solidarietà bilaterali costituiti (art. 26), alternativi (art. 27) o a quelli delle Province Autonome di Trento e Bolzano (art. 40) debbono rivolgersi ad essi e le somme integrative (in misura almeno pari a quella delle normali integrazioni salariali) vengono liquidate secondo la regolamentazione in essere presso predetti Fondi che, peraltro, hanno tempo fino al prossimo 31 dicembre per adeguarsi alla nuova normativa la quale prevede l’integrazione salariale anche per l’unico dipendente del datore di lavoro: nel frattempo, come in questo caso, è il FIS a farsi carico delle integrazioni salariali. Ricordo, inoltre, che dal 1° gennaio 2022 il massimale previsto sul quale calcolare l’indennità è unico ed è quello b) previso dall’art. 5. A giorni, l’INPS dovrebbe far conoscere, con apposita circolare, l’importo che, rivalutato anno per anno al 100% sulla base dell’incide ISTAT dei prezzi al consumo, dovrebbe aggirarsi intorno a 1.222 euro.

Ma quale è la contribuzione ordinaria mensile dovuta per la CIGO e per il FIS?
Per la CIGO (art. 13) è la seguente:

  • a) 1,70% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per i dipendenti impiegati, operai e apprendisti delle imprese industriali che occupano fino a 50 dipendenti;
  • b) 2,00% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per i dipendenti già individuati sub a) delle imprese industriali che occupano più di 50 dipendenti;
  • c) 4,70% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per i dipendenti già individuati sub a) delle imprese industriali ed artigiane del settore edile;
  • d) 3,30% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per gli operai e apprendisti delle imprese dell’industria e artigianato lapidei;
  • e) 1,70% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per gli impiegati ed i quadri delle imprese dell’industria e dell’artigianato edile e lapidei che occupano fino a 50 dipendenti;
  • f) 2,00% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali per gli impiegati ed i quadri delle imprese dell’industria e dell’artigianato edile e lapidei che occupano più di 50 dipendenti.

Discorso, leggermente, diverso per il FIS che eroga le proprie prestazioni attraverso l’assegno di integrazione salariale e che, a partire dal 1° gennaio 2022, non prevede più alcuna richiesta e successivo riconoscimento per l’assegno di solidarietà.
La norma è stata riscritta ed, ora, occorre far riferimento ai commi 8 e 8-bis dell’art. 29. L’aliquota di finanziamento è fissata allo 0,50% per i datori di lavoro dimensionati, come media del semestre antecedente la data di presentazione della domanda, fino a 5 dipendenti: essa sale allo 0,80% per quelle con un organico superiore, con la possibilità (a partire dal 1° gennaio 2025) per le piccolissime aziende (fino a 5 dipendenti) di fruire di un abbassamento dell’aliquota nella misura del 40% se per 24 mesi, a partire dal 1° gennaio 2022, non saranno ricorsi ad alcun ammortizzatore. In ogni caso, per effetto del comma 219 dell’art. 1 della legge n. 234/2021, per l’anno il 2022 le aliquote del FIS sono ridotte e modulate in relazione al numero dei lavoratori occupati nell’impresa nel semestre precedente. Essa sono dello 0,15% per i datori dimensionati fino a 5 dipendenti, dello 0,55% se i lavoratori interessati sono compresi tra i 6 ed i 15, di 0,69% se l’organico è superiore alle 15 unità. Le imprese esercenti le attività commerciali, logistica, viaggio e turismo, operatori turistici che occupano più di 50 dipendenti pagano, per quest’anno, lo 0,24%. Sarà compito dell’INPS fornire, con propria circolare, tutte le delucidazione relative ai versamenti.
Le imprese che sono iscritte ai Fondi di settore che sono già adeguati alla nuova normativa che, tra l’altro, prevede la copertura anche per l’unico lavoratore dipendente, debbono rivolgersi agli stessi e la contribuzione prevista è quella individuata dai singoli regolamenti di riferimento. Se si tratta di un datore di lavoro che non risulta “coperto” ai sensi delle nuove disposizioni, dovrà presentare istanza al FIS.
Alcune considerazioni finali si rendono, a mio avviso, necessarie.
Il Governo, pur riconoscendo le difficoltà in cui versano i settori interessati identificati, con particolare minuzia, nell’Allegato I, non ha pensato, in alcun modo, di neutralizzare il periodo ai fini della durata massima. Non so se in sede di conversione si arriverà a tale necessità che mi sembra non secondaria, soprattutto per i piccolissimi datori di lavoro (quelli fino a 5 dipendenti) ove la durata, nel biennio mobile, appare alquanto ridotta e che, chiedendo tutto il periodo tra il 1° gennaio ed il 31 marzo p.v., rischiano di consumare tutto il “bonus” di 13 settimane. Il pericolo è che se, malauguratamente, ci dovesse essere un ulteriore periodo (magari, in autunno), tali imprese resterebbero senza “ammortizzatore FIS”.
Ricordo, infatti, per completezza di informazione che la durata massima dell’assegno di integrazione salariale è:

  • a) Di 13 settimane in un biennio mobile, in favore dei dipendenti da datori di lavoro che, mediamente, occupano fino a 5 dipendenti;
  • b) Di 26 settimane in un biennio mobile, in favore dei dipendenti da imprese che, mediamente, occupano più di 6 dipendenti.

Altra considerazione riguarda quelle aziende che, pur in difficoltà, non rientrano nella elencazione compresa nell’Allegato I come, ad esempio, i settori del tessile e della moda che, pure, fino al 31 dicembre 2021, hanno avuto una “integrazione salariale di favore”. Ebbene, le stesse dovranno presentare una istanza seguendo le procedure previste dal D.L.vo n. 148/2015 e pagando il contributo addizionale previsto.

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Eufranio Massi
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E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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