Le ultime novità sul Green pass

La data del 15 ottobre si sta avvicinando e gli addetti ai lavori faticano a trovare soluzioni alle criticità emerse in merito al D.L. "Green pass" n. 127/2021

Le ultime novità sul Green pass

La data del 15 ottobre si sta avvicinando e gli addetti ai lavori faticano a trovare soluzioni alle criticità emerse, in quanto le condizioni e le modalità di lavoro di milioni di persone sono diverse e non possono essere ricondotte, tutte, a definizioni, necessariamente larghe, come quelle contenute nel D.L. n. 127/2021 (cd. D.L. “Green pass”).

Una riprova di quanto appena detto è dimostrata dalle questioni che nascono allorquando un datore di lavoro, per necessità organizzative, deve sapere, con un congruo anticipo, se il lavoratore (o i lavoratori) è in possesso del certificato verde in corso di validità.

Per la verità, un elemento che consente di conoscere in anticipo il mancato possesso del green pass già esiste ed è contenuto, per i datori di lavoro privati, nel comma 6 dell’art. 3 (nel settore pubblico l’analoga disposizione si trova al comma 6 dell’art. 2), laddove si afferma che i lavoratori possono procedere con una comunicazione e da quel momento sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione del certificato e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, data di cessazione dello stato di emergenza.

Ricordo, per completezza di informazione, che l’assenza ingiustificata ex lege non ha alcun rilievo disciplinare e non può essere utilizzata come motivazione ai fini di un eventuale licenziamento (si parla, infatti, “di diritto alla conservazione del posto di lavoro”). Le conseguenze sono, unicamente, di natura economica, nel senso che al lavoratore, per i giorni di assenza, non è dovuta la retribuzione, né altro compenso od emolumento, comunque denominato. Ciò significa che l’assenza ha effetto, ad esempio, anche su voci correlate come, ad esempio, i ratei delle mensilità aggiuntive, il TFR, il decorso temporale per la maturazione di scatti di anzianità ed i c.d. “buoni pasto”. In attesa di precisi orientamenti amministrativi non ancora pervenuti, ritengo che per i giorni di assenza ingiustificata non sia dovuta alcuna contribuzione, in quanto l’assenza dal posto di lavoro è una conseguenza di una norma di legge: non c’è, quindi, prestazione e non c’è, a tale titolo, l’erogazione di alcun compenso.

Tornando al tema principale di questa riflessione occorre sottolineare come con l’art. 3 del D.L. 8 ottobre 2021, n. 139 (è il provvedimento che disciplina, essenzialmente, le percentuali di spettatori nei teatri, nei cinema, negli stadi e nelle discoteche), sia stato inserito, nel “corpus” del D.L. n. 52/2021, art. 9-octies il quale afferma che “In caso di richiesta da parte del datore di lavoro, derivante da specifiche esigenze organizzative volte a garantire l’efficace programmazione del lavoro, i lavoratori sono tenuti a rendere le comunicazioni di cui al comma 6 dell’art. 9-quinquies (settore pubblico) e al comma 9 dell’art. 9-septies (settore privato) con un preavviso necessario a soddisfare le predette esigenze organizzative”.

Come si vede, la disposizione introdotta è “ad ampio spettro” che, per quel che riguarda il settore privato, può interessare tutti i datori siano essi imprenditori o non imprenditori come, ad esempio, gli studi professionali, le associazioni e le fondazioni.

Una prima riflessione sul dettato normativo porta ad una considerazione: la comunicazione della mancanza del certificato verde nell’ipotesi del comma 6 dell’art. 3 che si inserisce nel testo del D.L. n 52 come art. 9-septies è, per il lavoratore interessato, facoltativa, nel senso che può o non può farla e se la fa (sarebbe opportuno utilizzare una mail per lasciare traccia) si risparmia la fila al momento dell’accesso in azienda. Qualcuno ha pensato che, in questo modo, considerando che scatta l’assenza ingiustificata ex lege, con il blocco degli emolumenti fino alla presentazione del certificato verde valido, un lavoratore potrebbe assentarsi dal posto di lavoro senza alcun controllo da parte del datore e senza usufruire di ferie, rimettendoci soltanto la parte economica che sarebbe stata dovuta se avesse lavorato portando, poi, alla ripresa dell’attività il “green pass” frutto di un tampone rapido (48 ore di validità) o molecolare (72 ore). Ciò è verosimile ma, probabilmente, casi di questo genere non dovrebbero essere moltissimi.

Invece, la previsione del nuovo art. 9-octies si pone su un piano diverso: si autorizza il datore di lavoro, per specifiche esigenze organizzative, legate alla programmazione dell’attività, a chiedere al lavoratore, con anticipo, il proprio “status” in ordine alla certificazione. La richiesta deve essere effettuata con un preavviso tale da soddisfare le predette esigenze.

Cerco di entrare, brevemente, nel merito delle questioni, cominciando dalle “specifiche esigenze organizzative”.

La richiesta anticipata del datore è strettamente correlata a tale ipotesi che, in caso di contenzioso, deve risultare con evidenza. Si può pensare, ad esempio, alla necessità di: programmare turni di lavoro; individuare i componenti di una squadra che deve andare, in trasferta, a compiere determinate attività presso un’impresa cliente; un’attività improvvisa da organizzare. A mio avviso, nel momento in cui il datore dovesse chiedere in anticipo la situazione relativa al “green pass”, sarebbe tenuto a specificare il motivo organizzativo che postula la richiesta.

La disposizione parla, inoltre, genericamente, di preavviso, senza indicare un termine, neanche di massima: ciò significa che è il datore di lavoro ad indicare il termine per la risposta che, ripeto, non può che essere correlato alla specifica esigenza organizzativa.

La terza questione che, a mio avviso, va esaminata riguarda la risposta del lavoratore. La norma non chiede allo stesso (né poteva farlo, attesa l’attenzione del Garante della privacy, su tali argomenti) quanto possa durare la mancanza del certificato verde (non avendo il certificato vaccinale la cui durata è annuale, la copertura potrebbe arrivare da un tampone, più o meno immediato). Ovviamente, tutto ciò porta a non semplificare, più di tanto, le esigenze organizzative dell’imprenditore se quel dipendente è un elemento basilare della sua organizzazione.

Ma cosa succede se un lavoratore, in presenza di una richiesta pervenuta anzitempo dal datore, non risponde?

Nulla dice in merito la nuova norma, cosa che non consente di attivare l’iter disciplinare previsto dall’art. 7 della legge n 300/1970, dal CCNL applicato e dall’eventuale regolamento aziendale anche perché il dettato contrattuale non credo che possa prevedere una mancanza specifica di tal genere, che è del tutto nuova. Si potrebbe, tuttavia, pensare ad una violazione del comma 2 dell’art. 2104 c.c., laddove si stabilisce che il dipendente “deve osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo, dai quali gerarchicamente dipende”. Questa norma è un elemento tipico della subordinazione funzionale che riguarda il lavoratore, che può non ottemperare unicamente se si tratta di ordini o richieste palesemente illegittimi, cosa che non è questa, atteso che è prevista dalla stessa norma.

 

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Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 321 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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2 Commenti

  1. Christian
    Ottobre 16, 13:16

    Interessante disamina ,di alcuni aspetti pratici e non nebulosi, che da spunto ad ulteriori approfondimenti di natura disciplinare, privacy, economica-lavorativa ,previdenziale , procedimentale ( amministrativa e giuridico – probatoria ) etc .
    Grazie

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