Accordo conciliativo a tutele crescenti: calcolo delle mensilità

Accordo conciliativo a tutele crescenti: calcolo delle mensilità

C’è stato un accordo conciliativo per un lavoratore a tutele crescenti, così come previsto dalla normativa di riferimento. Mi conferma che le mensilità da erogare al lavoratore sono 5 in quanto è stato dipendente di questa ditta per 5 anni?

Il decreto legislativo n. 23/2015, all’articolo 6, prevede la possibilità, da parte del datore di lavoro, di effettuare una “offerta conciliativa” al lavoratore per dirimere un contenzioso legato alla legittimità della risoluzione del rapporto di lavoro. La cifra erogata, esclusivamente tramite assegno circolare, è totalmente esente da contributi e non costituisce reddito imponibile ai fini fiscali; inoltre, va calcolata, in base agli anni di servizio prestati dal lavoratore, nel limite di importo pari ad una 1 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto (minimo 3 e massimo 27 mensilità).

Ricordo, infine, che è obbligatoria la comunicazione delle risultanze della procedura conciliativa al Ministero del Lavoro, entro i 65 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

Per completezza di informazione, di seguito il testo dell’Art. 6., “Offerta di conciliazione”:

“1. In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 1, al fine di evitare il
giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra
modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al
lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in
una delle sedi di cui all’articolo 2113, quarto comma, del codice civile, e
all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini
dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a
contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della
retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per
ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a tre e non superiore a
ventisette mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare.
L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta
l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla
impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già
proposta. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a
chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette
al regime fiscale ordinario.
2. Alle minori entrate derivanti dal comma 1 valutate in 2 milioni di euro per
l’anno 2015, 7,9 milioni di euro per l’anno 2016, 13,8 milioni di euro per l’anno
2017, 17,5 milioni di euro per l’anno 2018, 21,2 milioni di euro per l’anno
2019, 24,4 milioni di euro per l’anno 2020, 27,6 milioni di euro per l’anno
2021, 30,8 milioni di euro per l’anno 2022, 34,0 milioni di euro per l’anno 2023
e 37,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024 si provvede mediante
corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 107, della legge
23 dicembre 2014, n. 190.
3. Il sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito a norma
dell’articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, assicura il
monitoraggio sull’attuazione della presente disposizione. A tal fine la
comunicazione obbligatoria telematica di cessazione del rapporto di cui
all’articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive
modificazioni, è integrata da una ulteriore comunicazione, da effettuarsi da
parte del datore di lavoro entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, nella
quale deve essere indicata l’avvenuta ovvero la non avvenuta conciliazione di
cui al comma 1 e la cui omissione è assoggettata alla medesima sanzione
prevista per l’omissione della comunicazione di cui al predetto articolo 4-bis. Il
modello di trasmissione della comunicazione obbligatoria è conseguentemente
riformulato. Alle attività di cui al presente comma si provvede con le risorse
umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque,
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.”

 

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Autore

Roberto Camera
Roberto Camera 495 posts

Esperto di Diritto del Lavoro e relatore in convegni sulla gestione del personale. Ha creato, ed attualmente cura, il sito internet http://www.dottrinalavoro.it in materia di lavoro. (*Le considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza)

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1 Commenti

  1. Egr. Dott. Camera,
    le sarei grato se potesse darmi un suo parere al seguente quesito. Una dipendente è stata licenziata per giustificato motivo oggettivo durante il periodo protetto. In seguito al licenziamento è stata esperita la procedura di cui all’art. 6 D.Lgs 23/2015, con accettazione dell’offerta conciliativa da parte della lavoratrice e contestuale rinuncia alla impugnazione del licenziamento.
    Nelle more della conciliazione la lavoratrice ha presentato domanda all’INPS per la NASpI. Tuttavia, l’ente ha rigettato la domanda eccependo la nullità del licenziamento, seppur in presenza di accordo conciliativo.
    Mi chiedo se l’operato dell’ufficio sia legittimo e, soprattutto, se l’attività di indagine dello stesso possa spingersi sino a tal punto, nonostante la lavoratrice abbia espressamente rinunciato ad impugnare il licenziamento.

    La ringrazio anticipatamente.
    Daniele

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