Accordo collettivo aziendale sugli esuberi di personale dopo il messaggio INPS [E.Massi]

Una riflessione riguardante gli accordi collettivi aziendali che, ai sensi del comma 311 dell’art. 1 della legge n. 178/2020, consentono di affrontare la questione degli esuberi nelle imprese

La pubblicazione del messaggio INPS n. 528 del 5 febbraio 2021 offre l’occasione per una riflessione riguardante gli accordi collettivi aziendali che, ai sensi del comma 311 dell’art. 1 della legge n. 178/2020, consentono di affrontare la questione degli esuberi nelle imprese, in considerazione del fatto che la norma sospende (al momento) sia le procedure collettive di riduzione di personale, che i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo che, infine, l’art.7 della legge n. 604/1966 che prevede, a determinate condizioni, il tentativo obbligatorio per tale ultima fattispecie avanti alla commissione istituita presso l’Ispettorato territoriale del Lavoro.

Prima di entrare nel merito dei possibili contenuti dell’accordo aziendale e delle modalità di redazione dello stesso, credo che sia opportuno focalizzare l’attenzione su quanto affermato dall’Istituto con il messaggio n. 528 in quanto i lavoratori che risolvono il rapporto consensualmente, hanno diritto alla NASPI per espressa previsione del comma 311. Si tratta di una eccezione rispetto al quadro generale che ha un unico precedente: la risoluzione consensuale del rapporto avanti alla commissione di conciliazione per i dipendenti da imprese dimensionate oltre le quindici unità, assunti prima del 7 marzo 2015, a seguito del tentativo obbligatorio previsto dall’art.7 della legge n. 604/1966.

La norma che introduce la possibilità di accordi collettivi è in vigore dal 15 agosto 2020, per effetto della legge di conversione del D.L. n. 104: essa impone, ricorda l’Istituto, il pagamento del ticket di ingresso alla NASPI. Per i datori di lavoro che hanno risolto consensualmente il rapporto in virtù di accordi avvenuti in data antecedente il 5 febbraio, il termine del versamento in un’unica soluzione (che, normalmente, si individua nella denuncia successiva a quella del mese nel quale si è verificata l’interruzione del rapporto), viene fissato entro il termine della denuncia del mese di marzo 2021, senza alcun onere aggiuntivo.

Tale obbligo, sottolinea l’INPS, scaturisce dall’art. 2, comma 31, della legge n. 92/2012, laddove si afferma che i datori sono tenuti a tale contribuzione in tutti i casi in cui la cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato generi in capo al lavoratore il teorico diritto alla NASPI a prescindere dalla effettiva fruizione della stessa (come nel caso in cui l’ex dipendente si reimpieghi nel breve periodo): e, sul punto, rimanda alle precedenti circolari n. 140/2012, n. 44/2013 e n. 40/2020. Quest’ultima nota chiarisce, in maniera esauriente, sia le modalità di calcolo, in relazione alle varie fattispecie, che (punto 4) la casistica delle ipotesi nelle quali il ticket non è dovuto ( ad esempio, c.d. “isopensione” ex art. 4 commi da 1 a 7-ter della legge n. 92/2012, interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con dipendente già pensionato, risoluzione consensuale in sede protetta – ex art. 410 e 411 cpc – con datore di lavoro avente meno di quindici dipendenti, come precisato dal Ministero del Lavoro con nota del 12 febbraio 2016, ecc.).

Le interruzioni dei rapporti avvenute in modalità consensuale per effetto di accordi collettivi stipulati ai sensi della normativa richiamata vanno esposti all’interno del flusso Uniemens con il codice Tipo cessazione “2A”: chi dovesse aver già utilizzato codici diversi è tenuto a fare le opportune correzioni.

Fatta questa breve e doverosa premessa credo opportuno fare alcune riflessioni sulle disposizioni contenute, da ultimo, nel comma 311.

L’accordo collettivo aziendale (e non, quindi, territoriale o nazionale) non ha una natura strutturale in quanto la sua validità, con effetti sul riconoscimento della NASPI, in favore dei lavoratori che intendessero, liberamente, aderire allo stesso, è strettamente correlata alla data che “blocca” i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo e che, ad oggi, il comma 309 ha fissato al 31 marzo 2021: ovviamente, se tale giorno dovesse “slittare” in avanti per effetto di un nuovo provvedimento normativo, la possibilità di stipulare tali accordi si “allungherà di pari passo”.

Ma, con chi l’azienda potrà sottoscrivere l’accordo?

La norma fa riferimento alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale: quindi, non tutte le associazioni, ma soltanto coloro che, nello specifico settore, possono vantare tale titolo essendo, nella sostanza, firmatarie di contratti “leader”. Da quanto appena detto emerge che, a livello territoriale, la firma potrà essere apposta dalle organizzazioni di territoriali di categoria, mentre quelle della RSU o della RSA non sono prese in considerazione dal Legislatore: esse, a mio avviso, possono sottoscrivere “ad abundantiam”, come ulteriori rispetto ai soggetti principali.

La disposizione utilizza, per la identificazione dei soggetti sindacali firmatari, la preposizione articolata “dalle” che è, fondamentalmente, diversa da quella semplice “da” utilizzata, più volte, nel decennio scorso (ad esempio, l’art. 8, comma 1, del D.L. n. 138/2011 sui contratti di prossimità): da ciò discende che, oggi, il Legislatore si riferisce ad un pluralismo di organizzazioni rappresentative (almeno due).

Sul piano strettamente operativo credo che il datore di lavoro debba convocarle tutte, sottoscrivendo, successivamente, l’accordo (se si farà) con quelle presenti che hanno partecipato agli incontri.

Ma cosa deve contenere l’accordo?

Qui il Legislatore è stato abbastanza scarno di indicazioni riferendosi al solo contenuto essenziale (incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo).

Da questo sembra di capire che, a livello generale, l’accordo potrebbe indicare:

  • I profili (e, possibilmente, non i nomi) del personale ritenuto eccedentario;
  • Le somme, strutturate anche sul numero delle mensilità riconosciute, destinate all’incentivo all’esodo, magari diversificate in ragione dell’anzianità aziendale, del livello o della categoria professionale o di situazioni personali ben conosciute;
  • La data entro la quale i lavoratori debbono esprimere il loro consenso, aderendo, per iscritto, all’accordo;
  • La eventuale sede (ad esempio, quella sindacale o quella della commissione provinciale di conciliazione istituita presso l’Ispettorato territoriale del Lavoro), ove riconoscere e corrispondere le somme finalizzate all’incentivo. La disposizione, di per se stessa, non obbliga a corrispondere l’incentivo presso tali organismi, ma si ha motivo di credere che ciò sia consequenziale al fatto che si corrispondono cifre “extra” e che il datore ha interesse a chiudere tutte le questioni afferenti l’intercorso rapporto di lavoro. Ovviamente, il lavoratore, nel momento in cui dovesse sottoscrivere il verbale, lo dovrà fare, liberamente, nel pieno convincimento anche di ciò a cui dovesse rinunziare nell’atto transattivo.

L’accordo, come dicevo pocanzi, va sottoscritto entro il 31 marzo 2021, o data ulteriore che dovesse palesarsi in un successivo provvedimento normativo. Ritengo, però, che le risoluzioni consensuali, strettamente correlate a tale accordo, possano ben intervenire dopo tale data: sarebbe, veramente, contro ogni forma di buon senso, pensare che anche le risoluzioni debbano avvenire entro marzo 2021, atteso che le situazioni personali od aziendali potrebbero procrastinare l’uscita. Sul punto, si attende, fiduciosamente, che il Ministero del Lavoro dia qualche indirizzo operativo, atteso che la disposizione è in vigore dal 15 agosto 2020 e nulla ancora è stato detto.

L’accordo collettivo può giungere anche a seguito di procedura collettiva di riduzione di personale ex articoli 4, 5 e 24 della legge n. 223/1991, in quanto il Legislatore consente (comma 311) il venir meno dello “stop” indicato al comma 309: a mio avviso, la validità della procedura (che coinvolge, in questo caso, anche i sindacati interni secondo la previsione dell’art. 4) è, però, strettamente correlata al raggiungimento di un accordo con le organizzazioni sindacali territoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ove il criterio, richiesto dall’art. 5, sia, unicamente, quello della volontarietà legata a dazioni economiche incentivanti. Se essa, infatti, si dovesse concludere in altro modo, ricadrebbe entro gli effetti sospensivi della stessa ben chiariti dal comma 309, con la conseguenza che eventuali licenziamenti sarebbero colpiti da nullità espressamente prevista dalla legge.

Se le somme riconosciute quale incentivo all’esodo vengono riconosciute “in sede protetta” (ad esempio, ex art. 410 cpc)  il lavoratore non sarà tenuto neanche alla conferma dalle risoluzione consensuale attraverso la procedura informatica prevista dal D.M. del Ministro del Lavoro a seguito della previsione dell’art. 26 del D.L.vo n. 151/2015, in quanto i chiarimenti del Ministero del Lavoro lo hanno, a suo tempo, escluso da tale iter, essendo ritenuta sufficiente la presenza dei membri conciliatori per affrancare il lavoratore da una supposta situazione di subalternità.

Una volta risolto il rapporto di lavoro l’ex dipendente, in possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dal D.L.vo n. 22/2015, ha diritto alla NASPI.

L’INPS, con circolare n. 111/2020 chiede, unitamente alla richiesta della indennità, l’inoltro della copia del verbale di accordo collettivo e della documentazione attestante l’adesione all’accordo che, potrebbe anche essere, copia del verbale di conciliazione sottoscritto in “sede protetta”.

L’accordo aziendale va depositato, presso il Ministero del Lavoro, secondo la previsione indicata dall’art. 14 del D.L.vo n. 151/2015 che fa riferimento agli accordi ove sono previsti benefici contributivi o fiscali ed altre agevolazioni?

La riposta è negativa in quanto la norma non lo dice e il Ministero del Lavoro, non pronunciandosi, non ha introdotto questo ulteriore adempimento burocratico.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 326 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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