Incentivi immediati ed esoneri non operativi: il “puzzle” del d.l. n. 104/2020 [E.Massi]

Analisi delle diverse le misure finalizzate a sostenere ed incentivare l’occupazione che il Governo ha inserito all’interno del D.L. n. 104/2020

Incentivi immediati ed esoneri non operativi: il “puzzle” del d.l. n. 104/2020 [E.Massi]

Sono diverse le misure finalizzate a sostenere ed incentivare l’occupazione che il Governo ha inserito all’interno del D.L. n. 104/2020.

Alcune (art. 6 e 7) tendono a favorire le nuove assunzioni, anche a tempo determinato, altre (art. 3) intendono incentivare il ricorso all’esonero contributivo quadrimestrale in alternativa al ricorso alle 18 settimane di integrazione salariale COVID-19 fino al prossimo 31 dicembre, altre, infine, (art. 27) riconoscono una agevolazione sui costi contributivi pari al 30% in favore dei datori di lavoro ubicati in Regioni svantaggiate (c.d. “Decontribuzione Sud”) per il periodo 1° ottobre – 31 dicembre 2020. Quest’ultimo si tratterebbe, unicamente, di un “assaggio” atteso che l’Esecutivo si propone, con il consenso comunitario, di estender la misura fino al 2029.

L’analisi che segue cercherà di mettere in evidenza sia i possibili vantaggi che le eventuali criticità, tenendo, in ogni caso presente, che tutto quanto previsto dagli articoli 3, 7 e 27 non è immediatamente operativo in quanto subordinato al parere positivo della commissione europea ai sensi dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato.

Assunzioni a tempo indeterminato

Fatta questa breve ma doverosa premessa entro nel merito della previsione contenuta nell’art. 6 del D.L. n. 104/2020.

Il comma 1 riconosce a tutti i datori di lavoro che, dal 16 agosto al prossimo 31 dicembre assumono personale con contratto a tempo indeterminato, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un massimo di sei mesi, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di un importo pari a 8.060 euro su base annua, riparametrato ed applicato su base mensile. La disposizione non si applica al settore agricolo e non riguarda i contratti di apprendistato e quelli che concernono il lavoro domestico. Il comma 2 esclude, poi, dal beneficio i lavoratori che nell’ultimo semestre abbiano avuto un contatto a tempo indeterminato presso la medesima impresa ed, inoltre, il successivo comma 3, riconosce l’agevolazione anche nel caso di trasformazione di un contatto a termine in un contratto a tempo indeterminato, purchè ciò sia avvenuto dopo il 15 agosto. L’esonero contributivo è cumulabile con altri esoneri e riduzioni di aliquote di finanziamento previsti dalla legislazione vigente, entro i limiti della contribuzione previdenziale dovuta.

Fin qui il sunto della disposizione che necessita di alcune riflessioni.

La prima è una semplice constatazione: rivolgendosi, indistintamente, a tutti i datori di lavoro privati, lo sgravio contributivo non si configura come un aiuto di Stato indirizzato soltanto a determinate categorie o territori. Pertanto, non sono applicabili le norme comunitarie in materia a cominciare dal “de minimis”. Sulla scorta degli indirizzi resi noti dall’INPS in precedenti note (da ultimo, ad esempio, la circolare n. 57/2020) si ha motivo di ritenere compresi nel beneficio anche:

  • Gli Enti pubblici economici;
  • Gli ex IACP trasformati dalle leggi regionali in Enti pubblici economici;
  • Gli Enti, a capitale pubblico, che sono stati privatizzati e trasformati in società di capitali;
  • Le ex IPAB;
  • Le aziende speciali costituite anche in consorzio ex D.L.vo n. 267/2000;
  • I consorzi di bonifica e quelli industriali;
  • Gli Enti morali e quelli ecclesiastici.

La seconda concerne il perché della esclusione del settore agricolo: la ragione consiste nella peculiarità del regime contributivo, tutto particolare, degli operai agricoli a tempo indeterminato. Detto questo, però, occorrerà chiarire (cosa che farà, senz’altro, l’Istituto), se la disposizione si applichi anche agli impiegati del settore.

La terza si riferisce alla esclusione del contratto di apprendistato e di quello domestico: la ragione appare evidente, atteso che il primo ha una propria contribuzione di favore finalizzata, principalmente, all’inserimento formativo ed occupazionale dei giovani, mentre il secondo, come già espressamente previsto in passato, viene escluso per la sua peculiarità strettamente correlata all’ambito familiare. Piuttosto, desta stupore la mancata esclusione esplicita del contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato (cosa che in analoghe disposizioni era stato detto chiaramente) ove non c’è una stabilità di rapporto ma si è in presenza di prestazioni caratterizzate da episodicità: l’attività lavorativa dipende, unicamente, dalla “chiamata” del datore di lavoro e dove, la stessa indennità di disponibilità, pur prevista dal Legislatore, non essendo obbligatoria, non viene, sostanzialmente, mai riconosciuta. Probabilmente, si tratta di una dimenticanza: vedremo se, in sede di conversione, la disposizione sarà corretta.

La quarta focalizza l’attenzione sul lavoratore che, nei sei mesi antecedenti l’assunzione (che, si ripete, deve avvenire tra il 16 agosto ed il 31 dicembre 2020), non deve essere stato alle dipendenze della stessa impresa con contratto a tempo indeterminato. Da ciò discende  che l’assunzione a tempo indeterminato è possibile se il lavoratore è stato in forza con un rapporto a termine o in somministrazione anche scaduto, se ha avuto prestazioni occasionali ex art. 54-bis del D.L. n. 50/2017, se ha avuto un contratto di lavoro intermittente, se le prestazioni si sono svolte con collaborazioni coordinate e continuative nel rispetto delle previsioni normative stabilite dall’art. 2 del D.L.vo n. 81/2015 o dell’art. 409, numero 3, c.p.c. . Non è possibile, invece, a mio avviso, un contratto a tempo indeterminato con lo sgravio contributivo per un lavoratore che, con la stessa impresa, ha avuto nei sei mesi antecedenti l’assunzione un rapporto di apprendistato, magari risoltosi “ante tempus” prima della scadenza del periodo formativo o al termine dello stesso) perché tale tipologia è a tempo indeterminato, come si evidenzia, chiaramente, dalla lettura dell’art. 41 del D.L.vo n. 81/2015.

La quinta riflessione impone una “focalizzazione” sul datore di lavoro: la disposizione parla di precedente rapporto a tempo indeterminato “presso la medesima impresa”. Il tenore letterale della disposizione sembra escludere il riferimento anche ad altre aziende in rapporto di collegamento o controllo ex art. 2359 c.c. o che, anche per interposta persona, siano riconducibili al medesimo proprietario e ciò, potrebbe avere effetto, come vedremo, sulla applicazione, nel caso di specie, della lettera  d) dell’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015: se fosse così, sarebbe una sostanziale novità rispetto a precedenti interventi normativi.

La sesta riguarda i contratti a termine trasformati in contratti a tempo indeterminato: lo sgravio contributivo viene riconosciuto ma il datore di lavoro se ha dovuto pagare il contributo addizionale dell’1,40% ed, eventualmente, quello progressivo dello 0,50% previsto dal c.d. “Decreto Dignità”, lo può recuperare.

Ma, a quanto ammonta l’esonero contributivo, quanto dura e come viene erogato?

L’agevolazione viene riconosciuta per sei mesi a partire dal giorno della effettiva assunzione nel limite massimo di 8.060 euro su base annua, riparametrato e applicato su ogni mese. Sarà l’INPS, con la propria circolare, a dettare le modalità che sembrano essere uguali ad altre forme di beneficio trattate in precedenti interventi, tenendo presente che lo sgravio non riguarda l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche e che vengono, altresì, esclusi i premi ed i contributi dovuti all’INAIL. Sicuramente, seguendo la linea seguita in precedenti indirizzi amministrativi, oltre l’INAIL, non saranno oggetto di esonero i c.d. “contributi minori” come:

  • Il contributo, ove dovuto, al Fondo per l’erogazione ai lavoratori del settore privato dei trattamenti di fine rapporto ex art. 2120 c.c. (art. 1, comma 755 della legge n. 296/2006);
  • Il contributo, ove dovuto, ai fondi bilaterali, al FIS ed ai Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano, previsti dal D.L.vo n. 148/2015;
  • Le contribuzioni non previdenziali concepite per apportare elementi di solidarietà alle gestioni previdenziali di riferimento (v. circolare n. 40/2018.

La norma parla di cumulabilità con altri esoneri o riduzioni di aliquote di finanziamento previste dalla normativa: il tutto nel limite del 100% della contribuzione dovuta. Cosa significa?

A mio avviso, a differenza di altri benefici ove si parla, espressamente, di non cumulabilità (ad esempio, quella relativa agli “over 35”) lo sgravio appare cumulabile con:

  • Quello per l’assunzione di donne prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, o prive di impiego da almeno 6 e appartenenti a particolari aree , settori economici o professioni a cui fa riferimento il comma 11 dell’art. 4 della legge n. 92/2012;
  • Quello per l’assunzione a tempo indeterminato degli “over 50” previsto dall’art. 4 della legge n. 92/2012.

Presupposto per la fruizione del beneficio è il rispetto delle previsioni contenute nell’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015 e dell’art. 1, comma 1175, del D.L.vo n. 276/2006.

Cosa significa?

L’INPS ce lo ha spiegato più volte attraverso le sue note per cui lo sgravio non spetta se:

  • L’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente stabilito dalla legge (ad esempio, assunzione di lavoratore appartenente a “categorie protette”) o dalla contrattazione collettiva, anche nel caso in cui il lavoratore venga utilizzato attraverso un contratto di somministrazione;
  • L’assunzione viola un diritto di precedenza stabilito dalla legge ( ad esempio, lavoratore a termine che ha esercitato, per iscritto, il diritto ex art. 24 del D.L.vo n. 81/2015, o lavoratore licenziato entro i sei mesi dal recesso secondo la previsione del comma 6 dell’art. 15 della legge n. 264/1949, o lavoratore non riassorbito entro dodici mesi dal passaggio di azienda secondo la previsione dell’art. 47 della legge n. 428/1990) o dal contratto collettivo;
  • L’assunzione viene effettuata in impresa che ha in corso sospensioni dal lavoro per crisi o riorganizzazione aziendale (quindi, integrazione salariale straordinaria), fatto salvo il caso in cui la stessa sia finalizzata all’assunzione di dipendente inquadrato in un livello diverso da quello dei lavoratori sospesi o sia impiegato in una unità produttiva non interessata all’integrazione salariale straordinaria: ciò vale anche per l’utilizzazione attraverso un contatto di somministrazione;
  • L’assunzione viene effettuata per un lavoratore licenziato nei sei mesi antecedenti da parte di un datore di lavoro che presenta, al momento del recesso, aspetti proprietari sostanzialmente coincidenti o dove sussiste un rapporto di collegamento o di controllo. In ordine a questa previsione, contenuta nell’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015, l’Istituto dovrà chiarire se la stessa, per questo esonero specifico, conserva la propria valenza, in quanto l’art. 6 del D.L. n. 104/2020 limita il “blocco” dell’incentivo alla sola ipotesi in cui il lavoratore sia stato dipendente a tempo indeterminato nei sei mesi antecedenti presso la stessa “impresa”.

L’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015, poi, pone un’altra condizione, quella dell’incremento occupazionale, laddove la disposizione o la regola comunitaria lo prevedano: nel caso di specie essa non sussiste atteso il dettato normativo dell’art. 6.

La fruizione del beneficio è, inoltre, sottoposta al rispetto di quanto previsto dall’art. 1, comma 1175 della legge n. 296/2006:

  • Regolarità contributiva;
  • Assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro (sono quelle riportate in allegato al D.M. sul DURC) e degli altri obblighi di legge;
  • Rispetto, degli accordi collettivi e dei contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Con il comma 4 dell’art. 6 il Governo ha quantificato il costo del beneficio contributivo: secondo le stime esso è pari a 371,8 milioni di euro per il 2020 ed a 1.024, 7 milioni di euro per il 2021. L’INPS, secondo un uso consolidato che viene sempre richiamato, è stata incaricato del monitoraggio della spesa da comunicare sia al Dicastero del Lavoro che a quello dell’Economia con l’obbligo, al verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, dal “budget” assegnato, di sospendere il riconoscimento delle agevolazioni.

Esoneri per le assunzioni a tempo determinato nel settore turistico e in quello degli stabilimenti termali

Con l’art. 7 viene riconosciuto  con le medesime modalità e nel medesimo arco temporale (16 agosto – 31 dicembre) per un massimo di tre mesi, lo sgravio contributivo  previsto dall’art 6: esso è finalizzato alle assunzioni a tempo determinato o con contratto stagionale, nei settori del turismo e degli stabilimenti termali. In caso di conversione a tempo indeterminato si applica quanto previsto al comma 3 dell’art. 6, ossia la stessa disciplina sulla quale ci si è soffermati in precedenza. Si tratta di un esonero dei soli contributi INPS  a carico del datore: esso opera con le stesse modalità di quello previsto per i contratti a tempo indeterminato. L’importo massimo, che non comprende la contribuzione ed i premi INAIL, è riparametrato ed applicato su base mensile secondo la formula (8.060/12×3) con un importo massimo pari a 2.015 euro.

Una brevissima considerazione: la norma fa riferimento alle medesime modalità previste per l’agevolazione ex art. 6. Da ciò discende che l’agevolazione non viene riconosciuta se il datore assume a tempo determinato o con contratto stagionale un lavoratore che nei sei mesi antecedenti sia stato alle dipendenze dello stesso con un contratto a tempo indeterminato.

La disposizione ha una copertura economica di 7,5 milioni di euro per il 2020 e di 87,8 milioni per il 2021: essa non è immediatamente operativa, nel senso che per la sua efficacia, occorrerà attendere l’autorizzazione della Commissione europea sulla scorta della previsione contenuta nel paragrafo 3 dell’art. 108 del Trattato. Tale passaggio, obbligatorio, in sede comunitaria, dovrebbe comportare, di conseguenza, che, le indicazioni operative saranno fornite dopo il “via libera” di Bruxelles. Nella circolare, sicuramente, saranno individuate le aziende del settore turistico rientranti nel beneficio: probabilmente, si terrà conto della Tabella dei codici ATECO da cui si desume il Codice Statistico Contributivo (CSC) che identifica il settore di riferimento in relazione all’attività effettivamente esercitata dall’imprenditore.

Una considerazione finale si rende necessaria: il beneficio riconosciuto per tali assunzioni, tenuto conto del periodo (seconda metà dell’anno), della crisi epidemiologica ancora in atto che fa sentire, primariamente, i propri effetti proprio nelle imprese turistico-alberghiere, del fatto che gli stabilimenti termali sono in autunno-inverno in gran parte chiusi, appare di modesto, se non limitato gradimento, anche perché non è utilizzabile “da subito”, ma dopo il passaggio positivo in sede comunitaria e dopo la successiva circolare applicativa dell’Istituto: ciò significa che i datori di lavoro, presumibilmente, pagheranno i contributi previdenziali alle rituali scadenze, fatto salvo il successivo conguaglio in un momento successivo che è indefinito.

Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per i datori che non richiedono trattamenti di integrazione salariale

Con l’art. 3, viene introdotta, in via eccezionale, comunque soggetta all’autorizzazione della Commissione Europea, ex art. 108, paragrafo 3, del Trattato, una agevolazione contributiva, per un massimo di quattro mesi, da fruire entro il prossimo 31 dicembre, in favore dei datori di lavoro che non richiedano ulteriori trattamenti integrativi per il COVID-19, pur avendo usufruito nei mesi di maggio e giugno degli ammortizzatori sociali COVID-19. La disposizione non trova applicazione nel settore agricolo.

La norma non è immediatamente operativa, in quanto come detto, occorre attendere l’autorizzazione di Bruxelles, oltrechè le indicazioni dell’INPS che, presumibilmente, faranno seguito all’atto concessorio europeo: tutto questo potrebbe avere, come conseguenza, il fatto che il riconoscimento potrebbe avvenire ex post, ossia dopo il 31 dicembre 2020.

Fatta questa breve premessa indico i punti essenziali propedeutici al beneficio:

  • Destinatari del beneficio: sono tutti i datori di lavoro privati, imprenditori e non imprenditori, anche a capitale pubblico, con esclusione di quelli del settore agricolo, che hanno fruito tra maggio e giugno di integrazioni salariali COVID-19, attraverso, la CIGO, il FIS, la Cassa in deroga, i Fondi bilaterali alternativi e quelli dei Fondi delle Province Autonome di Trento e Bolzano. Quelli del settore agricolo, sia che abbiano utilizzato la CISOA che la Cassa in deroga, sono esclusi, probabilmente, per la peculiarità della contribuzione agricola. L’esonero può essere riconosciuto anche ai datori di lavoro che hanno richiesto, ai sensi del D.L. n. 18, periodi integrativi anche parzialmente, successivi al 12 luglio, data che rappresenta lo “spartiacque” tra la vecchia e la nuova disciplina degli ammortizzatori COVID-19 introdotta con l’art. 1 del D.L. n. 104/2020;
  • Valore del beneficio: ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l’esonero quadrimestrale dal pagamento dei contributi previdenziali, è pari, in relazione alla quota a carico di ciascun datore, al doppio delle contribuzione sulle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di maggio e giugno da ciascun dipendente, con esclusione dei premi e contributi INAIL (e, immagino, della cd. “contribuzione minore”, come precisato dall’INPS, in analoghe situazioni), riparametrato ed applicato su base mensile. La circolare dell’Istituto, sul punto, appare oltre modo necessaria, sia per le questioni operative legate al calcolo, che per le spiegazioni relative all’ammontare complessivo. La scelta operata dall’Esecutivo non appare equa: infatti, sembra penalizzare quei datori di lavoro che nei mesi di maggio e giugno hanno permesso ai loro dipendenti di fruire di ferie e permessi o anche per quelle imprese che, in tale periodo, in relazione al tipo di attività hanno lavorato, sia pure non a tempo pieno. Qui si porrà la questione del calcolo del “quantum”: il credito potrebbe essere pari (ma questa è, soltanto, una delle ipotesi) alla misura della contribuzione computata avendo quale parametro di riferimento la retribuzione oraria del dipendente, per il doppio delle ore di integrazione salariale utilizzate a maggio e giugno. C’è, poi, un’altra questione che la circolare dell’Istituto dovrà chiarire: il credito maturato è “spendibile” in un’unica soluzione o è “spalmabile” su quattro mesi (anche se di modesta entità)? La risposta non è di secondaria importanza se fornita entro il corrente anno in quanto legata alla sospensione dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo;
  • Divieto di licenziamento: il comma 2 ricorda che il datore di lavoro che abbia beneficiato della riduzione contributiva è sottoposto ai divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo previsto dall’art. 14. Ciò significa che la sospensione dei recessi si protrae fino al 31 dicembre 2020, con la eccezione delle risoluzioni consensuali a seguito di accordi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, con il riconoscimento di incentivi, limitatamente ai dipendenti che intendono aderire all’accordo ai quali viene, comunque, garantita, se necessario, la NASPI. Si tratta di una procedura che ha molte somiglianze con quella prevista dall’art. 24-bis del D.L.vo n. 148/2015 sulla ricollocazione dei lavoratori eccedentari ma manca l’agevolazione IRPEF sulle somme destinate ad incentivare l’esodo;
  • Conseguenze della violazione del divieto di licenziamento: il comma 3 stabilisce, in maniera chiara ed univoca, che la violazione comporta la revoca dell’esonero contributivo e l’impossibilità di presentare istanza di integrazione salariale per COVID-19. La violazione del divieto, con le conseguenze previste dalla norma, fa sì che essa si concretizzi con il mero atto unilaterale del datore di lavoro, non fungendo da esimente il fatto che il lavoratore abbia, esplicitamente o implicitamente, accettato il recesso e non abbia presentato ricorso in Tribunale o abbia, anche in “sede protetta” accettato il licenziamento. In tale quadro operativo appare opportuno (anche perché, “in ballo” ci sono agevolazioni pubbliche) che gli organi di vigilanza, “in  primis”, ma non solo, quelli dell’Ispettorato territoriale del Lavoro, nella loro ordinaria attività, verifichino tale circostanza e, se del caso, segnalino all’Istituto l’inottemperanza del datore di lavoro;
  • Accordo collettivo per le risoluzioni consensuali e agevolazione ex art. 3: il comma 3 dell’art. 14 offre a datori di lavoro la possibilità di un accordo collettivo con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ove vengono individuati incentivi per l’esodo con i lavoratori che possono, liberamente, accedere ai benefici economici ai quali il Legislatore aggiunge anche, in via eccezionale, il riconoscimento della NASPI. Personalmente, ritengo che le risoluzioni consensuali non comportino la revoca dell’esonero contributivo in quanto la norma correla quest’ultimo, unicamente, al licenziamento che resta un atto unilaterale ricettizio del datore di lavoro;
  • L’esonero contributivo, afferma il comma 4, è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previste dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta. Sarà l’INPS a dettare le regole comportamentali su tale ultimo argomento, non dimenticando che se il cumulo riguarda altri incentivi che hanno regole speciali, occorrerà per questi ultimi seguire le regole che li riguardano (ad esempio, “de minimis” ed incremento occupazionale per gli “over 50”);

Gli oneri derivanti da tale impegno economico sono quantificati dal comma 6 in 363 milioni di euro per il 2020 ed in 121,1 milioni per l’anno prossimo.

Agevolazione contributiva per le zone svantaggiate

Con l’art. 27 l’Esecutivo intende venire incontro ad alcuni effetti straordinari della pandemia in alcune zone disagiate del nostro Paese: in tale ottica, con la sola esclusione del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico, la disposizione si rivolge ai datori di lavoro con sedi di operatività in regioni italiane che nel corso del 2018:

  • Presentavano un PIL “pro capite” inferiore al 75% della media EU27 (o, comunque, compreso tra il 75% ed il 90%);
  • Avevano un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale.

Dalla valutazione di tali parametri discende  che la decontribuzione riguarderà i datori di lavoro privati che hanno proprie sedi in Umbria, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.

Ma, a quanto ammonta il beneficio e quale è il periodo di “godimento”?

L’esonero dal versamento è pari al 30% dei complessivi contributi previdenziali, con esclusione dei premi e dei contributi di pertinenza INAIL ed il periodo di valenza della disposizione è, al momento, quello compreso tra il 1° ottobre ed il 31 dicembre p.v. . La disposizione non è immediatamente operativa in quanto attende il “via libera” della Commissione europea, nel rispetto delle condizioni del Quadro Temporaneo per le misure di auto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza determinata dal COVID-19 (Commissione CE 19 marzo 2020).

Il periodo di agevolazione è, come si vede, molto limitato: per questo il comma 2 prevede un DPCM, finalizzato a favorire la riduzione dei divari territoriali, da adottarsi entro il prossimo 30 novembre. Con tale mezzo dovranno essere individuate le modalità ed il riferimento ad indicatori oggettivi di svantaggio socio-economico e di accessibilità al mercato europeo utili per la definizione di misure agevolative di decontribuzione per il periodo 2021-2029, nell’ottica del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dei Piani Nazionali di Riforma.

L’INPS è incaricato del monitoraggio della misura ed il Ministero del Lavoro degli adempimenti previsti dal registro nazionale sugli aiuti di Stato.

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Eufranio Massi
Eufranio Massi 321 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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