Una dipendente chiede di essere licenziata per ottenere la NASpI, la stessa lascia senza le dimissioni online per indurre il licenziamento. È possibile comunicare dimissioni per fatti concludenti, come da sentenza Cass. 12549/2003?

Una dipendente chiede di essere licenziata per ottenere la NASpI, la stessa lascia senza le dimissioni online per indurre il licenziamento. È possibile comunicare dimissioni per fatti concludenti, come da sentenza Cass. 12549/2003?

Più precisamente:

Una lavoratrice, unica dipendente di un negozio, esprime la volontà di cessare il rapporto di lavoro per trasferirsi con la famiglia in un’altra Regione. Chiede al datore di lavoro di essere licenziata, al fine di ottenere la NASPI. Il datore di lavoro si rifiuta, non corrispondendo il motivo alla realtà. Per ripicca la dipendente va via senza fare le dimissioni online. A questo punto è evidente l’intento di indurre il datore al licenziamento. Ora chiedo: sarebbe possibile comunicare dimissioni per fatti concludenti, come da sentenza Cass 12549/2003?

 

Direi che il non presentarsi al lavoro da 22 giorni, senza alcuna giustificazione e per giunta con una affermazione del lavoratore che pretende di essere licenziato per poter ricevere la NASpI, sia una chiara manifestazione di volontà.

La questione è, comunque, alquanto spinosa, in quanto la Suprema Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 12549/2003, ha evidenziato che “qualora non sia prevista alcuna forma convenzionale per il recesso del lavoratore, la volontà di recedere può essere dallo stesso esternata, anche implicitamente, con un determinato comportamento, tale da lasciarla presumere (secondo il principio dell’affidamento), come la cessazione delle prestazioni dovute in base al rapporto, sicché l’accertamento in tal senso operato dal giudice di merito non è censurabile in cassazione se adeguatamente motivato (Cass. 20 maggio 2000, n. 6604).”.

In particolare, nella sentenza summenzionata, i giudici hanno anche sottolineato come “l’indagine del giudice di merito [in caso di contenzioso] debba essere particolarmente rigorosa, in presenza di materiale probatorio contrastante, nel decidere sull’alternativa, prospettata dalle parti, rispettivamente, tra licenziamento o dimissioni, essendo in discussione beni giuridici primari, oggetto di particolare tutela da parte dell’ordinamento, sicché, nel risolvere la controversia affermando la cessazione del rapporto per recesso del lavoratore, occorre accertare che la volontà di quest’ultimo si sia manifestata e sia stata comunicata in modo univoco (Cass. 11 marzo 1995, n. 2853; 16 maggio 2001, n. 6727).”.

Una volta verificato ciò e reperite tutte le possibili prove documentali e testimoniali in merito al motivo sostanziale del recesso, si potrà ritenere, tale risoluzione, come dimissioni ordinarie.

Autore

Roberto Camera
Roberto Camera 507 posts

Esperto di Diritto del Lavoro e relatore in convegni sulla gestione del personale. Ha creato, ed attualmente cura, il sito internet http://www.dottrinalavoro.it in materia di lavoro. (*Le considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza)

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7 Commenti

  1. volevo chiedere, mio marito lavora presso un azienda farmaceutica da sei anni con contratti a temine e relative proroghe.il 5 di agosto le scade l’ennesimo contratto e molto probabilmente rimarrà a casa.Secondo lei dovrebbe scattare in automatico l’indeterminato?e se così non fosse cosa possiamo fare giuridicamente?grazie

    • Roberto
      Luglio 18, 12:25

      Bisogna verificare la tipologia di contratto a termine utilizzata dall’azienda. Un primo distinguo attiene al contratto diretto (azienda – lavoratore) ovvero al contratto di somministrazione (agenzia per il lavoro – lavoratore – azienda). Nel primo caso, la durtata massima complessiva è pari a 36 mesi, la seconda, non ha un limite massimo da rispettare. Le consiglio di andare presso l’ispettorato del lavoro della sua provincia, potrando con se tutti i contratti di lavoro. In caso di sforamento del tetto massimo di durata, è prevista la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro.

  2. Giuliana
    Luglio 13, 19:17

    Ho anche io un negozio e una commessa dipendente (con cui è venuto a cadere il rapporto di fiducia).
    La ragazza è stata in maternità’ (anticipata, per incompatibilità’ col tipo di lavoro).
    Passata a maternità’ obbligatoria, ho dovuto sollecitarle l’invio della domanda all’inps (che ha fatto con qualche settimana di ritardo).
    Ora so per certo che ha partorito, ed ha da qualche giorno terminato la maternità’ obbligatoria.
    Non mi ha inviato documentazione relativa alla nascita, non mi ha inoltrato richiesta di maternità’ prolungata facoltativa, né di eventuali dimissioni. Ma non si è ancora presentata al lavoro.
    Come dovrei comportarmi?

    • Roberto
      Luglio 18, 12:32

      Al termine della maternità obbligatoria, la lavoratrice che non richiede la facoltativa, deve rientrare sul posto di lavoro. La mancanza potrebbe essere considerata assenza ingiustificata. Invii una lettera raccomandata alla dipendente per richiedere informazioni in merito ed eventualmente, in caso di risposta negativa, apra una procedura disciplinare.

  3. Giuliana
    Luglio 13, 17:03

    Ho anche io un negozio, e una dipendente che ha avuto un figlio.
    E’ stata messa in maternità’ anticipata per incompatibilità’ col tipo di lavoro.
    Ha presentato documentazione di richiesta maternità’ ordinaria solo su mia sollecitazione, in ritardo di circa un mese.
    Non mi ha inviato alcuna documentazione riguardante l’avvenuto parto.
    La maternità’ ordinaria è terminata (so con esattezza la data della nascita) e non sta rientrando, senza aver prodotto alcuna documentazione né di richiesta facoltativa, né di dimissioni.
    Ho una ragazza in sostituzione maternità.
    Secondo lei come mi devo comportare?
    (premetto che i rapporti tra me e la dipendente non sono idilliaci e ha già’ ottenuto già’ in periodo di gravidanza un richiamo ufficiale per abuso di fiducia)

  4. Roberto
    Giugno 10, 21:51

    Non per nulla, in premessa, ho evidenziato come la questione sia “spinosa”. Ritengo, tuttavia, che qualora siano presenti valide prove documentali e testimoniali che avallano la volontarietà del lavoratore nel recedere dal contratto, si possa incardinare una risoluzione unilaterale per fatti concludenti.
    Purtroppo l’unico soggetto che non ha evidenziato il “buco” della normativa è proprio il legislatore. La stessa Inps, negli Osservatori mensili del 2016, dedicati alle risoluzioni dei rapporti di lavoro ha evidenziato un aumento dei licenziamenti dovuti all procedura delle dimissioni online; un chiaro riferimento ad una procedura che non prevede l’inerzia del lavoratore.

  5. fcuoco
    Giugno 08, 16:16

    Mi domando tuttavia come conciliare la modalità per fatti concludenti con la forma vincolata delle dimissioni introdotta a pena di inefficacia dal Jobs Act… A mio avviso non è possibile.

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