Il mancato rispetto della parte obbligatoria dei contratti collettivi [E.Massi]

Il mancato rispetto della parte obbligatoria dei contratti collettivi [E.Massi]

Con l’interpello n. 18 del 20 maggio 2016, rispondendo ad un quesito posto dall’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro, la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Dicastero del Lavoro, e’ tornata ad affrontare un tema ricorrente: quello che si riferisce al rispetto delle parti economiche e normative dei contratti collettivi di lavoro, della distinzione tra queste e la c.d. “parte obbligatoria” e del riflesso che da ci  consegue su questa distinzione ai fini della fruizione di esoneri e di sgravi contributivi previsti da disposizioni vigenti.

Prima di entrare nel merito della questione che  riguarda anche l’adesione agli Enti bilaterali (obbligo o meno per i non iscritti) ritengo doveroso soffermarmi sulla domanda dell’istante e sulla risposta del Ministero.

Per quel che riguarda la prima, il quesito riguardava la possibile obbligatorietà del versamento del contributo di assistenza contrattuale da parte delle imprese non iscritte all’associazione datoriale firmataria del CCNL, laddove ci  venisse considerato come rientrante nella parte economica e normativa e, quindi, “conditio sine qua non” per la fruizione di un esonero contributivo come, ad esempio, quello triennale per le nuove assunzioni a tempo indeterminato di cui parla la legge n.190/2014 o quello biennale previsto dalla legge n. 208/2015.

La risposta ministeriale, dopo aver ripetuto il contenuto del comma 1175 dell’art. 1, della legge n. 206/2006, prende lo spunto da quanto affermato nella circolare n. 4 del 15 gennaio 2004, laddove, interpretando l’art. 10 della legge n. 30/2003 viene spiegato cosa si deve intendere per “integrale rispetto degli accordi e dei contratti”: qui viene operata una fondamentale distinzione tra parte economica e normativa e parte obbligatoria. Il riconoscimento dei benefici postula soltanto l’integrale rispetto della prima e non della seconda. Se anche il rispetto di quest’ultima (che riguarda gli iscritti all’associazione firmataria) fosse ritenuto necessario, si lederebbero i principi costituzionali della libertà di associazione sindacale sancita, a chiare lettere, dall’art. 39 della Costituzione, e quelli scaturenti dal diritto comunitario in materia di concorrenza.

Nella risposta al quesito che traeva origine dall’art. 40 del CCNL del Commercio ove viene richiesto il c.d. “contributo di assistenza contrattuale” per assicurare “l’efficienza delle proprie strutture sindacali al servizio dei lavoratori e dei datori di lavoro”, la Direzione Generale cita l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 539 del 15 gennaio 2003, ove si evidenzia che solo la parte economica e normativa e’ destinata a regolamentare i rapporti individuali tra datori di lavoro e lavoratori: di qui la conclusione che il mancato pagamento del contributo di assistenza contrattuale non “chiude”, in alcun modo, la via per l’accesso ad agevolazioni di natura contributiva, per le quali, ricordo per inciso, molte volte sono chiesti ulteriori adempimenti come, nel caso degli esoneri sopra citati, la regolarità contributiva, l’assenza di condanne o sanzioni definitive per violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro particolarmente gravi, l’assenza di rapporti a tempo indeterminato del lavoratore interessato nei sei mesi antecedenti l’assunzione o l’assenza di rapporto sempre a tempo indeterminato, in un arco temporale prefissato, con aziende appartenenti allo stesso gruppo o al medesimo titolare. Quanto appena affermato dal Ministero del Lavoro mi consente di correlare il tema affrontato a quello degli Enti Bilaterali e della conseguente richiesta di iscrizione per la fruizione di alcuni servizi.

Essi sono stati, normativamente, disciplinati dall’art. 2, comma 1, lettera h, del decreto legislativo n. 276/2003: costituiti su iniziativa di associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative, hanno, sulla carta, una serie di compiti estremante estesi che spaziano, tra le altre cose, dall’attività di intermediazione sul mercato del lavoro, alla certificazione dei contratti, alla composizione delle controversie individuali di lavoro, alla progettazione ed alla erogazione di attività di formazione.

Si tratta di compiti che, nella maggior parte dei casi, riguardano istituti e forme di assistenza destinate agli iscritti e, quindi, in coerenza con quanto affermato nella circolare n. 4 del 15 gennaio 2004, il Ministero del Lavoro ha continuato a tener ferma la propria posizione relativa alla non obbligatorietà dell’iscrizione: sintomatico di tale orientamento fu quanto affermato nel giugno del 2012 allorquando si pose il problema del passaggio obbligato all’Ente Bilaterale per la valutazione della conformità del piano formativo per l’apprendistato, in esecuzione di quanto affermato nell’accordo collettivo dei settori del commercio e del turismo.  In quella sede si ribadì che il “passaggio obbligatorio”  per il “timbro di conformità” non era necessario ai fini della legittimità della formulazione del piano e che il datore di lavoro, non aderente, poteva benissimo scriverlo in autonomia, prendendo lo spunto dalle declaratorie contrattuali: ovviamente, l’Ente, se un “non aderente” ci si fosse rivolto, poteva chiedere, concludeva la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, una somma a pagamento del servizio prestato, ma non l’adesione.

Questa posizione circa la “non obbligatorietà” non è assoluta: mi riferisco, ad esempio, alla Cassa Edile o al Fondo di solidarietà bilaterale per l’artigianato, regolamentato da un Decreto del Ministro del Lavoro  del 9 gennaio 2016, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il successivo 9 marzo, e che opera in esecuzione di quanto previsto dall’art. 27, comma 1, del decreto legislativo n. 148/2015.   Per quel che riguarda la Cassa Edile, il Ministero del Lavoro se ne è occupato con due note distinte: la circolare n. 5 del 30 gennaio 2008 e la lettera n. 16914 del 6 novembre 2009. L’indirizzo che ne è scaturito conferma un obbligo di iscrizione che riguarda le imprese inquadrate od inquadrabili nel settore edile se le stesse intendono fruire delle agevolazioni alle quali fa riferimento il comma 1175 dell’art. 1, della legge n. 296/2006. Tale obbligo viene confermato (lo afferma, esplicitamente, la nota del 2009) dal fatto che il contratto collettivo del settore, nella parte economica e normativa, prevede sia l’iscrizione che il versamento alla Cassa in quanto tutto ci  è strettamente correlato alla “controprestazione lavorativa” e viene espressamente richiesto sia dall’art. 90 del decreto legislativo n. 81/2008 che dallo stesso “codice degli appalti pubblici”, come chiaramente ribadito dal stessa Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) nel parere n. 12 del 18 febbraio 2015.

Il medesimo discorso si pu , a mio avviso, fare oggi per i Fondi di solidarietà che hanno adeguato la loro struttura le previsioni del Decreto legislativo n. 148/2015, confortate, ai fini della piena operatività, dal provvedimento del titolare del Ministero del Lavoro. Mi riferisco, innanzitutto, al Fondo per il settore artigiano ma anche a quelli dei settori della somministrazione, dei lavoratori marittimi, del trasporto pubblico e di quello aereo che, a seconda dei casi, sono disciplinati dagli articoli 26 e 27 del decreto legislativo n. 148/2015.

L’obbligatorietà (il ragionamento che segue punta i “fari della riflessione” sull’artigianato ma il discorso è del tutto uguale per gli altri settori appena menzionati) scaturisce dal fatto che il sistema eroga prestazioni di welfare contrattuale, demandate dal Legislatore delegato, indispensabili a completare il trattamento economico e normativo previsto dalla contrattazione collettiva, rappresentando questo un diritto contrattuale dei singoli lavoratori: mi riferisco, ovviamente, all’assegno ordinario ed all’assegno di solidarietà che sono destinati, nel settore, a garantire l’integrazione del reddito per le ipotesi di sospensione o riduzione di orario dovute a situazioni ordinarie, straordinarie o di solidarietà. In tale quadro di riferimento, la delibera del 19 gennaio 2016, con la quel sono state indicate, tra le altre cose, le quote contributive obbligatorie, assume una peculiare importanza ed una piena validità.

Da ultimo, non si può  tacere sul fatto che con l’approvazione dei Fondi bilaterali, il Ministro del Lavoro detta anche disposizioni finalizzate a stabilire i requisiti di professionalità e di onorabilità dei componenti degli organi di gestione e di controllo, a garantire le prestazioni integrative soltanto in presenza di disponibilità delle risorse, con l’obbligo di presentare bilanci di previsioni pluriennali e con un sistema di controllo e monitoraggio sulle prestazioni che viene effettuato dal Ministero del Lavoro.

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 321 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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