Giovani e lavoro: le differenze occupazionali tra Nord e Sud dell’Italia

Nel 2020 i Neet si assestano al 23,4% portando l’Italia ad essere il paese peggiore in Europa

A pochi giorni dal discorso alle Camere di Mario Draghi, è chiaro come tra gli argomenti più importanti che il governo dovrà affrontare durante il suo mandato riguarderà i giovani nel mondo del lavoro. L’indagine del Sole24 ore, condotta in base a 18 indicatori differenti (tra i quali famiglia, istruzione, lavoro), ha evidenziato come ci sia una netta divisione tra il Nord e il Sud, proprio a constatare che all’interno della stessa nazione ci siano due diversi paesi.

I giovani che non lavorano e non studiano, i cosiddetti Neet, nel 2020 si assestano al 23,4% portando l’Italia ad essere il paese peggiore in Europa. Come evidenziato in precedenza però sussistono infatti enormi differenze tra il Nord e il Sud, infatti se al settentrione, i Neet sono al 16,8%, al meridione invece sono al 32,8%.

Allo stesso tempo se analizziamo la disoccupazione giovanile nella fascia tra i 15/29 anni, al Sud la percentuale è al 35,3% mentre al Nord si ferma al 14,1%.

Da dove nasce questo divario?

Questa enorme differenza nasce proprio a scuola, infatti i giovani italiani restano penultimi in Europa per laureati nella fascia d’età compresa tra i 30 e i 34 anni, a ben 14 punti di distanza dalla media europea.

Ma concretamente quali sono le conseguenze che questa differenza comporta? Rispetto ai giovani europei, gli italiani non riescono ad avere la propria indipendenza dalla famiglia di origine. Se consideriamo la fascia d’età compresa tra i 18 e i 34 anni, il 64,3% vive ancora con almeno un genitore mentre in Europa la percentuale si ferma al 48,2%.

A frenare i giovani sicuramente è la precarietà sul lavoro, infatti un giovane su quattro al Sud si trovano ad essere lavoratori con un contratto a termine. Secondo l’Inps, il saldo su base annua tra assunzioni, cessazioni e trasformazioni di rapporti di lavoro il dato del 2020 è peggiorato, con 664 mila contratti persi (la maggior parte lavoratori con contratti a termine).

Vista la situazione, il governo deve ripartire dai giovani e dal lavoro e le dichiarazioni di Draghi vanno proprio in questa direzione.

 

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