Dimissioni in crescita nel 2021: ecco perché non è un dato negativo

L'aumento delle dimissioni nel 2021 evidenzia un dinamismo ritrovato del mercato del lavoro

Dimissioni in crescita nel 2021: ecco perché non è un dato negativo

Negli Stati Uniti l’hanno chiamata “Great Resignation” o “Big Quit”, espressione che indica un trend instauratosi in molte parti del mondo, Italia compresa, che sta generando un “turnover” marcato in tutti i comparti lavorativi. Sempre più persone decidono di dare le dimissioni e cambiare lavoro, e spesso anche luogo di residenza. Questo movimento crea un fermento nel mercato, e denota una ripresa generale delle opportunità. Il nostro Paese non fa differenza, come dimostrano i dati sull’occupazione analizzati dal Monitor Fase 3, frutto della collaborazione tra Area Studi Legacoop e Prometeia.

Dimissioni: i numeri in Italia

Nel report stilato dagli osservatori, si nota una ripresa generale dei dati sull’occupazione, che tra il 2019 e il 2020 erano calati, complessivamente, del 23,7%, passando da 7,5 milioni a 5,7 milioni. In quest’ottica si instaura un’altra dinamica interessante, che rafforza questa tendenza. Nei primi 9 mesi del 2021 si è registrata una crescita delle dimissioni del 31,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando da 1 milione ad oltre 1 milione e 300mila dimissionari. Le dimissioni volontarie rappresentano un indicatore del dinamismo del mercato del lavoro, perché il desiderio di migliorare le proprie condizioni lavorative ed economiche non può che essere esercitato in una condizione di ripresa delle assunzioni, altrimenti si finirebbe tra i disoccupati o gli inattivi. Il report, invece, non a caso denominato “Assunzioni e cessazioni: qualcosa si muove nel mercato del lavoro italiano”, evidenzia che da gennaio a settembre 2021 le assunzioni sono aumentate del 19,4% rispetto al 2020, così come le dimissioni, che sono cresciute del 6,6%.

Nuovi parametri

In alcune Regioni italiane, come l’Emilia Romagna, il tasso di fabbisogno di manodopera in alcuni settori raggiunge addirittura una percentuale del 50%, un dato che stona con il tasso di disoccupazione su cui si è “accomodato” da anni il nostro Paese. Questi numeri evidenziano l’esigenza di fare più attenzione a parametri come: la qualità del lavoro e della vita, il bisogno di soddisfazione, di autorealizzazione, di crescita sociale e personale. Lo sviluppo armonico del sistema lavoro di un Paese è possibile non solo riempiendo i posti vacanti ma mettendo le persone nei posti giusti, valorizzandone i talenti. “Il PNRR può e deve essere anche lo strumento per risolvere queste distorsioni strutturali”, ha commentato Mario Lusetti, presidente di Legacoop.

Autore

Federica Barbi
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Laureata in Lettere Moderne all’Università Federico II di Napoli, Giornalista e Social Media Manager. "Gioco" con le parole da tutta la vita. Ogni giorno provo ad usarle con armonia: “La comunicazione non è quello che diciamo, bensì quello che arriva agli altri”

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