Jobs act: staff leasing sempre possibile ma entro il limite del 10%

Jobs act: staff leasing sempre possibile ma entro il limite del 10%

Il prossimo passo del Jobs Act sarà il decreto legislativo recante il testo organico delle tipologie contrattuali, il cui schema avanzato (atto del Governo n. 158) è all’esame delle Camere. Com’è noto, l’intento del Governo è quello di riformare totalmente la disciplina del lavoro in Italia e razionalizzare le tipologie contrattuali consentite dall’ordinamento.
Tra le tante novità contenute nello schema di decreto, una riguarda anche l’istituto del c.d. “ Staff Leasing ”, ossia la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato di personale dipendente operata dalle agenzie per il lavoro autorizzate.

L’istituto dello Staff Leasing ha avuto una vita piuttosto travagliata nel nostro Paese, dove è pure stato osteggiato apertamente da una delle maggiori sigle sindacali nazionali. Lo strumento è stato, addirittura, posto fuori legge tra il 2007 e il 2009, per poi rivedere la luce a far data dal 1 gennaio 2010, grazie alla legge finanziaria per l’anno 2010. E così, in mezzo a mille peripezie, lo staff leasing ha conosciuto fino ad oggi una scarsissima diffusione in Italia.

Eppure si tratta di una tipologia contrattuale estremamente interessante, in grado di mettere a disposizione di un’azienda utilizzatrice lavoratori, a tutti gli effetti equiparati ai dipendenti subordinati a tempo indeterminato, che svolgono le proprie prestazioni nell’interesse nonché sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.

Attualmente lo staff leasing è attivabile esclusivamente qualora ricorra uno dei casi tassativi previsti dall’20, comma 5, del D. Lgs. 276/03

(*)
[servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico; servizi di pulizia, custodia, portineria; servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci; gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato; attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale; attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale; gestione di call-center, nonché avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1; costruzioni edilizie all’interno degli stabilimenti, installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, particolari attività produttive, con specifico riferimento all’edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi successive di lavorazione, l’impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell’impresa].

Fuori da tali ipotesi tassative, l’azienda che decida di ricorrere all’istituto è tenuta a rivolgersi alle rappresentanze sindacali e prevedere specifiche ulteriori ipotesi in un contratto collettivo aziendale (art. 20, comma 3, lett. I, D. Lgs. 276/03). Non sono oggi previsti, invece, limiti di contingentamento per l’utilizzo di tale tipologia contrattuale che resta, appunto, una forma di impiego di manodopera a tempo indeterminato e non già a termine.

Nel corso degli anni le parti sociali di settore sono intervenute introducendo, nell’ambito del CCNL per la categoria delle Agenzie per il Lavoro, interessanti strumenti di welfare privato finalizzati ad innalzare le garanzie e le tutele dei lavoratori impiegati in staff leasing. In particolare, è stata introdotta, con l’art. 23 bis del CCNL del 24.07.2008 (poi confluito nell’art. 25 del CCNL 27.02.2014), una specifica procedura bilaterale di ricollocazione che fornisce al dipendente – pur coinvolto in una fine missione presso l’azienda utilizzatrice – un’effettiva opportunità di ricollocazione e un concreto sostegno al reddito per un periodo di almeno sei mesi successivi alla cessazione dell’attività lavorativa.

Con lo schema di decreto legislativo l’istituto diventerà attivabile da qualsiasi azienda in ogni caso. Sparisce, infatti, dalla legge l’elenco tassativo dei casi e delle attività specifiche all’interno delle quali lo staff leasing è utilizzabile, ma compare, invece, uno stringente limite di contingentamento pari al 10% dei lavoratori impiegati in azienda con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato al 1 gennaio dell’anno di stipula del contratto. Tale limite, a parere di scrive assolutamente irragionevole in quanto addirittura inferiore al limite consentito dalla legge per l’utilizzo dei contratti a tempo determinato (mantenuto nel medesimo decreto all’attuale 20%) sarà derogabile esclusivamente dai contratti collettivi nazionali, non essendo stata confermata, per il momento, la norma che consente all’azienda di derogare alla disciplina in sede di contratto aziendale.

Così recita la disposizione in commento (art. 29, comma 1, dello schema di decreto): “salvo diversa previsione dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il numero dei lavoratori somministrati con contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato non può eccedere il 10 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del predetto contratto (…)”.

Se, da un certo punto di vista, può salutarsi con favore la decisione del legislatore di aprire alla possibilità di utilizzo dello staff leasing in qualsiasi ipotesi di necessità aziendale, da un altro, appaiono poco condivisibili le scelte del medesimo legislatore di contenere tale tipologia contrattuale in un limite così stringente (solo il 10% della forza lavoro assunta a tempo indeterminato) e, soprattutto, di non consentire alle aziende alcuna possibilità di deroga in sede di contratto collettivo aziendale.

Tali scelte sono inspiegabili per una duplice ragione:

la prima è quella che si è già accennata qualche riga più su: non si comprende per quale ragione l’impiego di una tipologia contrattuale assolutamente equiparabile al lavoro subordinato a tempo indeterminato, ed anzi, oggi maggiormente tutelata rispetto a quest’ultimo (come pure tra poco vedremo) debba incontrare un limite addirittura inferiore alla possibilità di utilizzo del contratto di lavoro a tempo determinato, che certamente è uno degli strumenti meno tutelati e più instabili previsti dal nostro ordinamento giuridico;

la seconda ragione è un attimino più complessa da spiegare, ma ancor più assorbente della prima: non si comprende, in particolare, come mai proprio il legislatore che si è spinto così in avanti da superare, una volta e per tutte, la tutela reale dell’art. 18 L. 300/1970 per la quasi totalità dei licenziamenti economici e disciplinari sia il medesimo legislatore che ha pure deciso di introdurre – per la prima volta nella storia dell’istituto – un limite di contingentamento tanto stringente allo staff leasing, per di più nemmeno derogabile in sede di contrattazione aziendale.

Provo a spiegarmi meglio.

La principale ragione per la quale lo staff leasing è stato apertamente osteggiato in particolare da una componente sindacale consiste principalmente nel fatto che ai lavoratori impiegati con tale tipologia di contratto, pacificamente per norma di legge, non era e non è ritenuta applicabile la tutela reale di cui all’art. 18 della L. 300/1970. È stato sottolineato più volte da parte sindacale che il ricorso allo staff leasing da parte delle aziende altro non rappresentava che un aggiramento della tutela reale.

La realtà dei fatti, molto probabilmente, è sempre stata ben diversa e l’equazione staff leasing = circumnavigazione dell’art. 18, per quanto in estrema sintesi non falsa, non era certamente vera in assoluto. Per smentirla basterebbe una semplicissima considerazione: se davvero gli imprenditori italiani fossero stati talmente ossessionati dall’art. 18, posto che è pacifico che allo staff leasing esso non è mai stato applicabile, allora non si comprenderebbe per quale ragione – in assenza fino ad oggi di limiti di contingentamento – non vi sia stata una capillare diffusione di tali contratti che, invece, rappresentano una rarità assoluta anche nei settori in cui sono espressamente ammessi dalla legge.

Ben altre e più nobili erano e sono le ragioni che hanno spinto un manipolo di aziende innovatrici a ricorrere a tale strumento, utilissimo e insostituibile soprattutto nelle fasi di start up di nuove iniziative imprenditoriali o nuovi investimenti. Senza contare che nella quasi totalità dei casi, l’introduzione dello staff leasing in azienda, preceduta com’è stata dalla necessaria fase di condivisione e trattative sindacali, ha comportato un generale e sensibile miglioramento delle condizioni lavorative e delle relazioni industriali.

Fatto sta che, a tutto concedere alle posizioni portate da chi si è sempre apertamente battuto contro tale forma contrattuale, non può non apparire quanto meno paradossale che un vero stringente e insuperabile limite al suo impiego sia stato introdotto proprio quando lo scoglio da aggirare (la temuta reintegra di cui all’art. 18) è stato definitivamente rimosso.

Se la tutela in caso di licenziamento illegittimo dei lavoratori assunti a tempo indeterminato in azienda – salvo le oramai note specifiche ipotesi residuali – passa praticamente tutta per una componente puramente economica (l’indennità da liquidare, per giunta predeterminata), allora la presenza di un ulteriore soggetto terzo – economicamente solido, affidabile e controllato, qual è l’agenzia per il lavoro – non può che rappresentare una garanzia in più per il credito che il lavoratore maturerà in caso di recesso arbitrario.

Ma vi è di più: in un ordinamento giuridico che riconosce al lavoratore vittima di un licenziamento illegittimo giudizialmente accertato al massimo un’indennità pari a due mensilità di retribuzione per ogni anno di anzianità maturata in azienda, è palese che i lavoratori in staff leasing – i quali hanno pure in aggiunta la tutela riconosciuta dal CCNL per le agenzie per il lavoro e possono far valere le proprie ragioni nei confronti di due soggetti imprenditori anziché uno – siano ormai più tutelati dei dipendenti diretti assunti dall’azienda utilizzatrice a partire dal marzo scorso.

Di qui la difficoltà a comprendere le scelte operate.

Non resta che augurarsi che in sede di stesura definitiva del decreto legge siano apportate idonee modifiche alla norma, che consentano un innalzamento del limite di contingentamento almeno al livello previsto per i contratti a tempo determinato (20%) e il mantenimento (come oggi è per legge) della possibilità di definire una specifica disciplina in sede di contrattazione collettiva aziendale.

Autore

Luca Peluso (Legal Team)
Luca Peluso (Legal Team) 13 posts

Avvocato Giuslavorista socio AGI (Avvocati Giuslavoristi Italiani). Consegue la laurea con lode in Giurisprudenza nell’anno 2001. Specializzato nell’individuazione di soluzioni idonee a garantire la giusta flessibilità in azienda, collabora con prestigiosi studi professionali fornendo prevalentemente attività di consulenza.

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