L’audizione del lavoratore dopo la contestazione disciplinare [E.Massi]

L’audizione del lavoratore dopo la contestazione disciplinare [E.Massi]

Uno dei momenti più importanti nella procedura disciplinare prevista dall’art. 7 della legge n.300/1970 e’ rappresentato dalla difesa del lavoratore in sede di audizione e dalla assistenza sindacale.

eufraniomassi_fbPrima di entrare nel merito della questione che riguarda, da vicino, anche il licenziamento disciplinare dei lavoratori assunti dopo il 6 marzo 2015, data di entrata in vigore del D.L.vo n. 23/2015, ricordo ciò che affermano i commi 2 e 3 dell’art. 7: “Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa.

Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato”.

Come si vede, il Legislatore pone, innanzitutto, l’accento sulla contestazione dell’addebito che deve essere precisa, puntuale, tempestiva ed immodificabile: si tratta di concetti ben precisi sui quali, prossimamente, mi soffermerò con una specifica riflessione.

Ciò che, invece, intendo, oggi, affrontare riguarda il momento successivo: la garanzia della difesa costituisce un momento fondamentale della procedura, nel senso che la stessa, posta in favore del dipendente circa un uso arbitrario del potere disciplinare, ha fatto si’ che potesse essere ipotizzata l’instaurazione di un contraddittorio il cui scopo fondamentale consiste nel non far trovare il dipendente in una situazione oltre modo “sbilanciata”.

Ma come si esercita il c.d. ” diritto a difesa“?

La Cassazione ha più volte ribadito che il lavoratore e’ libero di esercitare la propria difesa nel modo che ritiene opportuno, nel senso che le giustificazioni possono essere presentate sia per iscritto che oralmente, che le stesse possano anche non essere veritiere ( senza che ciò abiliti il datore ad instaurare un altro procedimento disciplinare), ma possono anche non essere presentate, in quanto la “non difesa” o anche l’inerzia sono di per se stesse sinonimo di difesa e, in ogni caso, non rappresentano in alcun modo una forma di acquiescenza, potendo l’interessato  riservarsi, in caso di irrogazione del provvedimento, ogni forma di esercizio della propria tutela, nella successiva fase arbitrale o giudiziale.

Ma quale è il luogo ove, eventualmente, va fissato l’incontro per l’audizione?

In linea di massima esso va individuato in quello ove il dipendente presta la propria attività o, quantomeno, il contesto aziendale: non può essere, quindi, lo studio del consulente o del legale della società. Ciò vale anche per i dipendenti in trattamento integrativo salariale e la giurisprudenza di merito, sia pure con una sentenza un po’ datata (Tribunale di Milano, 29 settembre 1990) ha eccepito la nullità della procedura.

La norma afferma che il lavoratore può chiedere di essere sentito a difesa: esso può farsi assistere da un rappresentante sindacale, può presentare le proprie giustificazioni nell’ambito dei cinque giorni previsti, può cambiare od integrare le proprie posizioni.

Ma cosa significa che il lavoratore può essere assistito da una organizzazione sindacale?

E’ indubbio che il comma 3 assicura nella fase di assistenza una posizione di assoluta preminenza al sindacato che e’, al contempo, assai importante. Da ciò, a mio avviso, scaturiscono due interessanti questioni che riguardano: l’impossibilita’ per il lavoratore di farsi assistere, nella fase del contraddittorio, da un soggetto estraneo ad una organizzazione sindacale e la natura del mandato conferito al sindacato.

E’ fuor di dubbio che il lavoratore possa farsi assistere da qualunque organizzazione sindacale, anche fortemente minoritaria ed anche non firmataria di accordi collettivi, in quanto il Legislatore, nel rispetto dell’art. 39 della Costituzione, non ha posto alcun limite come quello che, in altre situazioni normative, fa riferimento alle organizzazioni maggiormente o comparativamente più rappresentative.

La disposizione, ai fini dell’assistenza, parla di sindacato al quale è iscritto il lavoratore o al quale, senza esservi iscritto, ha conferito il mandato di assistenza. Il sindacato può essere interno od esterno alla struttura aziendale ed il mandato e’, nella sostanza, per uno specifico atto ( rappresentanza ed assistenza nella fase del contraddittorio) ed in tale veste il sindacalista può compiere atti e produrre prove a discarico. Il mandato, cui si applicano le disposizioni generali contenute nel codice civile, può essere revocato ex art. 1723 c.c.: e’ questa, però, una ipotesi più teorica che pratica, atteso che la fase del contraddittorio dura un lasso contempo particolarmente breve (cinque giorni). Non necessariamente il mandato deve prevedere una persona specifica del sindacato, essendo lo stesso, conferito alla organizzazione che, successivamente, incarica un proprio funzionario.

Come affermavo in precedenza, la disposizione preclude che, nella fase dell’audizione, il lavoratore possa farsi assistere da un soggetto esterno che non sia emanazione di una organizzazione sindacale. La “ratio”  della norma e’ che, come chiarito dalla Suprema Corte nel corso del 2009,  l’interlocutore privilegiato e prescelto dal Legislatore e’ il sindacato e non altri. Tale  privilegio si esaurisce con questa fase, in quanto nei passaggi successivi sia in sede arbitrale, che in conciliazione facoltativa avanti alla commissione provinciale di conciliazione che, infine, nella sede giudiziale, la difesa e la rappresentanza possono ben essere affidate ad altri soggetti.

Questa breve digressione ha una valenza generale anche con riguardo, non soltanto alle sanzioni di natura conservativa, ma anche per quelle espulsive, e vale, pur in presenza di un licenziamento di natura disciplinare nei confronti di un lavoratore neo – assunto al quale trovano applicazione le c.d. “tutele crescenti”. Infatti, una violazione di norme di natura procedurale viene sanzionata dall’art. 4, a meno che non ci siano gli estremi per decidere secondo le previsioni contenute negli articoli 2 e 3, con una indennità pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR per ogni anno di anzianità, partendo da una base di due, fino ad un massimo di dodici mensilità (per i datori di lavoro dimensionati fino a quindici dipendenti e per le associazioni di tendenza i valori sono ridotti della metà con un massimo di sei mensilità).

Autore

Eufranio Massi
Eufranio Massi 326 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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