Somministrazione: cosa cambia, dal 1 gennaio 2019 [E.Massi]

Breve riflessione sull’accordo di rinnovo del CCNL per la categoria delle Agenzie di Somministrazione di lavoro con le relative modifiche alla Legge 96/2018

Somministrazione: cosa cambia, dal 1 gennaio 2019 [E.Massi]

Con la sottoscrizione della ipotesi di accordo relativa al nuovo CCNL concernente le Agenzie di Lavoro ed i prestatori somministrati, le parti sociali cercano, seguendo la previsione contenuta nell’art. 34 del D.L.vo n. 81/2015, di attenuare, nei limiti del possibile, le rigidità della nuova normativa introdotta con la legge di conversione n. 96 e che la circolare esplicativa del Ministero del Lavoro n. 17/2018, ha contribuito ad accrescere invece che ad attenuare: tutto questo nella speranza che con il c.d. “decreto semplificazioni” (D.L. n. 135/2018), attualmente all’esame del Parlamento, qualcosa possa cambiare (in positivo).

L’ipotesi è stata sottoscritta nelle prime ore del 21 dicembre e, almeno per quel che concerne il punto 1, appare di immediata applicazione, fermo restando che, tutto il testo sarà sottoposto alle usuali forme di approvazione degli organi decisionali di Assolavoro e delle organizzazioni sindacali di categoria Nidil CGIL, Felsa CISL, ed Uiltemp UIL.

La breve riflessione che ho in animo di effettuare (riservandomi, per il futuro, ulteriori approfondimenti, soprattutto in relazione alla somministrazione a tempo determinato con un monte ore retribuito garantito (MOG) che da sperimentale diviene strutturale, riguarda la durata massima e la successione dei contratti, il regime transitorio e quello delle proroghe. Una particolare attenzione, una volta approvata l’ipotesi di accordo, dovrà essere riservata anche alle misure finalizzate a favorire il welfare e la formazione professionale, attraverso un meccanismo contrattuale che tende a rendere effettivi i principi di parità di trattamento dei lavoratori somministrati, da ultimo sanciti nel D.L.vo n. 81/2015. Altro argomento di non secondaria importanza, da approfondire, sarà quello dell’apprendistato in somministrazione.

Ma, andiamo con ordine, ricordando che per la somministrazione a tempo determinato presso le Pubbliche Amministrazioni valgono le regole già fissate nell’art. 36 del D.L.vo n. 165/2001 anche a livello di durata massima presso le stesse (36 mesi), e le condizioni, mentre quella a tempo indeterminato viene, espressamente, esclusa, dal comma 4 dell’art. 31.

Per quel che riguarda la somministrazione a termine presso i datori di lavoro privati, le parti sociali hanno focalizzato la propria attenzione, richiamando l’art. 19, comma 2, sulla durata massima dei contratti di  lavoro a scopo di somministrazione stipulati tra le Agenzie ed i prestatori: la data di partenza del nuovo regime è fissata al 1° gennaio 2019 e viene così definita:

  • se la somministrazione avviene, sempre, con lo stesso utilizzatore, la durata massima si dovrà rinvenire nella contrattazione collettiva applicata dall’utilizzatore (ad esempio, nel settore dell’industria metalmeccanica esso è di 44 mesi comprensivo di contratti a tempo determinato e di somministrazione a termine). Se nulla è detto nel CCNL di riferimento dell’utilizzatore, la durata massima sarà di 24 mesi;
  • se il lavoratore verrà inviato in missione presso utilizzatori che fanno riferimento a contratti collettivi nazionali diversi, la durata massima complessiva non potrà superare la soglia dei 48 mesi.

Una norma contrattuale di particolare importanza che va a “sanare” una forzatura contenuta nella circolare ministeriale è quella che concerne il periodo transitorio. Come è noto, l’orientamento ministeriale si era appalesato con la tesi secondo la quale i contratti di somministrazione a termine tra Agenzia e lavoratore dovessero essere computati “da sempre (e, quindi, da una data anteriore alla entrata in vigore della norma – 14 luglio 2018 -).

Ebbene, ora la disposizione contrattuale afferma che tutti i rapporti di lavoro contrattualizzati tra l’Agenzia e lo stesso lavoratore vengono conteggiati a partire dal 1° gennaio 2019, ai soli fini del computo della anzianità lavorativa, per un massimo di 12 mesi all’interno di un arco temporale quinquennale che inizia il 1° gennaio 2014 e termina il 31 dicembre 2018. Si tratta, come si può ben vedere, di una “anzianità convenzionale” con la quale i periodi di anzianità di servizio non corrispondono agli effettivi periodi di lavoro, ma ci si trova di fronte ad “anni virtuali” che sono validi soltanto per tale istituto contrattuale. Si tratta, è opportuno sottolinearlo, di un meccanismo abbastanza noto nel nostro ordinamento lavoristico: penso al passaggio di un lavoratore dalla qualifica di operaio a quella di impiegato ove, in alcuni contratti collettivi, l’anzianità di servizio maturata nel precedente inquadramento viene calcolata parzialmente (ad esempio sei mesi ogni due anni).

Nella nota di accompagnamento dell’ipotesi di accordo9 che Assolavoro ha inviato alle imprese iscritte si riporta l’esempio di un lavoratore che, con la medesima Agenzia, ha lavorato, ininterrottamente, per 36 mesi nel periodo 1° gennaio 2016 – 31 dicembre 2018: pur avendo “lavorato” per 36 mesi, il periodo “convenzionale” risulta di 12 ed il prestatore potrà continuare ad essere impiegato dalla stessa azienda di somministrazione.

L’ipotesi di accordo interviene anche sul regime delle proroghe, regolamentato dall’art. 34, comma 2, del D.L.vo n. 81/2015 che non ha subito alcuna modifica con l’intervento normativo contenuto nel c.d. “Decreto Dignità”.

Questi sono i punti essenziali:

  • il numero massimo delle proroghe nei contratti a termine dei lavoratori somministrati stipulati tra le Agenzie ed il personale somministrato, resta fissato a 6 per ogni singolo rapporto, all’interno dell’arco temporale di 24 mesi;
  • qualora il CCNL applicato dall’utilizzatore, preveda un limite diverso di durata, avendo quale riferimento la successione dei contratti, secondo la previsione contenuta nell’art. 19, comma 2, del D.L.vo n. 81/2015, il numero massimo di proroghe per ogni singolo contratto viene portato ad 8.

Per alcune categorie di lavoratori il limite massimo di proroghe, con l’obiettivo di favorire la continuità occupazionale di detti prestatori, viene sempre elevato ad 8.

Ma, di chi si tratta?

Essi sono:

  • i lavoratori “svantaggiati” e “molto svantaggiati” di cui parla il Regolamento Comunitario n. 651/2014 all’art. 2, numero 4, lettere c), d), ed f) ed al numero 99 ed i lavoratori privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 12 mesi (in quest’ultima ipotesi vengono superate le disposizioni comunitarie che parlano di 6 mesi e che sono state riprese nel D.M. applicativo del Ministero del Lavoro, varato nel mese di ottobre del 2017). Secondo il Regolamento della Commissione sono “lavoratori svantaggiati” i soggetti che non posseggono un diploma di scuola media superiore o professionale o che hanno completato la formazione a tempo pieno da non più di 2 anni e non hanno ancora ottenuto un primo impiego regolarmente retribuito, o che hanno superato la soglia dei 50 anni di età o che sono occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato membro interessato se il lavoratore appartiene al genere sottorappresentato. Per lavoratore “molto svantaggiato” si intende, invece, chi da almeno 24 mesi è privo di un lavoro regolarmente retribuito o chi, ne è privo da almeno 12 mesi ed appartiene ad una delle categorie comprese tra b) e g) della definizione di “lavoratore svantaggiato” (tra gli altri, vie rientrano gli appartenenti ad una minoranza etnica dello Stato membro, gli adulti che vivono soli o con persone a carico);
  • i lavoratori ricollocati presso un diverso utilizzatore secondo la procedura prevista dall’art. 3 dell’ipotesi di accordo;
  • i lavoratori ricollocati presso un diverso utilizzatore al termine della procedura prevista dall’art. 6 dell’ipotesi di accordo;
  • le tipologie di lavoratori individuati dalla contrattazione di secondo livello finalizzata a favorire la continuità occupazionale;
  • i lavoratori portatori di handicap ex lege n. 68/1999. Per costoro le parti sociali si sono riservate di sottoscrivere un avviso comune da indirizzare agli organi governativi, finalizzato ad intervenire su un impianto normativo che penalizza le possibilità di impiego di tali prestatori: ne sono, a mio avviso, un palese esempio le condizioni previste ex art. 19 che non si attagliano minimamente con l’invio dei disabili con rapporto di somministrazione o con un contratto a tempo determinato, in quanto la ragione”vera” del loro inserimento, anche oltre la soglia temporale dei 12 mesi, è quello, da un lato, dell’inserimento proficuo nell’organizzazione aziendale dell’impresa utilizzatrice e, dall’altro, della copertura dell’aliquota d’obbligo.

Da ultimo, le parti contraenti hanno sottolineato che:

  1. i contratti di somministrazione a tempo determinato con lavoratori assunti a tempo indeterminato dalle Agenzie, sono esclusi dalla durata massima: Si tratta di un concetto che è stato già fatto proprio dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 17/2018.
  2. ulteriori fattispecie oggettive di proroga potranno, in futuro, essere individuate avendo quale riferimento i CCNL degli utilizzatori.

Le novità introdotte per via contrattuale dovranno ben essere conosciute anche dagli organi di vigilanza degli Ispettorati del Lavoro che, nella loro attività di controllo, potrebbero trovarsi ad affrontare situazioni che, ad un esame poco approfondito, sembrerebbero fuori dal dettato normativo (ma che, assolutamente, non lo sono).

 

Autore

Eufranio Massi
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E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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