Somministrazione: la reiterazione dei contratti di somministrazione di manodopera è sempre possibile e non incontra limiti di legge [L.Peluso]

Somministrazione: la reiterazione dei contratti di somministrazione di manodopera è sempre possibile e non incontra limiti di legge [L.Peluso]

In materia di somministrazione di lavoro a tempo determinato non soltanto non esiste un divieto o un limite di legge (come invece previsto per il contratto a termine) alla successione di contratti, ma addirittura la reiterazione di contratti di somministrazione, anche senza soluzione di continuità, è pacificamente consentita da una serie di disposizioni di legge e di CCNL. Partiamo innanzitutto dall’analisi del dato normativo, per poi passare all’esame del CCNL per le agenzie di somministrazione di lavoro, che consente espressamente la reiterazione di missioni tra la medesima agenzia, il medesimo lavoratore e il medesimo utilizzatore, anche a parità di mansioni esercitate.

L’art. 22 comma 2 del D.Lgs 276/03, nella originaria formulazione antecedente al 2010, recitava: “in caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro e’ soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all’articolo 5, commi 3 e 4”. Già l’originaria norma precisava fermamente che alla somministrazione di lavoro non si applica la disciplina dettata dal D. Lgs. 368/01 in materia di proroga e successione di contratti a tempo determinato nel tempo. Il legislatore del 2007, poi, nel riformare la materia dei contratti a tempo determinato, introducendo con la L. 247/2007 (c.d. “protocollo welfare”) nuovi commi all’art. 5 e più stringenti limiti alla possibilità di reiterazione di contratti a termine, si preoccupava pure di ribadire che tali limiti non si applicano alla somministrazione di lavoro a tempo determinato, modificando la disposizione del citato comma 2 art. 22 D.Lgs. n. 276, la cui nuova formulazione sancisce che, per quanto compatibile, si continua ad applicare sì la disciplina del D. Lgs. 368/01 alla somministrazione a termine, ma “in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all’art. 5 commi 3 e seguenti” [art. 1 comma 42 L. 247/07].

È evidente che anche il legislatore della riforma del 2007 (dichiaratamente finalizzata alla lotta al precariato) si è preoccupato affinché fosse chiaro che la somministrazione di lavoro a tempo determinato è esclusa dai limiti sanciti per la reiterazione dei contratti di lavoro a tempo determinato. Ancora più eloquenti in tal senso sono la Circolare n. 18/2012 del 18.07.2012 del Ministero del Lavoro e la risposta all’Interpello n. 32/2012 emanata dal medesimo Ministero del Lavoro il 19.10.2012. Come è a tutti noi noto, il 18 luglio 2012 entrava in vigore la tanto discussa L. 92/2012, ai più nota quale Riforma Fornero del Mercato del Lavoro. La legge è intervenuta nuovamente a novellare l’art. 5 del D. Lgs. 368/01, introducendo una disposizione che per la prima volta obbliga le aziende a tener conto, nel computo dei 36 mesi massimi di utilizzo di contratti a tempo determinato, anche dei periodi svolti in missione con contratto di somministrazione di manodopera a parità di mansioni.

Così recitava la nuova norma dell’art. 5 comma 4 bis del D. Lgs. 368/01 dopo l’intervento della Fornero: “ai fini del computo del periodo massimo di trentasei mesi si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 1 del presente decreto e del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, inerente alla somministrazione di lavoro a tempo determinato”.

Nel giorno stesso di entrata in vigore della riforma il Ministero del Lavoro chiariva [Circ. 18/12] innanzitutto che “i datori di lavoro dovranno tener conto, ai fini dell’indicato limite di 36 mesi, dei periodi di lavoro svolti in forza di contratti di somministrazione a tempo determinato stipulati  a far data dal 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della legge)”, appunto perché prima dell’entrata in vigore della L. 92/12 nessun obbligo di computo vi era per i periodi di missione in somministrazione di lavoro, ma soprattutto che “il periodo massimo di 36 mesi, per altro derogabile dalla contrattazione collettiva, rappresenta un limite alla stipulazione di contratti a tempo determinato e non al ricorso alla somministrazione di lavoro. Ne consegue che raggiunto tale limite il datore di lavoro potrà comunque ricorrere alla somministrazione a tempo determinato con lo stesso lavoratore anche successivamente al raggiungimento dei 36 mesi”.

Successivamente, fornendo risposta a un interpello proposto dall’associazione datoriale Assolavoro, il Ministero del Lavoro, in maniera ancora più esplicita, osservava che “In via preliminare, occorre ricordare che prima dell’entrata in vigore della Legge n. 92/2012, l’articolo 5, comma 4 bis, D.Lgs. n. 368/2001 prevedeva che <<qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi (…) il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato>>. Rispetto alla previgente disciplina, la nuova formulazione stabilisce che, ai fini del calcolo del periodo massimo di trentasei mesi, <<si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi del comma l bis dell’articolo 1 del presente decreto e del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276, e successive modificazioni, inerente alla somministrazione di lavoro a tempo determinato>>. La novella normativa è, principalmente, finalizzata a scongiurare l’elusione della disciplina limitativa. Conseguentemente, come già chiarito da questo Ministero con circ. n. 18/2012, a far data dal 18 luglio u.s. <<nel limite dei 36 mesi andranno computati anche i periodi di occupazione – sempre con mansioni equivalenti – formalizzati attraverso una somministrazione a tempo determinato>>. È stato, altresì, chiarito con la citata circolare che il periodo massimo costituisce solo <<un limite alla stipulazione di contratti a tempo determinato e non – invece – al ricorso alla somministrazione di lavoro>>. Ne deriva che, una volta raggiunti i trentasei mesi, il datore di lavoro potrà ricorrere alla somministrazione a tempo determinato con lo stesso lavoratore. Del resto, il Legislatore, con la disposizione in esame, ha inciso sulla disciplina regolatrice del contratto a tempo determinato di cui al D.Lgs. n. 368/2001 e non sulla normativa relativa alla somministrazione a tempo determinato di cui al D.Lgs. n. 276/2003; ciò in quanto i due istituti contrattuali rappresentano degli strumenti di flessibilità differenti. È dunque evidente che il Legislatore non ha introdotto ex novo nel nostro ordinamento un limite legale di durata alla somministrazione di lavoro a tempo determinato. Tale soluzione interpretativa trova peraltro conferma nella diversa disciplina comunitaria posta a fondamento dei due istituti. La direttiva comunitaria sul lavoro a tempo determinato (1999/70/CE), recepita con il D.Lgs. n. 368/2001, ha imposto agli Stati membri, per prevenire gli abusi <<derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato>>, richiedendo misure restrittive anche alla durata massima dei contratti (clausola 5). La stessa Direttiva, tuttavia, nel preambolo, esclude l’applicabilità dei principi ivi contenuti ai lavoratori a termine <<messi a disposizione di un’azienda utilizzatrice da parte di un’agenzia di lavoro interinale>>, evidenziando pertanto come alla somministrazione di lavoro non trovino applicazione le restrizioni in argomento. Inoltre va ricordato che, ai sensi dell’art’art. 22, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, <<in caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro è soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all’articolo 5, commi 3 e seguenti>> (fra cui, pertanto, anche il limite dei trentasei mesi di cui al comma 4 bis dello stesso art. 5). In materia di somministrazione di lavoro restano comunque ferme le disposizioni limitatrici introdotte dalla contrattazione collettiva. Alla luce delle considerazioni sopra svolte, in risposta al quesito avanzato, si ritiene dunque che un datore di lavoro, una volta esaurito il periodo massimo di trentasei mesi, possa impiegare il medesimo lavoratore ricorrendo alla somministrazione di lavoro a tempo determinato”.

Dando continuità all’interpretazione ministeriale, da ultimo, il legislatore, con la L. 78 del 16 maggio 2014, di conversione del c.d. Job Act [D.L. 34/14], ha ulteriormente precisato che il periodo di durata massima pari a 36 mesi riguarda esclusivamente il contratto a termine e non la somministrazione, novellando nuovamente il comma 4 bis dell’art. 5 D. Lgs. 368/01, il cui secondo periodo, più chiaramente, oggi recita: “ai fini del suddetto computo del periodo massimo di durata del contratto a tempo determinato, pari a trentasei mesi, si tiene altresì’ conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, inerente alla somministrazione di lavoro a tempo determinato”. L’aggiunta dell’ulteriore inciso è stata pure accompagnata da un ordine del giorno [G/1464/18/11 al DDL n. 1464] che impegna il governo a interpretare la norma nei termini sin qui esaminati.

È evidente, dunque, che alcun limite è posto dalla legge alla successione di contratti di somministrazione di manodopera, che – una volta caduti anche i vincoli causali – è sempre legittima e valida.

Passando, poi, all’esame della disciplina pattizia, dettata dal CCNL per le Agenzie di Somministrazione di lavoro, balza facilmente agli occhi come sia assolutamente pacifica la possibilità di reiterare contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, e tanto è stato esplicitamente sancito proprio da tutte le parti sociali firmatarie del CCNL per la categoria delle Agenzie di somministrazione di lavoro, datato 24.07.2008 ed è stato pure confermato in sede di rinnovo, sottoscritto il 27 febbraio 2014. Il CCNL per le agenzie per il lavoro del 2008 dettava, all’art. 43 comma 5, una specifica disciplina relativa alla nascita di un diritto del lavoratore all’assunzione a tempo indeterminato presso l’agenzia di somministrazione. Tale norma disponeva che il diritto del lavoratore sorgesse trascorsi 36 mesi dalla prima assunzione “anche nel caso in cui il lavoratore presti attività di lavoro in favore della stessa Agenzia, in esecuzione di diversi contratti di somministrazione con la stessa impresa utilizzatrice, ove i contratti siano rinnovati senza interruzione tra l’uno e l’altro e prevedano le stesse mansioni”. Ancora nel citato CCNL del 2008, all’art. 26 comma 17, che regolava il diritto del lavoratore al godimento delle ferie, si leggeva che “ai fini del raggiungimento del requisito [utile alla maturazione delle ferie] in caso di missioni reiterate presso lo stesso utilizzatore, i periodi di missione sono cumulati”. E, ancor di più, al comma 9 del medesimo art. 26 del CCNL si legge “in caso di successione di due contratti, dove il primo termina il giorno antecedente una o più festività e il secondo inizia il primo giorno lavorativo successivo alla stessa/e, i due contratti, ai soli fini del pagamento di tale festività, si considerano continuativi. Tale ipotesi ricorre esclusivamente in caso di reiterazione, da parte della stessa Agenzia, della missione con lo stesso utilizzatore, con la medesima mansione e inquadramento”. Tali  norme sono state tutte confermate e, anzi, ulteriormente ribadite con il nuovo CCNL sottoscritto il 27 febbraio 2014.

È di tutta evidenza, allora, che la reiterazione dei contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato tra lo stesso lavoratore, la stessa agenzia per il lavoro e lo stesso utilizzatore non solo non è mai vietata ma, cosa ben più importante, è ipotesi espressamente e pacificamente ammessa dal legislatore e dalle parti sociali, anche laddove non vi sia soluzione di continuità tra un contratto e l’altro.

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Luca Peluso (Legal Team)
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Avvocato Giuslavorista socio AGI (Avvocati Giuslavoristi Italiani). Consegue la laurea con lode in Giurisprudenza nell’anno 2001. Specializzato nell’individuazione di soluzioni idonee a garantire la giusta flessibilità in azienda, collabora con prestigiosi studi professionali fornendo prevalentemente attività di consulenza.

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