Lavoratori in mobilità: fine delle agevolazioni in dirittura d’arrivo [E.Massi]

Lavoratori in mobilità: fine delle agevolazioni in dirittura d’arrivo [E.Massi]

Le agevolazioni per le assunzioni dei lavoratori in mobilità hanno avuto un posto di rilievo nel panorama dei benefici incentivanti legati alla stipula di nuovi contratti di lavoro: previsti dagli articoli 8 e 25 della legge n. 223/1991 hanno accompagnato, in un quarto di secolo, la ricollocazione dei lavoratori espulsi dai processi produttivi, con incentivi, talora abbastanza corposi, che sono andati, progressivamente, riducendosi per effetto dell’art. 2 della legge n. 92/2012 che, peraltro, ha decretato la fine delle liste di mobilità con il 1° gennaio 2017.

Con la riflessione che segue mi riprometto di soffermarmi soltanto sull’esame delle agevolazioni di natura contributiva, economica, normativa e fiscale che sono connessi alla instaurazione di rapporti di lavoro con tali lavoratori e che potrebbero essere “sfruttate” in questi mesi che ci separano dalla fine dell’anno.

Prima di entrare nel merito degli incentivi riferibili alle assunzioni dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità (sia a tempo indeterminato che a tempo determinato), occorre individuare coloro che, ad oggi, sono potenzialmente iscrivibili nei predetti elenchi che, comunque, non potranno più esserlo a partire dal prossimo 1° gennaio 2017. Il tutto presuppone che i soggetti abbiano una anzianità aziendale di dodici mesi di cui almeno sei effettivamente lavorati (art. 16, comma 1, della legge n. 223/1991) , compresi i periodi di sospensione per ferie, festività, infortuni, maternità:

  • lavoratori licenziati al termine di una procedura collettiva di riduzione di personale, secondo la previsione contenuta nell’art. 24 della legge n. 223/1991. Tra costoro non sono compresi i dirigenti (ai quali pur si applica, a determinate condizioni, la procedura collettiva di riduzione di personale), gli apprendisti ed i lavoratori con contratto a tempo determinato);
  • lavoratori licenziati al termine della CIGS da imprese che non sono in grado di garantire l’occupazione, come indicato dall’art. 4 della legge n. 223/1991;
  • lavoranti a domicilio licenziati al termine di una procedura collettiva, secondo l’indirizzo espresso dal Ministero del Lavoro con la nota n. 5/26855/49 MOB del 25 settembre 1993, nell’ipotesi in cui “per volontà delle parti o per lo svolgimento concreto del rapporto di lavoro a domicilio, l’elemento della precarietà nonché il rapporto stesso risulti, per l’effetto caratterizzato da una ragionevole e qualificata continuità, tale da comportare un effettivo inserimento dei lavoratori in questione nell’organizzazione aziendale”. Tutto ciò, senza fruizione dell’indennità di mobilità in quanto l’art. 9 della legge n. 877/1973 non prevede l’applicazione delle disposizioni in materia di trattamento integrativo salariale;
  • lavoratori edili con un rapporto pregresso non inferiore a diciotto mesi, nel completamento di opere pubbliche o impianti industriali di grandi dimensioni, nelle aree ove sia accertato una grave crisi occupazionale, conseguente al mancato completamento di tali attività (art. 11, comma 2, della legge n. 223/1991 e art. 6, comma 1, della legge n. 236/1993) e lavoratori già in disoccupazione edile;
  • lavoratori edili provenienti da CIGS con un’anzianità aziendale di almeno trentasei mesi di cui ventiquattro effettivamente prestati;
  • lavoratori impegnati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità per tutto il periodo in cui sono adibiti a tali lavorazioni;
  • lavoratori frontalieri con trattamento speciale di disoccupazione, secondo la previsione contenuta nella legge n. 247/1997;
  • lavoratori licenziati da datori di lavoro che non hanno attivato la procedura di mobilità, ed iscritti a seguito di specifica domanda a condizione che ricorrano le condizioni soggettive ed oggettive previste dalla legge n. 223/1991 e dopo che sia stata accertata la sussistenza del requisito numerico (impresa dimensionata oltre le quindici unità) e che si tratti di licenziamenti per cessazione totale di attività.

L’art. 25, comma 9, della legge n. 223/1991, prevede che l’assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore iscritto nelle liste di mobilità venga incentivata sotto una duplice forma: quella contributiva e quella economica.

Per la verità, c’è un’altra possibilità di assunzione con contratto a tempo indeterminato ed è quella prevista dall’art. 47, comma 4, del D.L.vo n. 81/2015: si tratta del contratto di apprendistato per la qualificazione o la riqualificazione dei lavoratori in mobilità e che, rispetto all’incentivo contributivo, è sono perfettamente allineato a quelli degli altri lavoratori in mobilità (10% per la quota a carico dei datori di lavoro) e sui quali si parlerà subito dopo.

Incentivi di natura contributiva

L’assunzione a tempo indeterminato (anche part-time) di un lavoratore in mobilità comporta un abbattimento della quota contributiva a carico del datore di lavoro per diciotto mesi: essa è pari a quella prevista, in via ordinaria, per gli apprendisti, ossia il 10% sul reddito imponibile ai fini previdenziali. La circolare n. 22/2007 dell’INPS ha chiarito che complessivamente l’aliquota, comprensiva della quota a carico del lavoratore, è pari al 19,19%.

Il “godimento” è strettamente correlato sia al possesso del DURC, che dell’assenza di gravi violazioni in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, che al rispetto dei trattamenti economici e normativi previsti dalla contrattazione collettiva, anche territoriale od aziendale, applicabile.

È appena il caso di ricordare come il “godimento” (anche quello di natura economica) non trovi applicazione se l’assunzione è stata effettuata, nei sei mesi successivi al licenziamento dalla stessa o da altra impresa collegata o controllata o con assetti proprietari sostanzialmente coincidenti.

Con nota n. 1074/2005 il Ministero del Lavoro ha chiarito che, in ossequio alla disciplina prevista per le società cooperative dalla legge n. 142/2001, gli incentivi previsti per l’assunzione di lavoratori in mobilità sia a tempo indeterminato che a termine, spettano anche a queste ultime: i benefici valgono, ovviamente, anche per i soci che dopo quello associativo, stabiliscono con la cooperativa un ulteriore rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato.

Nell’intento di agevolare, comunque, l’assunzione e lo sviluppo in carriera del lavoratore già iscritto nelle liste di mobilità, con la risposta ad un interpello, datata 27 giugno 2006 (prot. 25/I/0001066), si è precisato che il passaggio da impiegato a dirigente durante lo svolgimento del rapporto, non fa venir meno la riduzione dell’aliquota contributiva, in quanto una diversa determinazione sfavorirebbe i possibili avanzamenti professionali del soggetto interessato.

L’INPS, con messaggio n. 3491 del 22 ottobre 1998, ha affermato che le agevolazioni previste per l’assunzione dei lavoratori in mobilità sia a termine che a tempo indeterminato valgono anche nel caso in cui la stessa avvenga per lavoro a domicilio.

Il Ministero del Lavoro, con una nota risalente al 1999, condivisa dall’INPS, ha ritenuto che in caso di maternità con relativa sospensione del rapporto, il datore di lavoro ha diritto ad usufruire dei benefici contributivi, cosa che comporta il differimento degli stessi per un periodo uguale a quello della sospensione. Ciò non si verifica, invece, nell’ipotesi in cui si registri una volontarietà del lavoratore (es. aspettativa), come chiarito dalla circolare INPS n. 84/1999.

Lo sgravio contributivo non ha alcun effetto nei confronti dei premi INAIL: lo hanno chiarito una nota dell’Istituto del 5 settembre 2003 ed una decisione della Corte di Cassazione, la n. 14316 del 20 giugno 2007.

Vale la pena di ricordare come, come detto in precedenza, che per effetto dell’art. 2, comma 71, lettera e) della legge n. 92/2012, a partire dal 1° gennaio 2017 l’art. 25, comma 9, sarà abrogato, come tutti gli articoli che disciplinano la mobilità: ritengo (ma qui occorre attendere un chiarimento amministrativo da parte dell’Istituto o dello stesso Dicastero del Lavoro) che le agevolazioni concesse per assunzioni effettuate entro il 31 dicembre 2016 possano continuare fino alla scadenza. Un precedente in materia esiste e riguarda le agevolazioni per le assunzioni dei disoccupati da oltre ventiquattro mesi, ex art. 8, comma 9, della legge n. 407/1990, avvenute entro il 31 dicembre 2014.

Incentivi di natura economica

L’assunzione di un lavoratore in mobilità comporta anche un incentivo di natura economica: infatti, se goduta, il datore di lavoro percepisce, attraverso il sistema del conguaglio contributivo, il 50% dell’indennità di mobilità per un massimo di dodici mesi o periodo maggiore correlato all’età ed alla ubicazione geografica di residenza – Mezzogiorno od aree con un tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale – (art. 8, comma 4, della legge n. 223/1991), cosa che, da un punto di vista teorico, porta, a parità di altre condizioni, a favorire l’occupazione di chi è stato da poco inserito nelle liste di mobilità rispetto a quello che è quasi al termine del periodo. I benefici si sono, progressivamente, ridotti, per effetto della legge n. 92/2012: basti pensare che nel corso del 2016, ad esempio, nel Nord sono pari a dodici mesi, fatti salvi gli “over 50” per i quali il limite è fissati a diciotto mesi: ma come, detto, tutto finirà con il prossimo anno.

Il beneficio viene riconosciuto soltanto con un’assunzione a tempo pieno e non trova applicazione nei confronti dei giornalisti.

Anche l’art. 8, comma 4, sarà cancellato dal nostro ordinamento a partire dal 1° gennaio 2017, per effetto dell’art. 2, comma 71, lettera b), della legge n. 92/2012.

Se il lavoratore in mobilità è stato assunto con contratto di apprendistato (che è un contratto a tempo indeterminato) secondo le procedure previste dall’art. 47, comma 4, del D.L.vo n. 81/2015 e dal CCNL di riferimento (non ci sono limiti di età come per il “normale” apprendistato professionalizzante, il lavoratore può essere retribuito fino a due livelli in meno o, in alternativa, in percentuale, rispetto al lavoratore qualificato.

L’incentivo economico del 50% dell’indennità di mobilità, se ancora goduta dal lavoratore, può essere cumulato con l’esonero previsto dai commi 178 e 179 dell’art. 1 della legge n. 208/2015: lo afferma, chiaramente, l’INPS nella circolare n. 57/2016.

Incentivi di natura normativa

L’unico incentivo di tal genere riguarda gli apprendisti in mobilità che, per tutta la durata del contratto, sono esclusi dal computo numerico previsto da leggi o contratti collettivi per l’applicazione di particolari istituti: di conseguenza, essi non rientrano nel calcolo sia per la quantificazione dell’organico relativo ai limiti dimensionali che consentono la piena agibilità dell’art. 18 della legge n. 300/1970, che per la base di computo finalizzata all’assunzione dei lavoratori disabili, postulata dalla legge n. 68/1999, mentre sono computabili, in virtù di una espressa disposizione legale che comprende nella base di calcolo anche gli apprendisti, ai fini dei limiti dimensionali previsti per l’intervento integrativo salariale straordinario ex art. 1, comma 1, del D.L.vo n. 148/2015.

Incentivi di natura fiscale

Il costo del personale assunto con contratto a tempo indeterminato non rientra nella base di calcolo ai fini dell’IRAP.

Passo, ora, ad esaminare le agevolazioni per i lavoratori assunti con contratto a tempo determinato che, molto, hanno agevolato, negli anni passati, la ricollocazione dei lavoratori espulsi dai processi produttivi.

La norma di riferimento è l’art. 8, comma 2, della legge n. 223/1991, che incentiva sotto l’aspetto contributivo e sotto quello normativo l’assunzione a termine di lavoratori in mobilità per un massimo di dodici mesi, come mezzo per facilitare il loro reingresso nel mondo del lavoro.

Incentivi di natura contributiva

Fermo restando il possesso del DURC ed il rispetto dei trattamenti economici e normativi previsti dalla pattuizione collettiva, ai vari livelli, la quota di contribuzione a carico del datore sulla retribuzione imponibile è pari al 10%. Se nel corso del rapporto lo stesso è trasformato a tempo indeterminato il beneficio contributivo spetta per ulteriori dodici mesi. Lo stesso beneficio trova applicazione anche a favore dell’Agenzia del Lavoro che assume, per la successiva utilizzazione, lavoratori in mobilità. Anche in questo caso vale la regola secondo la quale l’incentivo non è riconosciuto se l’assunzione avviene nei sei mesi successivi dal licenziamento ed è effettuata da altra impresa in rapporto di colleganza e controllo con la precedente. L’agevolazione contributiva, anche attraverso più contratti a termine con il medesimo datore di lavoro, non può superare i dodici mesi, cosa che comporta la piena legittimità del contratto a tempo determinato stipulato, ma senza il riconoscimento dei benefici.

Va, peraltro, ricordato il contenuto dell’art. 31, comma 2, del D.L.vo n. 150/2015, il quale afferma che “ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore ha prestato l’attività in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato e che non si cumulano le prestazioni effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti di diversi utilizzatori, anche se fornite dalla medesima agenzia di somministrazione, salvo che tra gli utilizzatori ricorrano assetti proprietari coincidenti ovvero intercorrano rapporti di collegamento o controllo”.

L’agevolazione contributiva non trova applicazione nei confronti dei premi assicurativi dovuti all’INAIL.

Anche in questo caso ci si trova di fronte ad una norma che da “strutturale” è diventata “a tempo”, nel senso che l’art. 2, comma 71, lettera b), ne prevede l’abrogazione a partire dal 1° gennaio 2017.

Incentivi di natura economica

Non è previsto alcun specifico incentivo in caso di assunzione a termine: tuttavia, se il contratto  stesso viene trasformato a tempo indeterminato, oltre all’agevolazione contributiva per dodici mesi sopra riportata, spetta, se goduta dal lavoratore, un’indennità, sotto forma di conguaglio, pari al 50% per un massimo di dodici mesi, elevabile a seconda dell’età e dell’ubicazione geografica, in maniera del tutto analoga a come previsto per l’assunzione “ab initio” a tempo indeterminato dall’art. 8, comma 4. L’incentivo è cumulabile, afferma la circolare INPS n. 57/2016, con quello pari ad un massimo di 3.250 euro all’anno per due anni, previsto dai commi 178 e 179 dell’art. 1 della legge n. 208/2015, relativamente alle assunzioni (ed alle trasformazioni) operate nel corso del 2016.

La trasformazione del rapporto a tempo indeterminato va comunicata entro cinque giorni al centro per l’impiego (art. 1, comma 1185, della legge n. 296/2006): il ritardo comporta l’irrogazione della sanzione amministrativa compresa tra 100 e 500 euro (peraltro, diffidabile ed “estinguibile” nella misura minima), ma non la perdita del beneficio legato alla riduzione contributiva ed economica, la cui decorrenza è legata al momento di ricezione della comunicazione (Cass., 17 maggio 2005, n. 10298).

Incentivi di natura normativa

L’assunzione di un lavoratore a tempo determinato è regolata, per espressa disposizione contenuta nell’art. 29,  comma 1, lettera a) del D.L.vo n. 81/2015 , dalla legge n. 223/1991. Ciò da un punto di vista strettamente operativo presenta alcune peculiarità che possono così sintetizzarsi:

  • la non applicazione del D.L.vo n. 81/2015 (con alcune eccezioni che vedremo tra poco), fa sì che i mesi lavorati ex art. 8, comma 2, della legge n. 223/1991, non si sommino con gli altri contratti a termine eventualmente svolti ai sensi della normativa generale sui rapporti a termine, sì da non essere compresi nel computo complessivo dei trentasei mesi (i contratti di natura stagionale non vi rientrano) trascorsi i quali il rapporto, se continua, si considera a tempo indeterminato e, in ogni caso, un nuovo contratto a termine (nella previsione massima prevista dagli accordi interconfederali o dalla contrattazione collettiva) può essere stipulato davanti al funzionario della Direzione territoriale del Lavoro, senza più la necessaria assistenza di un rappresentante sindacale per il lavoratore;
  • il contratto a termine agevolato non può durare, per lo stesso datore di lavoro, ed ai soli fini del riconoscimento dell’agevolazione, più di dodici mesi. A tale termine si può giungere attraverso un contratto iniziale ed una successiva proroga che, ovviamente, può essere anche superiore al contratto iniziale. Il contratto può avere anche una durata più lunga ma gli incentivi sono limitati a dodici mesi e, in ogni caso, debbono tenere conto della previsione, relativa al cumulo, confermata dall’art. 31 del D.L.vo n. 150/2015 alla quale si è già accennato;
  • nell’arco temporale dei dodici mesi complessivi si possono stipulare più contratti a termine senza rispettare lo “stop and go” dei dieci o venti giorni previsto dall’art. 21, comma 2, del D.L.vo n. 81/2015;
  • i contratti a termine dei lavoratori in mobilità non rientrano nella percentuale del 20% o in quella prevista dalla contrattazione collettiva rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza, relativa al numero massimo dei prestatori assumibili a tempo determinato nell’anno;
  • il tetto massimo delle cinque proroghe nell’arco temporale dei dodici mesi complessivi non trova applicazione: conseguentemente, esse possono essere anche superiori e, comunque, non sussiste la trasformazione a tempo indeterminato a partire dalla sesta proroga;
  • trascorsi sei mesi dal licenziamento, lo stesso datore di lavoro può riassumere, sia a tempo determinato che indeterminato, gli stessi lavoratori posti in mobilità usufruendo dei benefici economici e contributivi: questo afferma il Ministero del Lavoro con la nota n. 25/I/0001564 del 13 luglio 2006, rispondendo ad un interpello.

La normativa sui contratti a termine prevista dal D.L.vo n. 81/2015 trova applicazione ai rapporti a tempo determinato dei lavoratori in mobilità unicamente per  gli articoli 25 e 27 che disciplinano il principio di “non discriminazione” ed i criteri di computo laddove si afferma che salvo che non sia diversamente disposto (ad esempio, nella legge n. 68/1999) ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi due anni, sulla base della effettiva durata dei rapporti. Va ricordato, inoltre, che per effetto della interpretazione contenuta nella circolare n. 24/2015, i contratti a termine ai fini delle determinazioni numeriche richieste dal D.L.vo n. 148/2015, vengono calcolati come “singola unità” e non in rapporto alla durata.

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Eufranio Massi
Eufranio Massi 323 posts

E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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