I diritti di precedenza dopo la legge n. 78 /2014 (E. Massi)

editoriale di Eufranio MassiLe modifiche introdotte con la legge 16 maggio 2014, n. 78, che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 34/2014, impongono, a mio avviso, la necessità di una profonda riflessione sul diritto di precedenza nelle assunzioni scaturenti da un contratto a termine, sia alla luce delle correlazioni con il sistema degli incentivi che alla tutela delle posizioni dei lavoratori titolari dei singoli diritti. Le riflessione che segue si sofferma soltanto su tali precedenze che, tuttavia, non esauriscono la vasta gamma degli stessi: basti pensare ai lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo o in mobilità a seguito di riduzione collettiva di personale, ai dipendenti che, in caso di cessione d’azienda, non passano, da subito, alle dipendenze del nuovo datore,  ai lavoratori a tempo parziale che, in virtù di una disposizione inserita nel contratto individuale, hanno un diritto, a determinate condizioni, a veder trasformato il proprio rapporto a tempo pieno nell’ambito comunale, o ai lavoratori che, dopo aver trasformato il proprio rapporto da full – time a part – time, per dover seguire terapie oncologiche o salva vita, chiedono di ritrasformare il proprio rapporto a tempo pieno.

L’analisi che segue non può che iniziare l’esame da ciò che in materia di contratti a tempo determinato è contenuto nel D.L.vo n. 368/2001, profondamente modificato dalla legge n. 78.

Cominciamo dal normale contratto a tempo determinato (con l’esclusione del rapporto a termine stagionale che segue una strada parallela): se un lavoratore con uno o più contratti a termine presso lo stesso datore di lavoro, supera il limite temporale dei sei mesi, acquisisce un diritto di precedenza (fatte salve diverse disposizioni dei contratti collettivi anche di secondo livello) per le mansioni già espletate, ai fini di una assunzione a tempo indeterminato qualora l’azienda intenda incrementare l’organico con dipendente a tempo indeterminato. Per le donne, il periodo di astensione obbligatoria ex art. 16, comma 1, del D.L.vo n. 165/2001 (due mesi prima e tre dopo il parto) concorre a determinare il periodo utile al conseguimento del diritto di precedenza. Alle stesse lavoratrici viene riconosciuto, un altro diritto di precedenza anche per le assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro nell’arco temporale dei dodici mesi successivi, con riferimento alle mansioni già svolte. Il diritto di precedenza (cosa che riguarda, peraltro, anche i lavoratori stagionali) deve essere espressamente richiamato nel contratto a termine che deve essere redatto in forma scritta, come ribadito dall’art. 1, comma 2, del D.L. n. 34/2014.

Fin qui il nuovo articolato normativo rispetto al quale si impongono talune riflessioni.

L’aver messo, come obbligo, l’inserimento della informativa sul diritto di precedenza, risolve, una lunga diatriba circa l’informazione che i datori di lavoro, secondo l’INPS, dovevano, comunque, fornire ai propri dipendenti a termine circa il diritto di precedenza: tale onere era espressamente richiesto dall’Istituto ai fini dell’applicazione dell’art. 4, comma 12, della legge n. 92/2012 il quale subordina, tra le altre cose, il riconoscimento di agevolazioni correlate ad una nuova assunzione incentivata al rispetto del diritto di precedenza “nato” da un precedente rapporto che aveva superato la soglia dei sei mesi. Ora, l’averlo inserito in una disposizione normativa tronca qualsiasi discussione, fermo restando che un eventuale mancato rispetto non inficia la validità dell’altro rapporto instaurato: ciò che viene meno sono, soltanto, gli incentivi correlati.

Il diritto di precedenza va espressamente richiamato nella lettera di assunzione. Ma cosa succede se il datore di lavoro non lo ricorda esplicitamente?

Sotto l’aspetto prettamente operativo si può, da subito, affermare che l’omissione non incide né sul rapporto in essere, né, tantomeno, sul diritto stesso ad una assunzione a tempo indeterminato che, in ogni caso, postula un comportamento attivo del lavoratore che deve notificare al proprio datore di lavoro la volontà di esercitarlo (ci sono sei mesi di tempo) ai fini della costituzione di un rapporto da realizzarsi, per le mansioni già espletate, nell’arco temporale di un anno dalla cessazione del rapporto. L’esercizio del diritto (è preferibile la forma scritta) non viene assolutamente “toccato” dalla mancata informativa datoriale. Ovviamente, il mancato rispetto del diritto di precedenza da parte del datore di lavoro può comportare, quantomeno, una richiesta di risarcimento del danno da avanzare in sede giudiziale.

Sotto quest’ultimo aspetto si potrebbe anche ipotizzare un ricorso al giudice nel quale il lavoratore lamenti la lesione di un diritto di informazione che, se riconosciuta, potrebbe portare ad una condanna con risarcimento del danno liquidato in via equitativa.

Diverso è il discorso relativo ad una eventuale sanzione amministrativa a seguito di controlli da parte degli organi di vigilanza. Il Legislatore non ha previsto una sanzione specifica per tale omissione e, quindi, a mio avviso, appare applicabile, per i contratti a tempo determinato in corso all’atto dell’accesso ispettivo o, cessati da poco (arco temporale dei sei mesi dalla fine del rapporto), una disposizione ex art. 14 del D.L.vo n. 124/2004 che imponga al datore di lavoro il rispetto della previsione normativa, fornendo allo stesso un breve termine per l’adempimento. Tale provvedimento è un atto che può essere emesso soltanto dagli ispettori del lavoro (con l’esclusione di altri organi deputati alla vigilanza come gli accertatori degli Istituti previdenziali o i militari della Guardia di Finanza) che deve essere motivato e ben specificato, rispetto al quale è possibile il ricorso, entro quindici giorni dalla notifica, al Dirigente della Direzione territoriale del Lavoro che decide entro i successivi quindici giorni (la mancata decisione equivale a “silenzio – rigetto”). La disposizione consente al datore di lavoro di ottemperare sollecitamente all’obbligo legale, senza alcuna conseguenza sul piano pecuniario: in mancanza, la sanzione amministrativa è compresa tra 516 e 2.582 euro. Vale la pena di ricordare come l’istituto della disposizione tragga origine dalla elaborazione normativa susseguente all’esercizio della delega contenuta nell’art. 8 della legge n. 30/2003 e come sia uno strumento che attiene all’applicazione di norme in materia di tutela del lavoro: essa consente di attribuire al personale ispettivo un apprezzamento discrezionale concernente il “quomodo della condotta e la differenzia nei presupposti sia dalla diffida (strumento correlato alle sanzioni amministrative) che dalla prescrizione (utilizzabile in caso di violazione di norme di natura penale. Non mi sembra, invece, applicabile la sanzione amministrativa scaturente dall’applicazione del D.L.vo n. 152/1997, attesa la specificità dei richiami ai contenuti prevista dall’art. 1.

Il diritto di precedenza è, come affermavo pocanzi, un diritto all’assunzione a tempo indeterminato per mansioni già espletate: può, di conseguenza, il contratto essere di apprendistato o anche a tempo parziale o con  lavoro intermittente?

L’apprendistato è una tipologia a tempo indeterminato (art. 1, comma 1, del D.L.vo n. 167/2011), correlata sia ad un limite massimo di età per l’instaurazione del rapporto (29 anni e 364 giorni) ma anche all’acquisizione di una qualifica. Ebbene, è possibile l’assunzione con tale tipologia in presenza di mansioni già espletate? Secondo il Ministero del Lavoro ciò è possibile se la durata del precedente rapporto a termine, intermittente, o in somministrazione (anche in sommatoria) non ha superato la metà del periodo relativo alla fase formativa dell’apprendistato (18 mesi, se si parla del professionalizzante): tale orientamento espresso con l’interpello n. 8/2007 e ripreso dal messaggio INPS n. 4152 del 17 aprile 2014, fu emanato in vigenza del vecchio art. 49 (ora abrogato) del D.L.vo n. 276/2003 ove si parlava di qualificazione e non di “qualifica” come fa l’art. 4, comma 1, del D.L.vo n. 167/2011.

L’instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato per mansioni già espletate non esclude assolutamente che ciò possa avvenire a tempo parziale: infatti, tale possibilità non è affatto esclusa dall’art. 5, comma 4 – quater.

Escludo, invece, che il diritto di precedenza possa essere onorato dal datore di lavoro attraverso l’offerta di un contratto di lavoro intermittente, sia pure a tempo indeterminato: infatti la peculiarità di tale tipologia contrattuale ove la prestazione lavorativa è rimessa soltanto alla volontà ed alla necessità del datore di lavoro di avvalersi della prestazione dell’ex dipendente, è al di fuori della previsione dell’art. 5, comma 4 – quater, ove il Legislatore sembra riferirsi ad una prestazione lavorativa caratterizzata dalla continuità.

Le nuove disposizioni hanno previsto che ai fini del computo dei sei mesi ed un giorno che fa scattare il diritto di precedenza concorrano, per le lavoratrici, anche i periodi di astensione obbligatoria legati al parto (cinque mesi). A mio avviso, questo inserimento nel calcolo riguarda soltanto quei rapporti che attraverso il contratto iniziale o per sommatoria superano la soglia dei sei mesi, non essendo riferibile a quei contratti che, ad esempio, sono di un mese e che, di per se stessi, non possono generare il diritto. Quanto appena detto non vale per i contratti a tempo determinato delle Pubbliche Amministrazioni, ove, leggi speciali, escludono, espressamente, l’assunzione a tempo indeterminato con procedure e modalità diverse dal concorso o dalla selezione pubblica. Piuttosto, è necessaria, a mio avviso, un’altra precisazione che potrebbe trovare sostegno in un chiarimento amministrativo: il Legislatore parla di astensione obbligatoria ex art. 16, comma 1, del D.L.vo n. 165/2001 ma tale notazione non appare esaustiva in quanto esclude altre lavoratrici che, per complicanza nella gestazione o per il c.d. “lavoro a rischio” ottengono l’astensione obbligatoria “anticipata” ex art. 17. Il computo dei mesi, in queste situazioni, non va escluso e, d’altra parte, non ce ne sarebbe alcuna ragione, essendo stata accertata la necessità dell’anticipazione.

L’occhio di particolare riguardo nei confronti delle lavoratrici in gravidanza non si evidenzia soltanto nella casistica che si è appena citata ma anche nell’introduzione di una ulteriore precedenza  questa volta per un rapporto a tempo determinato: le caratteristiche sono sempre le stesse in quanto la stessa è strettamente correlata all’arco temporale dei dodici mesi ed allo svolgimento di mansioni già espletate.

Il diritto di precedenza nei rapporti stagionali (che sono quelli ex DPR n. 1525/1963 e quelli individuati dalla contrattazione collettiva) segue, rispetto a quello in essere per gli altri rapporti a termine, una strada parallela destinata a non incontrarsi: infatti, pur se, anche in queste ipotesi, il diritto va espressamente indicato nel contratto – lettera di assunzione, lo stesso genera diritti soltanto per contratti stagionali e va esercitato entro i tre mesi successivi alla scadenza. Che il rapporto di lavoro a termine stagionale abbia una natura del tutto diversa dall’altro, lo si evince anche dalla circostanza che la durata non rientra nella sommatoria dei trentasei mesi oltre i quali un ulteriore contratto a termine, salvo eccezioni scaturenti dalla contrattazione, può essere stipulato soltanto “in deroga assistita” avanti alla Direzione territoriale del Lavoro con durata fissata dalla pattuizione collettiva, e dal fatto che è possibile “legare” un contratto all’altro senza soluzione di continuità, non rispettando lo “stop and go”.

Per completezza di informazione ed anche in relazione alle disposizioni che tutelano la maternità va ricordato quanto previsto dall’art. 59 del Decreto Legislativo n. 151/2001: le lavoratrici addette a lavorazioni che diano luogo a disoccupazione stagionale, licenziate per cessazione dell’attività dell’azienda, hanno diritto per tutto il periodo in cui opera il divieto di licenziamento, sempreché non si trovino in congedo per maternità, alla ripresa dell’attività stagionale e alla precedenza nelle riassunzioni.

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Eufranio Massi
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E' stato per 40 anni dipendente del Ministero del Lavoro. Ha diretto, in qualità di Dirigente, le strutture di Parma, Latina, i Servizi Ispettivi centrali, Modena, Verona, Padova e Piacenza. Collabora, da sempre, con riviste specializzate e siti web sul tema lavoro tra cui Generazione vincente blog.

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